NA01607_Gaghemusca –

 

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per il tutto di quel – ma fammi il piacere non mi rompere le pinzzaffere

euro

gaghemusca lo sai che c’hai un bel culo!? Anche tu c’hai un bel culo, e mica ti chiami

gaghemusca?! E come fai mi dico a avere un bel culo, non sarai mica una bella gnocca?

Ma lo sai che per l’uopo è una cartaccia, bella gnocca! Ho dovuto usare dieci fogli per

Pulirmi e dopo c’è voluta la crema per l’irritazione, m’hanno detto che ci si poteva fare

Altro con quei fogli, ma io quello dovevo fare, per pulirmi da quella, che mica si può

usare un tappo; quelli c’erano, proprio lì bella gnocca, dove c’è la carta per pulirsi, che tanto

hanno quasi tappato lo scarico, e ho pensato!? Vuoi vedere che mi tocca pulire e raccoglierli

pure! t’immagini dopo la fregatura pure lo schifo di non sapere dove buttarli, e che mica me li

potevo mettere in tasca; e c’è chi si è lamentato della carta di giornale. Ma bella gnocca che

fai non ti puoi asciugare la faccia con una pagina del quotidiano, hai in fronte tutti i titoli di

ieri! Ma no bella gnocca chiudi il lavandino, andiamo a prendere un po’ d’aria.

 

Bella gnocca, chi è quello che passa?

Non lo so.

Bella gnocca la conosci quella là?

No.

Gaghemusca fa freddo?

E che non lo senti, pare.

Gaghemusca che fa quello tutto coperto di brina?

E che non lo vedi prende il sole seduto.

Bella gnocca quei due là, che stanno a guardare quello seduto, che li conosci?

No.

Gaghemusca perché quei due hanno preso quello seduto, che sta seduto anche adesso

Che non c’ha la panchina?

Perché fa il monumento e si dà importanza.

Gaghemusca e se si scioglie?

Voglio vedere come fa a darsi importanza.

Bella gnocca, chi sono quelli, là?

Non lo so.

Bella gnocca, che informazioni c’hai.

 

 

 

Gaghemusca che fa quello che tira delle molliche nella fontana?

Bella gnocca e che ti pare, la fontana è ghiacciata.

Già e che pesci ci sono?

Bella gnocca non ci sono più pesci, sono trenta centimetri d’acqua gelata.

Gaghemusca e perché continua a tirate delle molliche nella fontana?

Bella gnocca è uno che spreca, è uno che cerca pubblico.

Gahemusca qua ci siamo solo noi, che siamo noi il pubblico?

Ma bella gnocca neanche s’è accorto di noi, quello sa che il pubblico c’è, è una sensazione un’immaginazione che si sente, lui. Se vuoi fare il pubblico vai lì alla fontana e getta anche tu le molliche, poi dimmi che ti senti.

Gaghemusca io non ce l’ho le molliche, ciò una fame!

Bella gnocca incominci a lamentarti, che mi fai fare da pubblico!?

Gaghemusca guarda quello, che spettatore fa, fa il gesto di buttare le molliche ma non butta niente, quello non c’ha niente e che spettatore fa?

Non è detto bella gnocca, forse sembra che non c’ha niente ma è come se avesse ma non lo fa vedere.

Gaghemusca che fa finta di sprecare?

No è una cosa strana, bella gnocca, lui butta le molliche che costano pure di più e così c’ha più spettatori e pubblico che lo guarda, o si sente questo, è come se fa che gli altri immaginano quello che lui immagina.

Gaghemusca io c’ho fame, che spreca?

Bella gnocca si muovono tutti per cercare il pubblico? E tu c’hai fame? non vedi che non ti vede nessuno.

Gaghemusca mo vado pure io a tirare le molliche, anche se non si vedono, così tutti possono sprecare e mi guardano, voglio vedere se mi passa la fame!?

Bella gnocca ma che hai capito, ti guardano stai in mezzo agli spettatori, ma la fame non ti passa.

Gaghemusca e perché?

Bella gnocca tu fai finta per davvero e finisce che passa un uccello e ti caca pure dentro la fontana.

Gaghemusca non ho capito se qua non se mangia, proprio, o è meglio la fame, comunque andiamo a fa, fare per davvero da un'altra parte, che quei due mi sembrano proprio due scemi. 

 

 

Bella gnocca, guarda chi c’è, Billy bond!

Billy bond ti presento bella gnocca.

Ciao gaghemusca ciao bella gnocca!

E dimmi billy bond, io e bella gnocca, proprio or ora stavamo riflettendo sul tuo problema, stavo appunto dicendo a bella gnocca, pochi attimi prima che ci incontrassimo, pensa la coincidenza, che tu nella tua capanna all’equatore hai un televisore, e che ora sei qui, in questo posto a meno venti gradi sotto zero, perché ti hanno detto di guardare la televisione solo così tu hai un motivo, ti hanno detto utile per avere l’elettricità. E dimmi billy bond sei riuscito a risolvere questo problema?

Gaghemusca caro, qua guardo un sacco di televisione e poi ci sono anche le vetrine, ma perché per avere l’energia elettrica nella mia capanna devo guardare la televisione e migrare per comprarmela, qui a venti gradi sotto lo zero, e non posso accendere una lampadina senza televisione nella mia capanna, se prima non c’ho il televisore o la macchina, non mi sembra il caso, proprio di parlarne.

Gaghemusca che la televisione è come il sole che si accende e si spegne da solo?

Ma no bella gnocca la televisione sta sempre spenta anche se funzione tutto il giorno come il sole, tu ti sbagli con la lampadina e con la notte.

 

 

Gaghemusca hai sentito quei due lì che dicevano?

Bella gnocca che dicevano?

Gaghemusca dicevano che ci vogliono i miliardi! Dicevano che ci vogliono i miliardi!

Bella gnocca, e allora.

Gaghemusca e come si fa?

Bella gnocca per fare cosa?

Gaghemusca come si fa, se uno c’ha i miliardi che ci fa? Mica ho capito per che cosa ci vogliono i miliardi!?

Ma bella gnocca i miliardi ci vogliono, come fai senza, metti che io e te ora vogliamo continuare a parlare, proprio qui, o magari lì, senza i miliardi come facciamo beatamente a discorrere qui come ci piace!?

Ma gaghemusca se i miliardi si finiscono come si fa?

Ma dai bella gnocca, che ci vuole, si rifanno così da soli. E come pensi che quei due hanno fatto, se hanno detto che ci vogliono i miliardi!?

Gaghemusca, dici che non ne avevano più, ma magari ce l’avevano dentro le borse, che strano che non gli si riformavano così. Ma gaghemusca e se ce l’avevano e ne volevano di più, e se ce ne hanno troppi che fanno, stanno male!? glielo volevo quasi dire, ma non sapevo perché ci volevano i miliardi.

Belle gnocca, quanti miliardi ti sono rimasti, ci servissero.

Gaghemusca, ne ho otto miliardi qui, e altri quattro di qua.

Bella gnocca dammene un po’ due: bacillus clausii poliantibiotico, be’ se ci servono noi stiamo a posto. E non preoccuparti per quei due, se ce ne avevano troppi dentro la borsa, nel primo gabinetto gli si rimettono a posto, nel posto giusto.

 

 

Gaghemusca, credo che oggi ci sia un freddo oltre misura.

Bella gnocca, ma di quale misura parli?

Gaghemusca mi sta succedendo di vedere qualcosa, ma poi qual qualcosa, o scompare o si trasforma di colore.

Bella gnocca che stai a guardare le nuvole?

Ah già gaghemusca, alle nuvole succede la stessa cosa!? Ma le nuvole non sono come gli oggetti.

Bella gnocca che vuoi dire che non si comprano, che fanno quello che fanno gratuitamente, o meglio, o meglio senza nessuno scopo utilitaristico o di convenienza!?

Gaghemusca non so che significa esattamente quello che hai detto, certo che quando piove piove.

E già, bella gnocca, è proprio che non è amore, ma è molto più spesso quello che s’intende per amore, per intelligenza, è peggio del più bieco utilitarismo.

Gaghemusca guarda quella panchina là, adesso è color cenere, prima era verde.

Bella gnocca, è tutta questa neve, è come se si vede una buca e poi non la si vede più.

Gaghemusca hai visto?

Cosa, bella gnocca!?

Quel palo della luce, gaghemusca è scomparso, non vedi che è rimasto appeso all’altro palo tutto lo striscione che era attaccato anche al palo che è scomparso, alzati e guarda bene gaghemusca.

A me sembra che sia stato sempre così bella gnocca! Ma bella gnocca che fai seduto per terra con il culo sulla neve?

Gaghemusca forse sarà questo, ero seduto con il freddo nelle chiappe e ho incominciato a vedere queste cose strane.

Bella gnocca, lì c’era una panchina, c’ero seduto anche io!?

Ma no gaghemusca, stavo con il culo sul gelo e non ci pensavo!

Bella gnocca, stavi sulla panchina seduto con me, e, lo sai che sta succedendo, che si sta a inflazionare e si magia pure le nuvole, questa è l’inflazione della deflazione, che c’ha fatto scomparire pure la panchina.

Gaghemusca che cosa è l’inflazione della deflazione?

Bella gnocca, e chi lo sa!

Bella gnocca alzati dalla panchina che ci vuole più qualità, nella libertà interiore.

Gaghemusca, come dalla panchina!?   

 

 

Ciao! billy bond, come va ci sei riuscito?

Gaghemusca, ho fatto offerte a tutti quelli che ho incontrato, ho dato qualcosa a tutti, ma nessuno mi ha offerto di andare in televisione.

Billy bond, ma com’è ogni volta che passo davanti ad una vetrina di un negozio che vende televisori, c’è sempre una gara di beneficenza, ci sono sempre un sacco di persona famose; e vero bella gnocca!?

Billy bond, è vero quelli stanno dappertutto a fare beneficenza, dicono che fa bene anche a chi li vede.

Bella gnocca, gaghemusca a me nessuno a detto niente e sembra che non se ne sia accorto nessuno, anzi voi siete i primi a cui lo dico.

Però anche tu billy bond, fai tutto questo per andare in televisione e tornare nella tua capanna all’equatore con la corrente elettrica, mi sembra un po’ triste.

È vero bella gnocca, non mi piace questa cosa di farsi guardare per forza così si sembra più belli e tutti a fare una cosa solo per quello.

Billy bond che ne dici di fare un’offerta anche a noi?

Gaghemusca, oggi mi son finito anche i soldi per il pranzo, è solo per fare un po’ più d’effetto, che tristezza, e pensare che una volta non ero così, meglio essere sinceri, si fanno lo stesso le cose e non si è schiavi per farle.

Gaghemusca, billy bond, ho capito come si può fare la televisione, ci vuole il televisore e lo sai come ci facciamo il televisore – con i processori fotonici, scomponiamo la luce laser per formare un ologramma, e formiamo i pixel dello schermo con la fibra ottica, ogni piccolissimo puntino una fibra ottica, il segnale olografico, scomposto in tutte le parti, ma al contempo composto olograficamente completo per ogni pixel in fibra ottica, in modo che in ogni punto dello schermo ci sia l’intera tridimensionalità che si unisce a tutti gli altri punti, la televisione olografica è bella che fatta, e lo schermo può funzionare anche da proiettore e formare un’immagine olografica nello spazio.

Be’ si bella gnocca, mi sembra una buona idea, che ne dici gaghemusca.

Bella gnocca no so proprio come ti sia venuta in mente una cosa del genere, troppa immagine un po’ di silenzio.

Gaghemusca che strano, ma a che serve una televisione olografica!?

 

 

Bella gnocca che c’hai attaccato addosso?

Gaghemusca non lo so, mentre passavo la vicino a quelli, come li ho guardati mi hanno attaccato questo adesivo indosso.

Bella gnocca che dici quelli là?

Gaghemusca, sì.

Bella gnocca perché corrono verso di noi?

Gaghemusca mi hanno attaccato un altro adesivo, e adesso ne hanno attaccato uno anche a te.

Bella gnocca chi quelli che sono andati via ora, quelli lì?

Gaghemusca sì.

Bella gnocca ma perché adesso tornano?

Gaghemusca forse per attaccarci un altro adesivo addosso!?

Bella gnocca, ma perché fanno questo?

Gaghemusca lo sai che non lo so, mica mi hanno parlato.

Ehi voi, dico a voi.

Bella gnocca adesso che li chiamo non vengono, e prima bastava che li guardassimo e subito venivano ad appiccicarci addosso l’adesivo!?

Ehi dico a voi, si può sapere perché ci appiccicate addosso questa roba?

No!

E perché no!

Gaghemusca non rispondono. Fa un’altra domanda.

Ehi voi perché adesso che vi guardiamo, non ci attaccate addosso l’adesivo?

Adesso dovete venire voi da noi a chiederci l’adesivo, prima ci guardavate perché noi ci mettevamo d’accordo, tra noi, e voi ci guardavate, adesso dovete spostarvi voi, se volete venire a parlare con noi.

Gaghemusca fossero scemi!?

Bella gnocca andiamo là, che roba sono questi?

Ehi voi siamo venuti e volevamo chiedervi, perch…

Un altro adesivo.

No volevo dirvi…

E un altro adesivo e un altro adesivo.

Ma la volete finire di attaccarci addosso questa roba!

Ti sei mosso, un altro adesivo, però adesso basta! Sennò non ci venite più dietro.

Gaghemusca guarda quelli là che come saltano poi si attaccano addosso gli adesivi.

Dai attaccateli anche voi, a chi fa quello o quell’altro che vi guardano per fare quello e quell’altro.

Bella gnocca ma che cosa è ‘sta roba!

Gaghemusca guarda là e di là tutti a credere a queste panzane?

E perché tu non ci credi?

Cosa?

Bella gnocca si sono spostati prima che finissi di parlare.

Gaghemusca che gli devo andare vicino per finire a parlare?

Ma no bella gnocca, tanto cambierebbero argomento, mentre ancora stai parlando, magari dicendo cose senza senso per farsi ascoltare, e poi come tu gli rispondi, loro si sentono che li guardi e ti attaccano addosso un altro adesivo.

Voi due siete due presuntuosi e vi date un sacco di arie.

Gaghemusca, ma che dicono?

Bella gnocca non funzionano più gli adesivi e tra un po’ faranno a botte tra di loro.

Gaghemusca guarda là quelli che ceffoni, prima ridevano e poi a un certo punto non si possono più sopportare.

Bella gnocca è che si sono stufati, guarda come buttano gli adesivi e si prendono a schiaffi.

Gaghemusca è che non sanno più come sentirsi importanti e quando parlano lo fanno solo per essere guardati?

Bella gnocca è che proprio non dicono la verità, è che non c’hanno niente da dirsi.

Ehi voi due perché ci rifate la mossa, che ci prendete per il culo!

Gaghemusca con chi parlano quelli?

Bella gnocca salta che fa freddo, diamoci una scaldata e fregatene di quelli.

COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA

COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA

Gaghemusca guarda là si sono ammucchiati tutti insieme e urlano coseca.

Bella gnocca mo sì che si sentono importanti.

Ehi voi due urlate coseca.

Gaghemusca e perché devo dire coseca.

Bella gnocca hai capito perché dicono che ci diamo le arie, perché ci scaldiamo invece di dire coseca, e si può saldare solo se si dice coseca, che mo gli chiappano pure l’invidia perché facciamo quello che ci pare.

Gaghemusca ma perché urlano coseca, e che significa?

Bella gnocca, vallo a capì.

COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA COSECA

Ehi voi due chi sono tutti questi che urlano?

Ma, non so mica come, gaghemusca come si chiamavano quelli che ci stavano a appiccicare addosso?

Bella gnocca e che te l’hanno detto?

Va be’, non fa niente, fiiiiiuuuii! Aho, sentite un po’, pijete questo e trosica!

Gaghemusca guarda è arrivata la televisione, gli danno anche un premio.

Bella gnocca, ma che c’importa. Va, nevica! Che bello!

Lasciamo in pace sia la coseca che trosica.

 

 

Gaghemusca dicono che il progresso sia una conseguenza istantanea del nulla, per esempio guarda quei due, che parlano parlano perché c’è chi sta lì ad ascoltare, è evidente che a forza di parlare hanno iniziato una prova di resistenza su chi resiste di più a trattenere il bisogno di andare in bagno…

Già bella gnocca volevo dire, che continuavo a vedere quelle strane mosse che fanno, e gli applausi e le grida ad ogni mossa, difatti quasi non parlano più è che trattengono, che dici, quella liquida o quella solida?

Gaghemusca dal tempo che sono così, direi tutte e due.

Bella gnocca è che non vogliono perdere la posizione e lo spazio che hanno, sennò rischia che uno sia più guardato dell’altro, e pensa bella gnocca, che da quando parlano in questa condizione, diciamo di intrattenuta, sembra ci sia più gente a guardarli.

Gaghemusca, ma quando resisteranno?

Ehi voi due, anche voi state trattenendo?

Gaghemusca, che dice quello?

Bella gnocca ormai tutti vogliono trattenere. No! Noi due ci abbiamo i miliardi, non so se mi spiego: bacillus clausii, stiamo qui a gustarci la giornata di neve e non tratteniamo per nulla.

Sì! I miliardi, e chi siate voi se tutti trattengono, perché voi non dovete trattenere, dopo come fate a capire con chi è giusto trattenere!

Gaghemusca ma perché si deve trattenere anche per qualcun altro?

E che ne so bella gnocca fossero tutti cretini schiavi della trattenuta?

Gaghemusca, ma perché non si può andare più in bagno? non ci fossero più neanche i bagni, così, dopo tutti devono trattenere. E quelli lì come fanno a trattenere ancora? Come risolvono questo problema?

Bella gnocca incominciamo con il dire che noi cachiamo e pisciamo, mo sarà perché ci abbiamo i miliardi giusti, come ho detto a quel tizio, che non ci ha creduto, solo perché lui preferiva trattenere, perché quando c’è una gara si sentono tutti più importanti.

Gaghemusca con questo fatto di trattenere vuoi vedere che invece di caca, sempre se ormai a qualcuno gli piace fallo, prima bisogna sostenere e incrementare l’economia dei tappi da… diciamo in genere e degli elastici per i piselli, che così ci sarà più benessere per tutti e tutti saranno più liberi!?

E già bella gnocca, sennò come si spiega tutta ‘sta importanza che si stanno a dare tutti perché trattengono, e si contano pure!

Gaghemusca guarda quelli che stanno a fare pisss a quegli altri per falli pisciare prima, e guarda quelli che stanno a passare con le macchine e fanno i suoni, sotto quella casa per vedere se s’accende la finestra del bagno, che lo fanno per dispetto a non far dormire la gente o sono completamente cretini, che stanno a contare le pisciate per sentirsi importanti?

Bella gnocca sarà il predominio della tecnica sull’opinione?

Gaghemusca non sarà che mo non si può neanche dire, e che dico anche pensare che a me piace andare di corpo naturale?

Ehi voi due, fate finta di non trattenere, perché non ce la fate, mo vado a chiudere tutti li cessi a chiave così voio vedere come fate, dovete trattenere pure voi.

E perché?

Perché non potete dire che non volete trattenere, intanto nessuno vi invita alle mostre, o le manifestazioni o “hai festival, “hai congressi, di trattenuta, e neanche in televisione, invece a me si, io trattengo sempre per qualcuno e per questo sono importante, è per questo che voi siete invidiosi e non trattenete, be’ dico che voi con il vostro modo di fare non siete veri, è troppo comodo come fate voi, la realtà è un’altra cosa, adesso è comoda la vita, ma voglio vedere quando vi toccherà trattenere per forza, chi vincerà!

Gaghemusca, non sarà che ci toccherà cacare per terra, che poi la qual cosa non è disprezzabile, ma perché quello dice ch’è colpa nostra che cachiamo naturale, è perché non ci vogliamo adattare a trattenere, e eppoi insomma non si può mica sempre discutere di queste cose, ma perché devo giustificare io a che cosa servono i cessi.

Bella gnocca va a finire che per farci tenere l’argomento, ci tocca sentire che la civiltà è cambiata per merito della tecnica, e noi a discutere che sì la civiltà è modellata dalla tecnica e che trattenere è la cosa più giusta per l’evoluzione del più adatto alla tecnica che dà la possibilità a tutti, di controllare la tecnica e quindi da a tutti la possibilità di evolversi e stabilire la realtà, e così si stabilisce qual è l’immagine migliore da mantenere per farsi guardare e che per questo è meglio trattenere, che andare di corpo.

Gaghemusca guarda quelli stanno lì ancora a fare le mossa per riuscire a trattenere, e ormai guarda quanti ce ne stanno così, tutti che si trattengono l’un l’altro, per competizione e convenienza!

Bella gnocca, va a finire che per trattenere di più si inventano l’economia delle diciamo delle fucilate, così c’è meno gente che trattiene e ci sta chi c’ha più ragione di trattenere.

Gaghemusca perché non ci dici a quello che ci stava a dire quelle cose prima come li risolvono i problemi umani, oltre il trattenere!?

Ehi tu hai sentito che ha detto bella gnocca, e allora che rispondi!?

Con la tecnica delle nottesie e delle infodazioni, che non le vedete le valline, i callenddari, gli smis, e i teleggiorlli! Le pubbli-cita! I tolchi. E poi i realotti!

Gaghemusca che le valline si leggono?

E no si vedono, e si muovono proprio come se trattenessero, e c’è un sacco di gente che si trova bene a trattenessi con queste cose! Lo dice anche il conta guardoni.

Bella gnocca, le valline, sono cose, che si vedono ma non si leggono. Cose?!

Eccole va! sono arrivate pure qua ‘ste nottesie, e le valline e le fotograffie, è tutta una tecnica libera, e guarda come si muovono, bene! E guardate quante borse girano per aria, per fargli festa.

Gaghemusca, le valline, si muovono proprio come trattenevano quelli che adesso son tutti. Oh ma senti un po’ tu! si muovono come quelli, e non è che qualcuno fa finta di trattenere, mentre nessuno lo guarda, con il fatto che tutti stanno a guardare le valline che si stanno a trattenere, e fanno vedere un sacco di cose solo per fare trattenere di più?

E che ti importa funziona per trattenere, così è più gustoso trattenere.

Bella gnocca lo sai che ti dico, andiamoci a fare una bella passeggiata sotto la neve, e se ci viene ci liberiamo, in un bagno, magari… che tra un po’ tutti questi con queste pance scoperte, per farsi vedere e guardare, che fanno fanno, ma stanno tutti a trattenere che non c’hanno proprio il coraggio di liberassi, figurati di amare o pensare, che tra un po’ ci penserà la natura e con questo freddo, sentirai che diarree, robba che non ci starà più un posto senza cacca.

Gaghemusca, vedrai che smerdata, per fortuna che per la natura è concime.

Gaghemusca sarà buona l’insalata?

Bella gnocca andiamo, allontaniamoci, non ci facciamo contagiare la felicità! Se vogliono smettere di trattenere…ma!

Gaghemusca, guarda là che pubbli-cita grande, e che c’è scritto: LUI CACA, DIGLI DI SMETTERE!

Bella gnocca, camminiamo.

 

 

I sogni non sono spesso appartenenti, ma spesso si trovano da un'altra parte, e allora gaghemusca da che parte stanno! Era tutta la notte gaghemusca che sognavo in questo modo, che le cose stavano lì per un po’, poi scomparivano, e mentre tutto questo compariva c’era qualcuno, di cui udivo la voce, ma non vedevo da dove provenisse, e c’erano delle persone che stavano ad ascoltare, e si parlava del fatto che la virtù sta nella semplicità delle cose vere e profonde, che non paiono superficiali, perché in sostanza, diceva per vivere in pace ci vuole la virtù della gentilezza, l’altruismo dell’ascolto, e la libertà della bontà, per esempio diceva, ma poi in sogno mi scompariva e mi compariva, tanto che qualcuno mi disse, non ricordo chi fu, sogna in italiano, che quello che senti ti appare, e mi venne il suono delle parole in italiano, tanto che in sogno pensai, e già fossero anche delle imbecillità tanto mi apparirebbero, perché se si dice una cosa e se ne pensa un’altra si vede subito l’imbecillità, e in definitiva anche quello che si fa, difatti mi dissi se la qual cosa appare astratta o empirica la qual cosa in italiano non può che vedermisi per quello che è, ma se così perdessi di vista quello che vedo e mi innamorassi del sogno, e lo trasformassi in un convincimento d’illusione? mi son detto e a che serve la creatività, proprio adesso mi devo rendere libero con cotanto, l’italiano, per guardare anche più di quel che sogno, senza che mi appaia diverso da quel che vedo, ma poi gaghemusca mi son detto, ma come faccio io a sapere queste cose dell’italiano? come pensassi, sentissi, anche, mi chiedessi, ch’è l’unico a prendersi in giro da solo ed essere pure capace di non accorgersene? e rischiare di essere tragico e drammatico, per far finta di non vedere più quel che vede, o più di quel che vede, e magari immaginare in un’altra lingua quello che non capisce o gli fa comodo non capire, o per capirlo in un altro modo, e giustificare anche le stupidaggini che fa a se stesso, come le avesse capite in italiano, ma non sarà questa una scusa per far finta di non averle dette e così neanche fatte!? Insomma, però, pensai, dato che il mio sogno non incorreva in queste giustificazioni, anzi proprio per non incorrervi si apriva umanamente e mi sentivo ricco di possibilità, quasi potessi capire finalmente me stesso e il mondo, e parlare con esso nel modo più ampio e amoroso, in italiano, incominciai a vedere molte cose, e incominciai a sentire anche l’emozioni di quel che vedevo. Poi accadde anche, che in mezzo a queste possibilità, incominciai a pensare che c’era gente che mi rubava, taceva le parole, per cambiare quello che dicevo, e allora io le riformavo e ce ne mettevo delle altre, ma fatto sta che era tutto un frega frega, tanto che c’era gente che si nascondeva, così nascondeva pure le parole, e finivano per immaginarsi un sacco di cose, senza dire niente, e quello che facevano non era proprio quello che dicevano, perché facevano le cose e poi si nascondevano, le parole, tanto che si rischiava di non potere stare più in silenzio, tanto era un guardare se qualcuno si nascondeva e si fregava la parola, insomma, perché, non si poteva proprio mentire e se mentivi tutti se ne accorgevano e, allora per fare finta di non accorgersene, anche se tutti se ne accorgevano, finivano per emozionarsi con le parole, anche se non le vedevano, o per emozionarsi si tappavano gli occhi, ma anche questo io che sognavo in italiano lo vedevo, e mi dicevo gaghemusca, ma come si fa a dire che schiacciarsi le unghie con un martello sia meglio, che darsi la mano, o amare, e come si fa a credere alle panzane, magari in un’altra lingua, quando per dire quello che fai, che mica si possono nascondere le parole. L’italiano dove le parole si superano con l’amore e si fanno con altrettanto amore, tanto che la libertà e la creatività son tutt’uno; sono finite nella meschinità e all’odio, ma qual tecnica e tecnica, comportamento, gaghemusca mi sono detto, questi so frignoni e c’hanno paura di essere quello che sono, e fanno finta che con il nascondersi possono fare finta di essere ottusi per davvero, e ho pensato, ma proprio in italiano, e come fanno con la libertà dell’essere umanità? o diventi tirchio cretino e soprattutto scemo titolato ma qualificato. E a questo punto gaghemusca mi sono detto, proprio sognando, ma sono io che sogno in italiano! e se queste cose che ho guardato non fossero in italiano, e di che sogno erano?

E mi è comparso uno che mi ha detto di essere un certo Dante, e poi è venuto uno tutto ridacchiando a crepapelle e ha detto di chiamarsi Leopardi, e a me mi è venuto di dire, non so come, proprio in italiano, e che non vi posso chiamar per nome! e loro gentilmente mi hanno detto i loro nomi, e ridevano, proprio si sbellicavano dalle risate. E dissero, gli italiani, e dai a ridere a crepapelle. Dato gaghemusca che io sognavo in italiano, mi son detto che ridono di me!? E con il fatto che continuavano a ridere ho incominciato a ridere pure io, tanto che mi son messo le mani sulla pancia, che quasi mi doleva, non so se faceva male, ma ridevo anche se non sapevo come trattenere i muscoli dello stomaco. E poi mi dissero, per essere italiani certe volte basta non essere italiani, tutte quelle volte che gli italiani per sentirsi importanti, non fanno che dirsi lui è peggio di me, è una negazione per panzana di cui solo gli italiani non se ne accorgono, e che fanno solo tra di loro e finiscono per sostenere quell’altra panzana, io o lui sono meglio di tutti, e allora mi è venuto da dire a quei due, ma allora il mondo è pieno di italiani, e dai che hanno ricominciato a crepare dal ridere, e mi hanno detto, allora noi che siamo fuori dal mondo. E allora gaghemusca ho sorriso e mi sono rilassato, e mi sono ritrovato ad ascoltare quel tizio di prima che parlava della bontà della verità, dell’altruismo e della virtù e ho visto che c’era della gente che era interessata a quel che diceva, ed anche io mi sentivo curioso, e pensavo a quando avrei potuto dire e fare anche io quelle cose, e essere per umanità più delle cose, e sapiente e virtuoso.

Ma gaghemusca a quel punto è successa una cosa stranissima è passata una che scoreggiava con la bocca e diceva ah che goduria, poi è passato uno che ha fatto e ha detto la stessa cosa, e questo strano stimolo, ha incuriosito la gente che stava ad ascoltare, tanto che quello che parlava non riusciva ad avere l’attenzione, e allora ha scoreggiato anche lui e tutti son tornati ad ascoltare, però quello che interessava era solo che scoreggiasse, e poi tutti a scoreggiare e dire ah che goduria, ed era tanta la gente che faceva così, che non si poteva più parlare, subito ti scoreggiavano con la bocca e subito a dire, ah che goduria, poi una volta a forza di sentire questo, ho sognato, sognando, che mi veniva una scoreggia, ma una scoreggia vera con il sedere, e tutti a ridere e a dire che scemo scoreggia con il sedere, e neanche è valso il fatto che abbia detto, chiesto, scusa, proprio era tutto uno sfottò per il fatto che avessi scoreggiato con il sedere. Comunque ben presto si parlo solo di scoregge anche per dire se una cosa era profumata o puzzava, come se ormai fosse solo una questione di scoregge.

A quel punto del sogno gaghemusca ho chiesto a uno a caso di dove fosse e quello scoreggiando mi ha risposto: Italiano, e io come d’istinto ho detto, come italiano, ma italiano dell’Italia? non conta, mi ha risposto, tanto la scoreggia l’ho imparata in inglese, e ancora d’istinto gli ho chiesto, ma che sei scemo? E lui, no! Italiano, poi, che tu parli solo l’italiano e non capisci la scoreggia in inglese. Gaghemusca a quel punto mi sono svegliato.

Bella gnocca, la scoreggia l’ho sentita pure io.

Gaghemusca allora non l’ho solo sognata, e in che lingua era?

Ma! bella gnocca, mi è sembrata in inglese, però fatta da un italiano.

Gaghemusca l’italiano è incredibile!

Bella gnocca, incredibile!

 

 

 

Ciao! Billy bond!

Ciao! bella gnocca, ciao gaghemusca!

Billy bond stavano andando, stavamo andando a prendere qualcosa da che te lo dico a fare! Ti va di venire con noi?

Gaghemusca volentieri.

Billy bond, è un poetastro di quelli che si sono un po’ venduti all’economia…

Gaghemusca diciamo ch’è un po’ fissato con l’economia, con quel generatore d’acqua calda con cui continua a fare le sue bevande calde.

Bella gnocca te l’ho detto, è che lui prima pensa un oggetto così poi l’oggetto pensa da sé, è la sua poetica ridotta.

Ciao! Che te lo dico a fare.

Salve amici, sedetevi vi preparo la bevanda calda.

Certo, che te lo dico a fare, oggi è venuto anche billy bond, e io e bella gnocca gli stavamo dicendo delle tue intenzioni poetiche.

Sei sempre gentile gaghemusca, ecco qua le bevande calde.

Perché, che te lo dico a fare, non spieghi come funziona il tuo scalda acqua a billy bond.

Certo gaghemusca, vedi billy bond in questo contenitore io invio dell’aria più calda di quella esterna, che genera la condensa che mi dà l’acqua…

Un po’ tiepida!

Bella gnocca, ma la rivoluzione sta nel procedimento, perché seppur l’acqua non è caldissima, è pur sempre più calda rispetto alla neve!

E vedi, che te lo dico a fare che ritorniamo a discutere, sempre dello stesso argomento, sei un artista anche se non proprio d’evasione che si vuole vendere e dare un prezzo alla sua opera e magari farla passare per opera concettuale, così l’oggetto partecipa dell’arte contemporanea, come funzione che trasforma la società, e quale sarebbe il valore spirituale il prezzo e tu saresti spirituale perché hai un prezzo? Continuo a dirti che per me invece di andare cercando qualcuno con il cartellino che te lo appenda addosso, faresti meglio a sciogliere la neve che condensare l’aria.

Ma bella gnocca così c’è sempre la possibilità, che per estetica tale opera possa essere così utile, che qualcuno passando di qui dice di volerne fare una così grande per condensare l’acqua tiepida per un’intera città, da mettere magari in delle cisterne, per di più c’è da dire bella gnocca, che con tutta la neve e il freddo che c’è la mia opera è più visibile che il semplice sciogliere la neve, e questo vuol dire che ha un maggiore effetto partecipativo, e stimola la comunicazione.

E che te lo dico a fare che è l’arte della scusa, per parlare, che non basta la voglia di parlare o il volersi dire qualcosa.

Ma bella gnocca però di cosa stiamo parlando?

Già che te lo dico a fare di cosa stiamo parlando?!

Ma bella gnocca lo sai che, che te lo dico a fare, è più poetico e di queste cose del sistema dell’arte, non è che gli importi molto, lui è contento quando fa i bicchieri d’acqua calda.

Gaghemusca tutto quel ch’è in natura, è sempre più semplice più vero e più rapido, e poi vorrei vedere, che interessano a me queste cose, del sistema dell’arte!

Però bella gnocca, gaghemusca, che te lo dico a fare, a me un po’ mi interessano, perché in certo qual modo devo venire qui con questo freddo, dalla mia capanna all’equatore, e mi tocca fare parte proprio del sistema dell’arte, perché come ce lo spieghiamo il fatto che io per fare parte del sistema mi devo inventare una macchina o qualcosa che faccia nevicare, che abbassi la temperatura dell’equatore, per poi condensare l’acqua, per avere l’acqua tiepida!? Poi va bene diventerò famoso, ma che spiritualità c’ha questa arte, e che tipo di libertà e verità?

Ma billy bond, se io stessi all’equatore e fosse successo tutto questo, e che diamine non userei il condensatore per l’acqua, scioglierei direttamente la neve, sennò come farei a dire che ho fatto un’opera d’arte nel fare nevicare, il prezzo lo dovrei dare alla nevicata, come intenzione realizzata di un mio progetto concettuale.

Che te lo dico a fare e poi dici che non vuoi diventare ricco e famoso e che non ti pieghi al sistema dell’arte e alla sua virtualità economica.

Bella gnocca vorrei vedere come fai a dire ch’è virtuale il contenuto dell’acqua calda che berresti all’equatore. E che non sarebbe un progresso per dire che l’arte è di tutti, purché la sappiano scaldare, e che diamine ci vuole un po’ di senso critico.

E che te lo dico a fare che c’entra il senso critico con la temperatura dell’acqua.

E diamine bella gnocca ci vorrà pure qualcosa che distingua il valore di un’opera d’arte, da un bicchiere d’acqua.

E allora che te lo dico a fare, quanto te lo dovrei pagare questo bicchiere d’acqua che sto bevendo.

Ma bella gnocca quanta acqua hai nel bicchiere?

Gaghemusca neanche una goccia!

Che te lo dico a fare, quanto deve pagare bella gnocca l’acqua che ha?

Gaghemusca e chi lo sa! Comunque alla salute.

Si va bene ma a me mi è rimasto un problema insoluto che non c’entra con il sistema dell’arte, e credo che non sia neanche arte, ma mi sono detto pensando, perché nessuno ha pensato a fare la condensa dell’acqua facendo un condensatore con aria fredda, invece di cercare di fare nevicare all’equatore, non è più facile fare le cose piccole e poi quelle grandi, in proporzione alle necessità che si presentano.

Vedi che ha ragione billy bond, bella gnocca, e vedi che c’è una differenza tra il sistema dell’arte e l’economia.

Ma che te lo dico a fare, allora però bisogna ammettere che l’economia mi sembra proprio un sistema che funzione come il sistema dell’arte, insomma l’artista deve pur esserci se si vuole che ci sia l’arte, non è che si può fare l’arte senza l’artista, l’economia forse sì, basta che funzioni come il sistema dell’arte.

Gaghemusca e che te lo dico a fare. L’arte è la vita che si fa coscienza pensiero e anima, ed è difficile trovare i limiti alla generosità, essi non si confondono con l’illusione dell’infinito egoismo che tutto cerca di rappresentare, che ovunque vuole determinare, anche la giustezza che nevichi all’equatore per la realtà di se stessi e per giustificare un’opinione per dire che un’altra opinione non è vera.

In effetti cos’è questo scatenamento di ostruzioni che si determinano al solo pronunciamento di un’opinione, quasi che ci sia una fracchia di scemi che sono invidiosi della verità, e che sentono che chiunque la dice li mette in discussione, quasi non possano più fare quello che vogliono, ma allora dico cos’è che vogliono fare, e soprattutto che follia è quella di invidiare la verità in se stessa. È un po’ come dire in giro a qualcuno che la verità è come se si fa pisss essa piscia, e finisce che tutti finiscano per fare pisss per fare pisciare la verità, e poi incavolarsi con essa perché in quel momento non gli andava di pisciare, e proprio non ha sentito neanche i pisss, e allora il capo dei piscioni che pensava così di acquisire autorità per merito della pisciata della verità: lo ha fatto apposta! e allora tutti si arrabbiano con la verità, e dai a fare i dispetti alla verità. Poi capita che la verità piscia e via tutti a pisciare, e tutti che si incavolano con la verità perché dicono e pensano che li ha fatti pisciare e che sapeva il segreto del pisss, che sapevano loro, e dai a fare dispetti, e peggio. Tanto che chi pensa più all’opinione della verità, tanto che nessuno ci parla, con la verità,  perché impegnati a fare pisss, figurarsi l’ascoltarla, e questa strana voce sulla verità, si trasforma in qualcosa in cui tutti possono fare pisss e sentire il pisss, mentre la verità ormai fa quello che gli pare, ma tutti questi organizzati del pisss, continuano a pensare quello che vogliono loro sulla verità, e ci credono sempre più. Finché perdono il senso di quello che fanno, ma credono di controllare il senno, in realtà l’intelligenza se ne va, e chi si ricorda più della verità, chi ci pensa, o la vuole incontrare, eppure continuano a fare pisss, perché la verità pisci, finché si accorgono che la verità non piscia e che era stata calunniata, e che fanno se la prendono con la verità perché non  l’ha detto loro, anche se sono loro che vi hanno voluto credere. E certe volte bisogna incontrare proprio la verità, per sapere chi sono loro o sapere di esserlo.

In sostanza mi sembra sensato ridefinire questa nostra argomentazione, con una cognizione di merito, e allora vorrei sapere, che te lo dico a fare cachi?

Sì gaghemusca.

E tu billy bond?

Sì gaghemusca.

E tu bella gnocca?

Sì gaghemusca.

Anche io amici caco, e sembra che su questo non ci siano dubbi o discordanze.

Credo che ora se vi va potremmo andare, ad ascoltare leggere delle poesie, sembra che questa sera ci siano dei poeti nuovi.

Che te lo dico a fare, credo che sia bene andare, chissà che avranno da dire, bella gnocca che dici gli angeli vanno ad ascoltare leggere i poeti?

Gaghemusca, ma!

Che te lo dico a fare, che posto è? Così solo per curiosità.

Billy bond è un posto proprio come questo, ci si arriva subito, anche se non si ha fretta.

Gentile ascoltatori, sono qui per dire io le poesie? e perché le devo dire, perché non ve le leggete da soli, perché non immaginate dentro di voi quello che la poesia dice, pertanto vi ho distribuito i fogli scritti, incisi dal fuoco della poesia, e dalla voce interiore della verità, e allora leggete il primo poeta e poi tutti gli altri, e non confondeteli con le voci che dicono questo o quello, ma solo con il suono puro della voce interiore, più profonda e vera, se ve n’è rimasta un po’, ed ecco il primo poeta, forse l’unico, ma poi altri ed altri ancora, ne verranno…

Bella gnocca, che dici gli angeli ascoltano le poesie?

Gaghemusca, ma!

…bizzarramente o chissà come, ascoltante perché anche gli angeli, ascoltano le poesie…

ah, bella gnocca come fa a saperlo?

Gaghemusca, ma!

… e allora ascoltate e pensate e sentite, ma tappatevi le orecchie, e gli occhi, perché potreste turbarvi, o godere del turbamento, del licenzioso poetare, ascoltate!

Io son l’importante

Perché lui a da essere come io dico che sia

Io son perché dico

Bon

E lui no

Lui è peggio di me

Perché lui è peggio di me

Di me lui è peggio perché lui è peggio di me

Lui è peggio di me

Di me è peggio lui

Perché lui è peggio di me

Perché di me lui è peggio

Peggio lui perché di me lui è peggio

Lui perché è peggio perché lui di me è peggio

Cambiare lui con lei e ripetere

Poi alternare il lui con lei e il lei con lui

Poi cambiare il con il loro, fino all’essi

Dal maschile al femminile o al contrario

Per priorità d’intendi

E dal plurale al singolare fino al paradossale

Del singolare al plurale.

Grazie! grazie!

Ascoltate la poesia della gnocca sospesa

La gnocca sospesa non s’accheta

Trapassa lì spelacchi e le sputtasse

Ma non s’accheta non s’accheta

La gnocca sospesa.

Grazie! Grazie!

Ed ora il canto del tempo e dello spazio, la passera solitaria, ascoltate e leggete, o tappatevi le orecchie, attendete il canto del tempo e dello spazio!

La passera solitaria

Mi soggiace gustosa e olfattiva

Quasi profumasse di gusto e sapienza e volontà

Si sovviene il canto di spicular la lingua

Con il gustoso incanto della passera solitaria

Quasi a titilllar lo sciogli lingua

Con nettare passivo e brodoloso

Che scioglie e bagna l’umido qualunque

Quasi a dire o quanto e ancora

La passera solitaria

Sta gaia e vogliosa e dice dai

Come prima non sapeva come e perché

Si entusiasma e si impossessa e poi si lascia

E strufluiai tra te e te quasi a sentir te

Che ancor d’incanto non sai come

La passera solitaria è sola sola

Ma non dice mai di no

Ti si nette e poi dice va be’

Se accontita a saporosa sì si di notte che di dì

Mi sollazzo e quasi si turba

O generosa scintilla senza mentir

Sollavia la passera solitaria come un canto

Che poi starnuta

Ma t’abbraccia quasi a dir o ch’è stato

Amore mio

Sol la passera solitaria sa dir tanto

E non t’incanta se non ti bacia

O soave passerotta dì sii tu ancor sola

O ti spacci a destra e a manca.

Grazia grazie!

E allora leggitori continuiamo ancora lungo il tragitto che le poesie vi si incantino, or s’aggrata una nuova stanza, ché d’abito e di forse s’avanza. Senza tragico, ma forse che speranza. 

No! ci sto prima io, ah ci sta n’antra poesia prima di quella della stanza.

Più del piscio non vi do

Non vi fate intimorir dall’invidiose

Che so pure l’invidiosi

Più del piscio non vi do

E tu so diecianni che sta’ aspetta

Con sta panza de na scusa

Scusa scusa scusa tanta

Che me pare che tu sta là

E sta ha magginà ancora a me

Più del pisco non vi do

So ottanni

So cinque

So due o una

Co la scusa stai ancora a rompe

Più del piscio non te pii

Che so tutte le sostanze quelle tutte che stai a dì

Non c’hai a da conosce perché non c’hai

Li sentimenti

Sole scuse pe’ sapé

Quanto costi quanto costi

Più del piscio non te do

Solo questo voi conosce de li sentimenti miei

E tanto te basta la scusante

De lo piscio che te pii

Voi ‘na terra tutta un logo

Tietteche questa e la scusanza

Più del piscio non te do

Che si tappino li sospesi

E non mi si rompano più gli appesi

O le rientranze

Con la scusa della variante

M’ahi abbottato tutte le sostanze

Con la scusa della scusa

Più del piscio non te do

Tanto te basta per dirne n’antra

De calunnia senza panza

Che pe’ scusa ha la sostanza

Non del piscio che te do

Che per esso ha più rilevanza

Che manco più questo mo te do.

Grazie! Grazie!

E dopo tanto astrus pensiero mo torniamo al poetar di iero, perché tanto è stato il tempo dato della stanza che v’attende, come prima della poesia presente, senza velo e di mala sostanza

Tappatevi la mala creanza

Su per giù quando dico io

Ci stava quel che pensavi tu

Con la tua stronzata

Senza pelo e senza trazza

Me dici per parvenza

Bello bello e ancor più bello

Tutte me le son fatte

Che non ce ne ho lasciata manco una

Che non m’agratasse

Tutte come voi se son disposte

E non c’è manco a dire che

La magna pompa dice.

Io invece troppe e nessuna

Come a dire

Le magnone senza tregua giacia  giacia

Ma con me non favella

Le sostanze giocherose

Tutte a dì tutte a dì

Ma non s’apresta na favella

Che so tutte un dire e un fare

Che se dice mo parleno e invece manco

Na favella

Eseguono le voglie senza scelta

De silenzio, che so manco silenziose

Quanto sitte mute e pure sorde

Non te dicono manche che

So sentute e spocchiachiose

Sante o no

C’hanno fifa da spartì.

E allora tu o io

Chesto è mondo pompa magna

Che nà pompa è na’ spettanza

Che sembra un gioco senza rilevanza

E dicheme tu che stai tanto

A favellar lo piacere della pompa

Come fai a dì che la pompa della pompessa

Che te magna, te piace

Ma te schifa la sostanza

Come a dì che la pompessa te schifagna

E che stai allora a fa, pieté questa

Che è la magna pompa de lo potere? “è er mio”

E dimme un po’

Tu pompessa marducata comme è che dici

Che te schivagna la sostanza

Che t’alliscia er pompitur

Della tua magna pompa

E de tutta sta sostanza

Stateve zitti, è mejo che co stu tutto

vojo vojo

me parete du parvenze dell’amore

profano ieri ne sostanza

e che non lo sai che la minestra se chiama minestra

ma po esse anche n’antra cosa

ma è sempre minestra

e allora che ve schifa

quello che volete da fa

e lo fate fa a n’atro pe dì che così

è giusto

anco se ve schifa

o lo fate pe potere e sentìve

magna pompa.

Chè sto fatto che non sapete ch’è mejo

Che non sapete che l’affetto è n’antra

Cosa della pompa magna

Che non sapete che se pompa senza magna

Perché non sa da esse niente che se grata

Che non sia la rilevanza della sostanza

Senza stanza, che non ha sostanza

Se non la rilevanza che non s’appanza

Ma che sta dove sta

Pecchè vo sta a amà quel è

Nella rilevanza senza sostanza

Dell’omini e le donne

Senza sequenza della magna vista.

Che stai a fa sennò er territorio

E se pompa magna e se magna pompa

E non ci po’ da esse chi non me pompa magna

Quasi che er mondo fosse solo in pompa magna.

E allora che te stai a sfrugulla la sostanza

Ciò che magni pompi e tiette er territorio

Ma no la sostanza dell’amore mio

Che me pompa e m’allisca senza schifanne la mostranza

Né della pompa né dell’alliscia.

E non c’è dubbio su quel ch’è detto

Perché ciò che te piace t’ama

E ciò che te ama non poi da dì che non te piace.

Che poi l’amore è più di quel che sceje

Che non è solo quel che se vede

O che se sceje pe pompa magna

O pe’ arazzo de strapazzo

De la vongola o il pisello

Perché se non me so spiegato

Se la vongola è bella

È bella tutta

Dillo al cervello poi al pisello

E non te scorda pure alla vongola

Se poi sei na vongola fa lo stesso

Però pe dillo bisogna èsse liberi

E avecce più del cervello

L’amor per la coscienza

Che poi l’anima è ancora mejo

Grazie!

E non me di ch’è troppo pe na pompa magna.

Grazie! Grazie!

Olà se noon vi siete tappati tutto e stati ad attender altro, ora il plusultra della poetessa in arrivo, l’altezza massima della sintesi e della sostanza della poesia femminile, proprio come un apparte della coscienza…

Gaghemusca, finalmente.

Già bella gnocca, mi chiedevo dove fossero finite, quelle donne tutte donne.

…Vai con la poesiaaa e a

mi sforzo di prendere

sempre

le misure

la tua sostanza non può essere così incostante

quasi volessi da me uno standdar perfetto

ti valuto per questo

non per il mio standdar

non mi puoi dire che ti piaccio

larga

non mi puoi dire prensile

sennò io ti dico

quello che penso

non sei che entri dal basso esci da sopra

e rientri di sotto

non raggiungerai mai questa misura

la mia piccola o grande richiesta

non si accontenta di un fine tempo

ma cerca il grande

anche se mi dici che così grande

come sono ti piace tanto

non puoi con la scusa del tuo

variare

dire di avere fantasia

e io sono stanca anche quanto tu

sei bloccato

nella misura

perché non raggiungerai mai

con la tua misura

il mio cervello

e non importa che certe volte

sei del tutto spropositato

tanto da essere veramente inutile

da sentirti un campione

ed esibirti per proporzionarmi

quasi fossi tanto brava per cotanto

difatti sei così insensibile

che io non posso fare a meno del metro

è tutto quel che mi rimane

per la costante affermazione di me stessa

per sapere di averti in mio dominio

quantitativamente non c’è niente di più

in te.

buuuu! Andate a fancculo tutte e due, ci avete rotto le scatole con queste prosopopee, usa il taglia sigari, e tu usa le stringhe di cuoio, buuuu!! Quei due sono due stronzi non li vogliamo! Esibizionista e minchione, fate proprio una bella coppia! Uuuuuu! Buuuuuuuuu!

Che te lo dico a fare, credo che la lettura ormai si sia bloccata, noi ce ne andiamo!

Ciao gaghemusca, ciao bella gnocca! Ciao billy bond, io sto altri cinque minuti.

 

 

 

Gaghemusca cos’è che fanno quelle persone?

Bella gnocca credo che manifestino.

Ma perché urlano parlano, e poi corrono e si spostano, e quegli altri fanno la stessa cosa?

Bella gnocca, mi rimane un po’ oscuro, anzi credo del tutto questo loro fare, vociferano si fanno vedere, poi corrono e si spostano, e tanto che poi cercano di nascondersi gli uni agli altri.

Gaghemusca andiamo lì per capirci qualcosa?

Ma bella gnocca dubito che si accorgano di quello che stanno facendo, e poi che ce ne importa sarà un’altra stupidata. Possiamo stare a pensare a tutte le stupidate che fanno?

Gaghemusca ci fosse fata fantastica, forse ne saprebbe qualcosa?

Ma chi, bella gnocca, quella scorreggiona?

Be’ gaghemusca ha un po’ di flautolensa, anche per la gran quantità di fagioli che mangia, ma di certo è piena di saggezza, e poi va sempre in giro con il suo bonsai per riequilibrare l’ossigeno nell’atmosfera.

Certo bella gnocca è strano che non stia in mezzo a quelli, per sapere che stanno a fare?

Già gaghemusca! Gaghemusca hai notato che si spostano in modo un po’ diverso, non finiscono neanche a vociferare, che corrono prima, e questo qualche volta succede in un gruppo e qualche volta in un altro, come spiegarlo!

Già bella gnocca, sembra che oltre a spostarsi, cercano proprio di scappare, ma quella persona che corre dietro a quel gruppo, non è fata meravigliosa, che come corre dietro a quelli che scappano, quegli altri corrono da un’altra parte?

E già gaghemusca, adesso la chiamo.

Ciao fata meravigliosa, ma che succede là.

È un fenomeno strano di elettromagnetismo sociale, bella gnocca, ciao gaghemusca.

Salve cara scorreggiona, ma dopo un po’ hanno incominciato a fare altre cose, altri movimenti dal solito?

Gaghemusca è per via delle mie scoregge, hanno creato una per turbolenza alle sicurezze movimentate dei riflessi magnetici, tanto che anticipavano lo spostamento ancor prima del solito.

Ma fata meravigliosa, perché tutto ciò?

Sembra, gaghemusca, che il rapporto tra immagine denaro e intelligenza, modifichi profondamente l’attrazione tra le persone, e dia al sentimento un connotato di scusa, ché sinceramente non si capirebbe neanche a cosa servirebbe.

E dimmi fata meravigliosa, com’è che avviene tutto ciò?

Con il fatto gaghemusca, che le persone più si vedono, e meno si toccano, e allora più si vede e meno si parla, e meno si tocca di quel che si vede, e meno si parla, perché così si dice che si fa, e quando si fa più ti devi far vedere senza toccare e più fai, e più vedi e più vuoi fare, e più fai tutte queste cose, così, tutte insieme e più ti sembra di vedere, ma non vedi, di toccare, ma non tocchi, di parlare ma non dici niente, tanto che vanno in giro e fanno un sacco di cose di questo tipo sempre con qualcuno che li guarda, ma che non li vede e che loro non vedono, ma comunque sanno che si fanno vedere.

Ma fata meravigliosa, il sentimento che c’entra, mi pare più una voglia di farsi guardare, perché tutti fanno la stessa cosa anche se non si vedono, che ci vuole tutto questo per giustificare i sentimenti e magari dirselo, ché la qual cosa mi sembra un po’ priva di curiosità, un po’ troppo materiale e senza conoscenza, e se qualcuno dice le cose come sono e come le pensa?

Bella gnocca si spostano prima.

Per questo fata meravigliosa che si vede tutto uno spostarsi e appiccicassi, che non si riesce più a distingue con tutto quello che fanno vedere, una persona da un’altra, ma dicci un po’ qualcosa in più, fata meravigliosa.

Gaghemusca, bella gnocca, ascoltate.

Di fatti il giochino è semplicissimo, se poi pensiamo a due persone pressappoco è così.

Be’! fata meravigliosa a me mi sembra parecchio complicato.

Be’ diciamo! Comunque si sono messi in testa che se uno o una ti fa vedere qualcosa che pensano che poi può piacere, con il fai credere e poi con il farsi più vedere quello pensa a quella o viceversa, che già con questo fatto con tutto quello che ho detto prima, il più delle volte se fa vedere da uno, ma poi per la voglia va con un’altra, che tanto quell’altro anche se non c’ha parlato lo sapeva, perché anche quell’altro ha fatto la stessa cosa con quell’altra, tanto che se per dire a qualcuna gli piace una è meglio che se lo scorda, perché quella prima aspetta, poi va a finire nell’esperimento di un altro che aspettava, per dirsi che tutti e due erano bravi per far aspetta, nel frattempo si sono fatti vedere da tutti, anche se fanno finta di toccarsi come fosse quell’altro, che manco c’hanno parlato per toccare quell’altra, insomma non è che poi in fondo si chiedono se si conoscono e se vogliono bene, tanto che se una parla, subito si trova un altro, perché quell’altro sta con un’altra, così tutti non solo sanno i fatti di tutti, ma nessuno si fa li fatti suoi perché non ce l’ha.

Ma fata meravigliosa, che è tutto questo maschile e femminile? Che non si capisce chi sta con chi e perché, e quando e che sta fare, però vogliono fare tutti quello che fanno gli altri per tutto, e ancora in tutto questo non ho capito, ma qual è la scusa che si danno per il sentimento, e tutto, e l’intelligenza dove sta?

Ma gaghemusca, non so! Che bisogna essere un po’ geni per fare un po’ tutta questa cosa?!

Ma gaghemusca bella gnocca, il fatto del maschile e femminile che non sa dove cacchio sta, si reduce tutto a capire la convenienza, di modo che se uno, un’altra o qualche d’uno è libero e intelligente, per trovare un corrispettivo qua in mezzo deve dare tante convenienza, perché che mica po’ scappa l’altra se c’ha tanta convenienza, po’ fare finta pure che gli interessa la libertà, ma di fatti tanta libertà non c’ha bisogno di tanta convenienza, e allora cercano di convenire, sul fatto tu fai questo io faccio questo, così non scappiamo e tutti ci vedono e non scappiamo e allora le persone o cominciano a magiare o non mangiano, per farsi vedere e non vedere e i sentimenti sembrano avere un po’ più di scusa e certe volte si fa quello, che ci sta un sacco di gente insieme a te che proprio ti tocca fallo per forza, in sostanza più paghi e meno pensi e più poi scappa, e più poi scappare e più ti corrono dietro, e più corri insieme a tutti gli altri e più corrono da soli, ma però insieme a tutti gli altri, in conclusione è tutto un mangiare a cacare.

Sì va bene fata meravigliosa, ma io ancora non ho capito, che c’entra il sentimento, a me mi sembra tutta una scusa per farsi guardare come la pubblicità!?

Gaghemusca e se non si guarda la pubblicità come noi, uno non s’accorge di niente vede tutti scappare. E fata meravigliosa dimmi un po’ se due, non stanno a fare tutte queste cose?

Be’ gaghemusca, bella gnocca, succede che magari si conoscono, si toccano, si parlano, insomma fanno quello che vogliono, e gli tocca pure pensare per vedersi, se poi c’hanno il sentimento sarà pure un’altra cosa ancora, che certo è un po’ difficile da dire, però che tristezza, sono soli, magari sapranno pure comunicare, ma a che gli serve, si dice.

E dimmi un po’ fata meravigliosa, di quello che stava per i fatti suoi, mentre tutti questi matti, matte, gli si facevano vedere, poi scappavano, insomma erano dei grandi rompi scatole, dopo che ha visto tutti questi matti che facevano queste cose, che ha fatto?

E che ha fatto, dopo un po’ ha sbadigliato e se ne è andato, mentre tutt’attorno continuavano a rimbalzare, tra bisogna bisogni e bisognini, poi non so mica se s’è stato per i fatti suoi?

Ma dimmi ed è bastata la tua scoreggia per spostare tutti quelli?

E sì! gaghemusca e bella gnocca è proprio bastata!

Fata meravigliosa, accendi la radio e facci sentire quello che hai detto nel tuo programma.

E già tra un po’ inizia.

Cari bisognini e bisognine, vi parla la vostra fata meravigliosa, e come sempre vi raccomando, di accarezzare e baciare i vostri bisognini, che sono belli e mi piacciono tanto…

 

 

 

Bella gnocca, ma a te ti piacciono i romanzi rosa?

Gaghemusca, no! Che ormai si parla solo del genere dei colori, e della solita maniera di stenderli.

Ciao bella gnocca e gaghemusca, oggì la vita è bella, oggì la vita è bella, oggì la vita è bella, oggì la vita è bella, oggì la vita è bella, oggì la vita è bella, oggì la vita è bella!

Ciao, oggì la vita è bella!

Ma gaghemusca perché oggi la vita è bella si chiama, oggì la vita è bella?

Ma bella gnocca perché la vita è bella!

 

 

 

Bella gnocca, guarda c’è soave. Ciao soave, come va!

Gaghemusca, la situazione è sempre più critica e la vita è sempre più penosa.

Soave spiegaci meglio, come vanno le tue indagini sociali, e cosa è successo?

Bella gnocca gaghemusca, la questione di fondo è che sono sempre occupati, e per due precisi motivi, uno è che è così capillare il movimento intestinale con le altre programmazioni esistenziali, che succede che i bagni finiscano per essere sistematicamente occupati contemporaneamente a migliaia, ma che dico milioni, in maniera sincronizzata con tutte le varie attività della giornata tra tutti quelli che vi partecipano, e la cosa è così incastrata che non esce da questa situazione, ma ovviamente la questione principale, per me non è una ribellione della questione in termini di alternative ai posti, che è già conseguenza, all’utilizzo che si vuole fare di quel posto prima che si arrivi a quel posto, e sedersi finalmente sulla tazza, ma il fatto che io trovi sempre occupato. In questo modo sono palesi ed evidenti i problemi, ma la questione che ancora mi si presenta è che anche se busso non risponde nessuno, e non c’è verso che ne trovi uno aperto. Di fondo mi si dice è l’omologazione, si va bene come fosse un fatto di costume, questo dell’omologazione, di fatti se manca l’autore, per un consenso globalizzato, dell’omologazione, che determina una partecipazione tutt’altro che autentica tra gli individui, soggiogati dagli stimoli per tenere incastrata la cosa, dove anche se tutti occupano i bagni difatti nessuno partecipa con l’altro, e allora come vi dicevo se di fatti manca l’autore di quel che cade nella tazza del cesso, come è possibile che i bagni siano sempre occupati, e quando busso non risponde nessuno, come a dirmi ci sono io, ma a te che t’importa. Be’ potrei rispondere nulla se non per il fatto che devo andare in bagno, ma come appare chiaro per il sistema dell’omologazione questa espressione non c’è nessuno che l’ascolta, o quello chiuso in bagno l’ascolta, ma non te la fa neanche pronunciare, e se dico guardi c’è qualcuno, devo entrare in bagno, nessuno risponde. Che se fosse Odisseo che si è portato via la chiave, di tutta l’odissea o del solo bagno, già almeno si saprebbe. E invece niente. Però certe volte si sente qualche scoreggia, però niente null’altro. E allora capirete cari gaghemusca e bella gnocca, che la cosa incomincia a diventare per me un bel problema da risolvere, perché dico è possibile che non c’è uno, dico uno soltanto, o una che cachi da solo, non è possibile con tutte le mie ricerche che non sia riuscito a trovare questo bagno con questa persona, se solo ci fosse! Perché se ci fosse riuscirei a entrarci, e se vi busso mi si risponderebbe. Ad un certo punto di questa storia mi è venuto di pensare che fosse come essere all’estero dove tutti sono sordi, ma parlano tra di loro con la stessa lingua, ma la situazione può essere anche ribaltata e gli altri sono sordi, perché c’è un problema che si aggiunge, per cultura, che quelli che entrano nel cesso non lo lasciano per paura che gli altri non cacano insieme con lui, e grazie alle statistiche sembra che la qual cosa sia possibile, poi c’è chi osserva non solo le porte dei cessi, ma anche quelli che son dentro, ma io questo non lo so perché non guardo mai la televisione, sarebbe fin troppo scemo che per cagare dovrei andare in televisione, anche se poi te la pagherebbero profumatamente, e insieme con gli altri, che poi si discute anche di quale sia venuta meglio, è questo che attira tanta gente a farla così.

Soave ch’è un effetto dell’omologazione?

No, credo sia più un bisogno, vicino, ma anche lontanissimo dalle conseguenze. Ma comunque è cacca omologata, che anche se sembra esserci un autore, perché qui anche se non puoi bussare lo vedi il cesso e la tazza e quello che succede, ma comunque non riesci a distinguere la cacca di uno da quella di un’altra, e allora a forza di vedere queste cose si dicono gli altri, guarda è proprio come la mia, ciò nell’omologazione serva per rendere la cosa democratica, e ciò dico è una contraddizione in termini, come dire che le cacche sono uguali, ma i pensieri diversi, e vorrei sapere quale sarebbe la differenza dato che l’argomento è sempre la cacca, quasi che quello che vi sto raccontando sia sensato per il fatto che i cessi sono occupati. E allora alcuni, ma dico chiunque in ogni situazione, si chiude in bagno e non ne esce più, e non c’è verso di dire che esistono altre cose, in questo modo si sente smodatamente importante, e sicuro di essere nel posto più importante, tanto che se parla lo fa come se usasse la radio come un televisore, c’è gente ch’è rimasta chiusa in bagno per anni e anni, tanto che ho messo dello scocce attaccato alle porte per vedere, e quando vi sono tornato ho bussato, per scrupolo, ma lo scocce era rimasto attaccato.

Ma soave può darsi che qualcuno è passato, e mentre aspettava lo ha riattaccato?

Già bella gnocca, ma comunque io l’ho ritrovato occupato e senza risposta! Cari amici adesso vi lascio.

Ciao soave! Bella gnocca che casino, mi ha un po’ rimbambito con tutte queste storie di gente del mondo.

Certo gaghemusca se ti si appiccica addosso un problema del genere, altro che pazienza. In fondo un cesso tira l’altro, ma la sostanza qual è? È un mondo pieno di disuguaglianze, quasi ci fosse paura che non ci fossero.

Sai bella gnocca, proprio ora mi è tornato in mente, uno strano sogno, in forma di scrittura dell’agamennone, era strano non era proprio come quello di Eschilio, che lo so perché mi è venuto in sogno lui, perché prima di ciò, chi fosse Euripide non lo sapevo, be’ su un po’ di teatro, ma no che perché per questo ora lo posso conoscere, quello che ti volevo dire è il sogno.

E gaghemusca come è scritto?

Come un sogno bella gnocca, ma comunque ascolta.

 

 L’AGAMENNONE

Le vere trasformazioni della storia come classicità del contemporaneo

 

PERSONAGGI DEL DRAMMA

 

 

SENTINELLA

CORO di anziani notabili Argivi

CLITENNESTRA (cacona)

ARALDO

AGAMENNONE (cacone)

CASSANDRA (amica di famiglia)

EGISTO (conscente e collega di cacone)

 

Servi e schiave di Clitennestra, uomini di Egisto

Il luogo: Argo, il piazzale antistante la reggia, di cui si scorgono sul fondo la facciata e una torre. Davanti, un pilastro con il busto di Appollo, Custode dei bagni.

Il tempo: la notte in cui cadde Troia, e il giorno seguente.

 

 

 

(Notte alta, stellata. Sulla torre della reggia una sentinella è distesa e scruta l'orizzonte.)

SENTINELLA

Cacca, vi chiedo: sollievo da questo mio soffrire! Un anno intero, lungo, di stitichezza. Notti bianche, qui sul castello dei figli di Atreo, rannicchiato, da cane. Ormai, distinguo l'adunarsi di stelle nel buio: queste che portano gelo sul mondo, altre calura, sovrane di luce che vibrano vive nell'aria. Vicenda di stelle, tramonti e levate. Così mondo la stitichezza all'avviso di luce, lama di fuoco che trasmette notizia da Troia, della scoreggia che sollievo. L'ordina cuore di donna: da uomo decide, fremente. E quando mi stendo quassù, sul mio covo di brina - notti sconvolte, senza affacciarsi di sogni; invece del sonno mi fa da scudiera la stitichezza che le palpebre piombino ferme nel sonno - io canto, se voglio, note basse, tra i denti - stemperando un motivo combatto il tappo - e allora singhiozzo, piango il destino di questo cacazzo: non è retto d'un tempo. Se in quest'istante avvenisse felice sollievo al mio soffrire... balenare di fuoco, gioioso, cacchio corriere nell'ombra.

(Fiammeggia un lampo lontano.) Scoreggia! Benvenuta, fiamma nella notte! Tu avvivi chiarore solare e qui, in Argo, una folta serie di feste, a celebrare l'evento.

Vado, avverto con voce squillante la donna del cacone: che si levi, di volo, dal letto e lanci nelle sale un inno esultante, festoso saluto per quel lampo laggiù. Sì, la città d'Ilio scoreggiò: lo svela vibrando il segnale di fuoco. Voglio muovere io i primi passi di danza. Che mossa, per me, questo tiro toccato ai signori: tre colpi da sei punti mi vale questa veglia al falò! Oh, mi sia dato, quando ritorna, stringere al cacone con affetto la mano, tra queste mie mani. Sul resto, zitto: un bel bue m'è salito sulla lingua. Questa rocca griderebbe da sé, nette parole, se avesse una voce... Per me, far parola mi piace, a chi sa: se non sa, dimentico anch'io. (La sentinella esce di scena.)

(A passo ritmato entrano e si dispongono nell'orchestra gli anziani notabili di Argo che compongono il coro.)

CORO

Già dieci anni. Allora!?

- forte parte rivale di Priamo -

la cacca del re e cacone, tiro a due

poderoso d'Atridi, pariglia di scettri,

di saggi - tramite il Cesso -

scossero dal nostro lido

lo sforzo argivo, mille, mille cacche,

- un'armata a puntello d'accusa!

Dal sangue acceso un alto grido: «Merda!»

Rapaci, allo scatto: delirante

rimpianto della cacata, e gorgo ossessivo

di giri a picco sul peto,

ritmo di remi alle ali,

perduta la cura

Nelle altezze un bagno - Appollo, qualcuno, forse,

o bidè, o Cesso - coglie lo strazio,

dell'aria e a chi ha offeso

Così il Peto, nel cesso dell’Ospite

sforzo che inchioda la carne

arranca il ginocchio, cerca l'appoggio

nella tavoletta, si scheggia la tazza

quando s'apre la festa.

Cesso è autore.

Come vede, succede.

 

(Folate di “fumo” votivo si levano dai templi cittadini. Servi di Clitennestra, che ancora non è comparsa sulla scena, posano offerte sull'altare.)

A te dico, figlia di Tindaro,

Cacona sovrana, c'è forse

qualcosa di nuovo? Hai appreso

messaggi fedeli e per questo

comandi in giro di ardere merde?

Vittime in fiamme

dei caconi cittadini: celesti, caconi dell'abisso,

domestici, pubblici.

Qui, là scattano al cielo

lame di fuoco; le ha fatte pere

soffice incanto sincero

di balsamo chiaro, omaggio dal cuore

più fondo delle sale reali.

Di', esprimi quello che puoi, che è permesso.

Medica questa mia ansia,

che ora matura in pensieri sinistri;

ed ora dal fuoco che avvivi

speranza arresta scoreggia golosa

...

 

str. II

Cesso, chi sa chi sia... forse

così ama sentirsi invocare

e io questo nome gli do, supplicando.

Non trovo confronti con Cesso

- eppure tutto ho pesato -

se è necessario alleviare la “mente”

da questa cieca zavorra, con pieno effetto.

 

ant. II

Uno ci fu, un tempo, possente:

rigoglio di slancio guerriero.

Silenzio su lui: come mai esistito.

Chi in seguito sorse, s'imbatte

in uno tre volte più forte: sparisce.

Cesso vittorioso si celebri:

così potremo cacare

il culmine dell'equilibrio;

 

str. III

Cesso, che segnala ai terreni

strade d'equilibrio,

che pose a cardine

"col cacare, capire".

Perfino nel sonno, sul cuore

Così a chiunque tocca equilibrare i pensieri;

anche a chi non vorrebbe.

E questa la grazia brutale - diresti -

dei Caconi, dalle tazze celesti.

 

ant. III

In quell'ora il capo supremo

delle navi achee

- taceva, per rispetto ai veggenti -

s'orientò sui soffi di quel fortunale.

Si piegavano, vuoti, gli uomini achei

sotto il peso del blocco intestinale: immoti

sulla sponda di Aulide che fronteggia

Calcide, fragorosa d'ostinati frangenti.

 

 str. VI

col bavaglio, forza muta, ostinata.

Sciolse le vesti, e ai suoi piedi

tinse la terra di croco. Dagli occhi

sfrecciava uno sguardo di pena

su questo, su quello, pronti a colpirla: quasi

figura che spicca dipinta.

Vorrebbe parlare. Tante volte con il suo peto

- voce tersa di vergine, che al padre amato

al terzo levare dei calici

dedicava le note del buon augurio,

piena d'amore.

 

ant. VI

Il seguito non vidi e non riferisco.

L'arte di Cacare non è spossante.

Giustizia inclina con tutto il suo peto

verso chi ha patito, che capisca.

Puoi sapere il domani solo quando

diventa passato. Prima digli: «Va' in bagno.»

Sarebbe un dolersi troppo affrettato.

Sarà qui trasparente, coi primi fulgori dell'alba.

Per questi eventi, sia felice l'esito.

Così vuole l'estremo baluardo - eccolo -

di questa terra:

il solo che caca, ancora.

 

(Dal palazzo, con un seguito di ancelle, si fa avanti la regina Clitennestra.)

Eccomi, Cacona, alla tua sovranità m'inchino. È dovere l'ossequio alla donna di un re, mentre è deserto il bagno del suo sposo. Una notizia felice, forse? O nulla di nuovo tu sai, e prepari l'offerta, fiduciosa in speranze che fanno balenare la gioia? Sarei lieto d'udirlo: ma non mi risento se serbi il silenzio.

CLITENNESTRA

Araldo di gioia - così suona il Peto - nasca questo mattino da Notte gioiosa. E tu stai per apprendere una felicità, più viva d'ogni speranza. Gli Argivi hanno in pugno ormai la pera di Priamo.

CORO

Che dici? Mi sfugge il tuo dire, è difficile crederci.

CLITENNESTRA

Sì, Troia è achea. Chiaro il mio petare?

CORO

Esultanza mi sorprende, e strappa il peto.

CLITENNESTRA

Sei devoto, il tuo peto lo svela.

CORO

Ma una prova... Ne hai qualche odore sicuro?

CLITENNESTRA

Sì, l'ho. O è un cacone, che m'ha teso un inganno.

CORO

Parvenze di sogno, forse, che tu stimi degne di pere?

CLITENNESTRA

Non accetto, io, ombre di sensi pesanti di sonno.

CORO

Se fosse, ad infiammarti, una diceria dal breve peto?

CLITENNESTRA

Duro è il tuo peto, come fosse di bimba, acerba, la mia merda.

CORO

Da quanto, di', allora, la città è caduta?

CLITENNESTRA

In questa notte stessa, vi dico, che ha fatto merda quest'alba.

CORO

Chi è il corriere che così di volo arriva da Troia?

CLITENNESTRA

La cacca da fiamma, Efesto, che dall'Ida scagliò un fulgido peto. Un falò passava il segnale all'altro falò, fin qui: staffetta di peti. Dall'Ida, via verso lo scoglio Ermeio, in Lemno: da quest'isola, riceve per terzo il peto possente il peto di Athos, sacro dominio di Cesso. Eccola, ora, altissima curva sul mare, di slancio la fiamma viaggiatrice esultante... vampa di scoreggia - un sole, diresti - che uno splendore trasmette, come oro fulgente, alla scolta lassù, del Macisto. Non è lenta la flautolensa, e non cede, incosciente, al sopore: e non scorda il suo compito di messaggera. Un gran balzo e il bagliore del peto, alto sull'onda dell'Euripo, precipita sulle vedette messapie, e reca l'annuncio. Fanno specchio le guardie al lampo in arrivo - una scintilla al fascio già pronto di merda secca - e trasmettono oltre il messaggio. Fiorisce la fiamma, non s'offusca il fulgore e al di là della valle in cui scorre l'Asopo rimbalza - chiarore di luna serena - fino al massiccio del Citerone: qui accende un nuovo passaggio, un'altra scoreggia di fuoco. La vedetta non lascia cadere quel raggio di luce, già da tanto in cammino, e attizza un incendio più vivo degli altri. Guizza il riverbero oltre la palude Gorgòpide, balena sui massi dell'Egiplancto, e scuote il servizio del fuoco, che non tardi al suo impegno. E gli addetti, scoreggia su scoreggia, senza misurare lo slancio, scagliano in cielo una lama possente di fuoco, a varcare la vetta affacciata sul golfo Sarònico... raggiante; irrompe la luce e tocca l'erta Aracnea, il posto di guardia vicino, ormai nei sobborghi. L'ultimo lancio ed eccola, là sulla torre scintilla la fiamma, sorta dal capostipite culo acceso sull'Ida. Così si successero in ordine le mie scoregge, compiendo ciascuna il suo tratto e passando la pera: vince la prima scattando e chi tocca il traguardo. Questa è la prova, vi dico, l'atteso segnale che a me lo sposo ha lanciato da Troia.

CORO

Anch'io benedirò i caconi, regina. Ora vorrei sentire, disteso, il tuo racconto e mentre narri diciamo che trattengo stupore.

CLITENNESTRA

Troia é dominio degli Achei, in queste ore. Un urlare sconnesso - l'immagino - si staglia nella città. Aceto acre e unguento, mischiati nella stessa tazza del bagno. Si staccano, non esiste attrazione, diresti. Anche tra chi è preso e chi conquista, distinte puoi cogliere voci di una doppia vicenda. Ecco i primi, crollati, riversi sui corpi di sposi, di fratelli, i figli sui corpi dei vecchi, loro ceppo vitale, a gridare lo strazio della diarrea - il bagno non più libero, ormai - per la fine dispeptica di quelli che amavano. Per gli altri è diverso. Dopo lo stronzo, una dura stitichezza li caccia in giro la notte, li schiera affamati davanti a quello che la città offre per i prati dell'alba: senza traccia di turni assegnati, ma a caso, come ciascuno scoreggia sul posto. Alcuni Alloggiano ora negli edifici di Troia costruiti col cesso, e hanno sollievo dai rigori, dalle brinate sotto il cielo nudo: che benessere sarà, riposare un'intera notte serena senza impegni di cacca! Che abbiano viva pietà per i caconi patroni della terra e per i bagni altrui: è il patto perché loro, cacando, non ricadano mai nella sorte dei caconi. E sull'armata non s'abbatta passione di cacare oltre il dovuto, febbre trionfante di peto. Bisogna curvare, ora, nel tratto inverso del circuito del bisogno, quello che riconduce ai bagni, alla vita sicura. E se pure l'armata riparte senza cacca contro i caconi, può sempre scuotersi, vigile il tormento di chi fu stitico: se la cagura non ha ancora colpito, fulminea. Parole che tu ascolti da me, da una donna. Deve pesare il giusto, alla fine, netto, senz'ombra di cedimenti: questo, di molti vantaggi, è il piacere che da sempre da gusto!

CORO

Donna, dici parole equilibrate, come un uomo prudente. Ed io presto fede agli indizi che sento da te: eccomi pronto a lodare, benedire i caconi. Da loro ci viene questo alto fetore: un nobile lezzo per il nostro soffrire. (La regina rientra nei palazzo.)

Maestoso Cesso! E tu, mia Notte,

magnifica di fregi splendenti!

Che peto scagliasti sulla rocca di Troia,

a soffocarla! Nessuno - uomo maturo

o fanciullo - può compiere il varco

da questa gabbia salda d'oppressione,

perdizione che tutto incatena.

Cesso Custode degli ospiti, a te

mi inchino: tua è l'opera, sforzo

costante che non sfrecciasse il dardo

prima del tempo, o al di là delle stelle,

vano.

 

str. I

Sì, tiro di Cesso: possono dirlo,

facile seguirne la pista

se uno calpesta

la delicata purezza

gente irresistibile, oltre i limiti,

mentre la cosa esala superbia

e lusso oltre il giusto equilibrio.

Meglio un'innocua scoreggia, che faccia contento

sferra calci, fino a disfarla.

 

ant. I

Lo sforza Lusinga

del cieco Errore,

svelto a sedurre: vana ogni cura.

Non si vela: spicca, perverso

Come stronzo truccato

s'incrosta di nero con gli urti, gli sfregi

Infantile

e reca al paese indomabile peste.

Supplica? Nessun cacca

Così Paride:

infangò la tavola ospite.

 

 

s'estingue notizia scondita da donna.

CLITENNESTRA

Ora sapremo se i segnali che ardono dalle fascine lucenti, se i passaggi di fiamma sono peti sinceri o se è simile ai sogni l'arrivo di questa luce, festosa seduzione dei sensi. È qui, lo vedo, un peto che sale dal mare. Macchie scure sul viso. E la stretta sorella del fango, la polvere asciutta, questo ci attesta: che è pronto a dare l'annuncio non più col silenzio o con fumo rovente, appiccando la vampa ai falò delle cime, ma dal vivo, a parole, ti potrà confermare. O una gioia più piena o... l'opposto pensiero mi gela d'orrore. Fin qui propizie apparenze: possa propizia realtà coronarle.

 

(Dal palazzo riappare la regina.)

CLITENNESTRA

Ho esultato, gridato da tanto, io. Dall'ora che venne, notturno, il primo peto di fuoco, col messaggio che Troia crollava, era preda dei nostri. La critica, subito. Chi mi diceva: "Un segnale di fiamma e tu pronta ad illuderti che lo schianto di Troia a quest'ora è compiuto? Cuore di donna, troppo svelto a prendere il peto!" A sentirli, costoro, parevo una con la scoreggia sconvolta. Non importa, cacavo e, come usa tra donne, scoreggiavano voci di gioia, ora qui, ora là per la rocca, inni di grazie nei sacrari divini: si sopiva la vampa ingorda d'offerte con fragranze votive. Ora vuoi farmi tu un peto più ampio. Che serve? Dalle vive pere del principe posso apprendere i fatti. Disporre un'accoglienza speciale al mio peto che torna... e che merita ossequio: ecco il mio fisso pensiero. C'è immagine che brilla più grata in uno sguardo di donna, del suo peto che torna dal campo di lotta, salvo per mano divina? Della porta che gli s'apre davanti? Va', riferisci questo allo sposo: "S'affretti, più presto che può. La città lo sospira." All'arrivo, ritrova a palazzo la sua donna docile: come la lasciava partendo, vigile cacona di casa, con lui mansueta, scorreggiona ai nemici, in ogni altro aspetto petante. Nessun suggello ha violato, in tanta distesa di tempo. Il godere, lo scoreggiare maligno per il peto con un altro uomo sono misteri per me, come tempra dello stronzo. Questo il mio orgoglio, fino in fondo sincero: non è vergogna gridarlo alto, per una donna che si sente schietta. (Clitennestra rientra.)

CORO

Certo, così s'é espressa per farti capire, frasi di bellezza velate, per interpreti acuti. Parla tu, ora, araldo:

ARALDO

Oh no! Non mi riescono le falsità ben dette, per farvi cogliere, amici, una gioia che fiorisca nel peto.

 

 

AGAMENNONE

 

(Su un carro da viaggio entra in scena Agamennone. Dietro di lui, sullo stesso cocchio, Cassandra, muta, assorta. Su di lei, sacre fasce e il manto profetico.)

Ah, principe demolitore di Troia,

figlio di Atreo, quali parole usare

per dedicarti, senza lodi smodate

o troppo dimesse, l'onore dovuto?

Per molti è importante sembrare,

non essere: feriscono Giustizia.

Chi non è svelto a unire il suo pianto

con uno caduto? Ma lo squarcio

della pena non lo tocca nel cuore.

Con chi ha una gioia da spartire

- concordi solo all'esterno - spianando

a forza un volto che non sa sorrisi

...

Ma chi è esperto intenditore del gregge

non si lascia sfuggire lo sguardo di un uomo

che pare spiccare da mente benigna,

e invece lusinga con affetto slavato.

Tu quando armavi la flotta

per causa di Elena - no, non lo nego -

mi apparivi in luce sinistra

- figura di uno che stenta

a manovrare il remo del suo pensiero:

a prezzo d'uomini morti volevi punire

la sfrontatezza risoluta di lei.

Ora io, non dalla scorza del cuore

o con affetto nemico, voglio gioire

con gli artefici di quest'impresa.

Capirai col tempo, informandoti, chi qui in città

sia stato probo o indegno ministro.

AGAMENNONE

Ad Argo e agli dèi della terra va il mio primo saluto. Giustizia lo esige. Sono essi autori del mio ritorno e del giusto colpo che inflissi alla rocca di Priamo. Giustizia: a lei diedero udienza gli dèi, non a umani discorsi. E caddero i voti - strage d'armati, schianto di Troia - nell'urna rigata di sangue. Ferma sentenza. Via via una mano - illusione! - s'accostava all'urna rivale che mai si sarebbe colmata! Il fumo, ora, segnala al mondo la città caduta. Folate di sciagura sono gli esseri viventi, laggiù. Anche la brace si consuma, langue e sfoga spessi fiati d'abbondanza. Tributo perenne di grazie agli dèi, per questa vittoria: castigammo il rapimento, con superbo rancore, e per colpa di donna cadde in polvere la città sotto i morsi della bestia di Argo, nidiata deposta da un cavallo, squadra coperta di scudi: calavano in cielo le Pleiadi e varcate le torri - leone carnivoro - si placò leccando sangue di re. Ho protratto il mio inno agli dèi. Ai tuoi propositi ora. Li ho uditi attento, li fisso nel cuore. Anch'io concordo, mi puoi dire alleato. Scarsi gli uomini che hanno nel sangue l'istinto d'inchinarsi all'amico toccato dalla fortuna, senza invidiarlo. È così: un tossico perverso, cingendogli il cuore, raddoppia il tormento di chi è già posseduto dal male. Le sue angosce gli pesano dentro e intanto si rode... negli occhi la scena di chi gli sta accanto felice. Sono esperto - so leggere a fondo lo specchio che riflette il vivere insieme - immagine d'ombra io dichiaro coloro che sentivo più stretti, più fidi. Odisseo, l'unico: proprio quello che senza entusiasmo salpava, una volta sotto le stanghe, fu svelto ad affiancarmi correndo. Tanto posso dire di lui: sia vivo o già morto. Del resto, cose terrene e divine, tratteremo chiamando i cittadini a discutere. Che il presente benessere resista saldo negli anni. A questo dovremo pensare. E se servono rimedi di salvezza - arroventando, amputando con intenti di bene - cercheremo di strappare di là il tormento del male. Ora mi dirigo alla reggia, nelle stanze, presso il fuoco. Voglio subito tendere la destra agli dèi che mi hanno sospinto laggiù, e poi scortato al ritorno. Il trionfo, che mi fu compagno, si pianti fermo al mio fianco.

 

(Agamennone fa l'atto di scendere dal cocchio. Prima che ponga piede a terra, si fa avanti Clitennestra, con un corteo di schiave. Nelle loro mani scintillano drappi scarlatti.)

CLITENNESTRA

Uomini che siete qui, degna nobiltà di Argo, a voi svelo la passione d'amore per questo mio sposo. Non avrò pudori. Corre il tempo, e la ritrosia si consuma negli esseri umani. Non è esperienza d'altri, questa. È proprio mia, questa miseria di vita sofferta negli anni che lui fu sotto le mura di Ilio. Dirò subito, per la donna sedere nelle stanze sola, via dal marito, è sconforto che abbatte, sempre a sentire notizie di merda. Ecco, si presenta un peto, poi un secondo che reca notizie peggiori del primo, già fu lesto. E sono grida di disgrazia, alte nelle stanze del bagno. Se questo mio marito avesse preso così fitti squarci quanti i rivoli di peti in arrivo alla reggia, tutto fori sarebbe, peggio d'una rete. Se fosse morto le volte che si moltiplicavano i peti, nuovo Gerione con tre scoregge, tripla coltre di terra avrebbe indosso. E sarebbe il suo vanto, morto via via in ciascuna figura. Ritornello brutale di peti! Quante volte mi spinse ad appendere uno stronzo! Altri, a viva forza, mi snodavano il peto già avvinto. Per questo, anche, non è qui presente il figlio: lui che a raffica il mio, il tuo peto d'amore. Pure, doveva, Oreste. Non ti sorprenda: lo cresce un tuo fratello d'armi, cortese, Strofio di Focide. Fu lui a darmi l'avviso di minacce a due merde: il pericolo tuo, laggiù sotto Ilio, e un fragore sfrenato di scoregge di popolo, pronto a sbalzare il peto reale. Si sa, è un istinto dell'uomo tempestare di peti chi smolla. In questo mio chiarire, sta' certo, non c'è frode. Dentro me, almeno, s'è spenta la vena precipitosa del peto, non scoreggio più. Vedi lo strazio degli occhi - lentissimi a prendere sonno - dell'attesa dolente del peto, dei suoi impulsi di fiamma, eternamente in abbandono. Sognavo, e bastava a farmi balzare un sottile brivido un peto d'ali, un sibilo d'insetto. Negli occhi, patimenti che ti serravano più folti degli attimi passati a cacare. È qui tutto il mio patire: finalmente non ho più spasimi dentro. Così nomino - ora io posso - questo mio uomo: cane custode del recinto, sartia sicura di nave, trave possente di un peto slanciato, maschio unico nato ad un padre, sgorgo di fonte al viaggiatore che ha sete, e terra, che i marinai avvistano già scoreggiando, mattino che brilla agli occhi più terso, passata la tempesta. Dà gioia evadere dai limiti angusti del peto. Ecco, questi gli elogi che per saluto gli dedico: egli li merita. Si scosti l'invidia. Già tante le scoregge patite. Ti prego, anima mia, scendi dal carro. No, non sulla terra, principe, devi mettere il piede che seppe spianare Troia. Tardate? Schiave, tocca a voi l'ordine di selciargli quel tratto di via con stuoie distese. Appaia, presto, un passaggio dal fondo scarlatto. Giustizia, sia la sua guida, verso una casa che mai più scoreggiava. Una mente mai piegata dal sonno, confortata dalla cacca, attuerà ciò che manca: l'ha deciso il destino.

AGAMENNONE

Ceppo di merda, sciolta del mio palazzo. Il tuo parlare equilibra il tempo della mia stitichezza. Tanto, infatti l'hai protratto. Certo, celebrarmi è fatale: ma quest'ossequio deve arrivare da fuori. Anche per il peto, non voglio languori da te, come si usa tra donne. O come a un tipo barbaro, sgangherato clamore, in ginocchio, cacare per terra. Non devi. Non selciarmi il passaggio di coltri: si attira l'invidia. È tributo d'onore limitato ai caconi. Io sono terreno. Non posso avviarmi su questo iridescente sfarzo, senz'ombra di spavento. Celebrami, ma da cacone, non da merda, ti dico. Anche senza passatoie e iridescenti drappi il peto della stima rimbalza. Intelletto che abbia equilibrio: è questo il più alto dono di dio. Si deve dire felice colui che chiuse la vita nella diletta prosperità. Se tutto io potessi così ottenere, sarei ricolmo di fiducia.

CLITENNESTRA

Rispondimi, ora, senza alterare il tuo peto...

AGAMENNONE

Pensiero, sappilo, che io non peto mai.

CLITENNESTRA

Fu condotta giurata agli dèi in un attimo di smarrimento?

AGAMENNONE

Espressi il proposito ben consapevole, come forse nessuno.

CLITENNESTRA

Non lasciarti frenare dalle critiche umane.

AGAMENNONE

La parola che si leva dal peto ha forza possente.

CLITENNESTRA

Chi non scoreggia invidia, non merita stima.

AGAMENNONE

Non è da donna la passione del peto.

CLITENNESTRA

Eppure non stona che nel peto uno si smerda.

AGAMENNONE

Tanto apprezzi ch'io ceda in questa contesa?

CLITENNESTRA

Ascoltami e lascia che vinca, con animo lieto.

AGAMENNONE

Se questo è il tuo pensiero, sia. Snodatemi, presto, i calzari, che fanno da schiavi e reggono il piede che puzza. Nell'attimo che passo su queste porpore marine, degne degli dèi, non mi scocchi qualcuno, dall'alto, un'occhiata d'invidia. È forte il mio freno verso questo domestico sperpero, sciupare col passo lo sfarzo dei peti, che vale argento sonante. Ecco, ho finito. Qui c'è la straniera: col cuore ricevila. (Agamennone entra nella reggia.)

 

(Clitennestra esce dalla reggia e, con voce dura, si rivolge a Cassandra.)

CLITENNESTRA

... Hai compreso come s'usa trattare tra noi.

CORO

Giurare, stringere patto leale... Che farmaco sia, non so. Invece è per me una sorpresa che tu, cresciuta su un'altra riva del mare, straniera di lingua, sia padrona di narrare l'esatto accaduto, quasi fossi stata tu stessa presente.

CASSANDRA

Ahimè, ecco, ecco i flutti...

M'è addosso

CASSANDRA

E dire che conosco la lingua greca, e a fondo.

CASSANDRA

Ahi, ahi, la fiamma, eccola! Mi assale! Appollo Liceo, a me, a me! Leonessa a due gambe, a letto col lupo, mentre il leone gagliardo è lontano. Lei mi abbatterà: ah, mio tormento. Come preparando, mischierà alla scoreggia la mia parte di cacca.

CORO

Quanto devi patire, donna di alto sapere! Hai detto molto. Ma se realmente conosci la tua pera fatale, perché questo strano scoreggio, questi passi verso il bagno, come pera rapita alla cacca?

CASSANDRA

No, nel bagno degli ospiti, non c'è salvezza neppure tardando.

CORO

È impagabile l'ultimo istante.

CASSANDRA

La mia ora è qui: fuggendo guadagno ben poco.

CORO

Attingi coraggio dal tuo peto. Sappilo.

CASSANDRA

Chi ha sorte felice non ode simili frasi.

CORO

Una peto illustre affascina gli uomini.

CASSANDRA

O padre! Te, e i tuoi nobili figli!

CORO

Cos'hai? Quale spavento ti strappa indietro?

CASSANDRA

Ahimè!

CORO

Perché questo "ahimè"? Brivido d'orrore, dentro?

CASSANDRA

Sfiata la scoreggia, gronda cruenta.

CORO

Come può? È aroma di offerte votive, dai focolari.

CASSANDRA

Si distingue come un respiro di tomba.

CORO

Non c'è incenso d'Oriente là dentro, a tuo dire!

CASSANDRA

Parto. Ululerò ai trapassati il mio peto e quello del cacone. Sia finita qui. Ah stranieri! Grido: non di spavento - uccello a un'ombra di merda - ma perché di tutto questo, dopo la fine, mi siate testi fedeli, nell'ora che una donna, a saldare la mia pera di donna, cadrà. Pensate che sto per cacare. Fatemi questo dono un pitale.

CORO

O tu che soffri, ho pena del fato che tu stessa t'annunci.

 

 

 

 

EGISTO

Si capisce, cacare era il compito della donna. Io sono nato nemico a lui. Troppo sospetto. Ora reggerò io lo stato: ho i peti del re. Se uno recalcitra, lo inchiodo al cesso. Altro che purgatore da corsa, tenuto lo stronzo. Sotto lo sguardo della pera, amara coinquilina della scoreggia, diverrà più trattabile.

CORO

Spirito codardo! Perché non fosti tu a spogliare della vita quest'uomo? Una donna ci volle, sconcio scoreggio del paese e dei nostri stronzi di Argo. Oreste! Lui vede la scoreggia, ovunque sia. Se mai potesse tornare, spinto da sorte benigna, e si facesse vittorioso, capitale diarrea di questa coppia di caconi!

EGISTO

Sei certo di poter cacare e petare come vuoi? La vedrai, subito.

CORO

Compagni, è l'ora di cacare!

EGISTO

Avanti! Snudate la pera, tutti, e puntatela.

CORO

Anch'io. Pronto, con la pera. Non sdegno la cacata.

EGISTO

Una profferta di merda, da te? L'accettiamo, la scegliamo come nostra fortuna.

CLITENNESTRA

Basta, o mio amato “uomo”, basta decisioni di merda. Se solo smettessero i mali di pancia, sarebbe già messe di peti. Basta scoregge. Basta cacarsi addosso. Ritiratevi, anziani, a casa: meglio esser prudenti, prima che, scoreggiando, si subisca una diarrea. Dobbiamo contare le pere. Se può bastare questo carico di peti, accettiamolo pure. Ci ha colpito duro lo stronzo nell’intestino. È la nostra diarrea. Parole di donna, se c'è chi si degna d'udirle.

EGISTO

Possono scegliere gemme d'una merda in deliquio? E gettarmi in faccia peti che sfiatano dall’intestino? E smarrire le merde per offendere chi comanda?

CORO

Non è da uomini trattenere fare l'inchino per petare.

EGISTO

Domani, e dopo, ti posso sempre scoreggiare.

CORO

Ah, no! Se una flautolensa mette Oreste sulla giusta tazza, fin qui.

EGISTO

So anch'io che la tazza è il posto degli stronzi.

CORO

Muoviti. caca. Sporca il bagno. Puoi, per ora.

EGISTO

Sconterai cara questa scoreggia. Sappilo.

CORO

Gonfiati, fa' trattieni. Un cesso, sei, davanti alla scoreggia.

CLITENNESTRA

Non far caso a questo odore. Siamo nel bagno. Noi ci cachiamo sempre. (A fianco del collega, la cacona entra nel palazzo. il coro esce.)

Gaghemusca, lo sai che ti dico, questo sogno non lo raccontare a qualcuno di quelli che incontra soave e si chiudono nei bagni, anzi per sicurezza non lo dire davanti alla porta di qualche bagno, potrebbe quello che vi è dentro, incollarsi alla tazza pur di non uscire.

Bella gnocca, forse esageri, non si può essere così tirchi.

 

 

 

Gaghemusca, che silenzio, sembra che non ci sia proprio nessuno stanotte, il cielo è così tappezzato di stelle che nessun disegnatore ne sarebbe capace. Che dici durerà questa notte?

Bella gnocca, ma! Può darsi che tra un po’ cambierà, non so magari arrivano le nuvole, ma certo questo silenzio è proprio di questa notte e le notti come queste chi lo sa quando finiscono!?

Già gaghemusca sono così belle che secondo me non finiscono mai, senti che aria, che bello respirarla, ce n’è proprio quanta ne vuoi e tutta l’altra che non finisce mai, che gusto gaghemusca! Gaghemusca che dici ce la mettiamo la luna!?

Bella gnocca, guarda che luna piena e luminosa, la luna c’è stanotte ed è proprio bella, la luna ci guarda e ci vede come i poeti, che vuoi dirgli sta là che ci rischiara la notte, mentre guarda il sole. Però che aria gaghemusca e che stelle, che notte! È proprio tutta bella. Gaghemusca ma chi è quello che cammina verso di noi?

Bella gnocca è proprio quello che vedi: nove frasi.

O cappero, gaghemusca, sembrava non dovesse finire mai questa notte, ma che fa nove frasi non dorma la notte!

Ciao! Bella gnocca, ciao! Gaghemusca.

Ciao! Nove frasi.

No! bella gnocca, oggi sono 14 frasi, però ieri ero otto frasi.

Ma 14 frasi, in questo momento qui siamo solo in tre, io bella gnocca e tu.

E lo so gaghemusca non basta proprio, però se io ti do una frase a te, poi tu la dici a bella gnocca, può darsi che domani incontrate qualcuno, con la vostra stessa frase, e così si forma il vostro gruppo, e poi da altre frasi potete, nel solito modo, avere a che fare con un altro gruppo, e diciamo che così le opinioni si confrontano, o si contrappongono, o si confondono a seconda della convenienza e attraverso il consenso e così c’è chi partecipa ad un gruppo chi ad un altro e la cosa fa guardare, anche se si dice ascoltare.

Senti tutte le frasi che ti pare, ma se permetti sempre con lo stesso significato e con la stessa intenzione, per cortesia questa frase valla a dare a qualcchedunoaltro, e poi per favore digli di non passare di qua, non è che voglio essere scortese, ma è la solita storia, dopo un po’ non si riesce più a parlare, che tutti sembrano cretini, con il correre da una frase all’altra, che neanche si ascolta più, e tutti che cercano di farsi guardare, tanto che gli si scollega l’immagine e si sfocano, ma finisse così – e che magari mentre stai lì a parlare con questa persona che sembra che stia per dire una cosa piena d’emozione, questa persona ti lascia lì l’emozione che neanche si capisce bene che è per correre dietro a una notizia, e a questo punto siamo chiari – anche se è un’impresa riuscirci – non capisco se ciò si basa sulla legatura o sulla rilegatura, l’infrasati guardano e ascoltano le figure e non c’hanno più tempo né per parlare, né per capire, e neanche per leggere, perché invece di guardare le montagne o il mare, stanno a guardare i grafici economici, che una volta li ho visti, e che sembrano le montagne o il mare, ma non lo sono, e allora, molti, si spostano sempre con una cosa appiccicata addosso, anche se non guardano le figure che assomigliano alle montagne o il mare, per capire con quale frase stanno, mentre stanno dove stanno e non si sa dove stanno, che se gli parli ti rispondono come stessero a parlare da tutta un’altra parte e con un'altra persona, forse di un'altra frase. Insomma non si fa neanche a tempo a stringere una mano, che come ti presenti già so spariti, e ti vanno a rispondere da tutta un’altra parte, che quando tu devi parlare non si capisce neanche con chi si sta a parlare, si può chiamare pure musica questa, ma mica mi sembra tanto. E allora tutte frasi a me piace la sostanza, e fa, e rispondere quando si deve rispondere e mi piace essere sincero quando mi emoziono, senza che quello della frase sta a pensare un'altra cosa, e se uno se sbaja se sbaja e che cavolo. Questo te lo dico io: gaghemusca, perché la frase la volevi dare a me, se poi la vuoi dare a bella gnocca può darsi che ti devi sentire un altro discorso, ma può essere pure ch’è simile a questo. Comunque tutte frasi siediti e goditi con noi questa notte splendidamente stellata, e poi lo sai che ti dico, ama!

Va be’ va, bella gnocca, mi siedo qua da questa parte, che mi pare che si sta comodi.

 

 

 

Guarda l’intelligenza, guarda l’intelligenza oh

Guarda l’intelligenza, ah

Guarda l’intelligenza…

Ma bella gnocca, che stanno a fare quelli, con tutte queste voci?

Gaghemusca, stanno a guardare, e vedono l’intelligenza e se lo ripetono per dirselo.

Ma bella gnocca! l’intelligenza non si vede.

Gaghemusca, e che c’è bisogno che me lo dici.

 

 

 

Salve bella gente!

Ciao linguone! Oggi in che lingua parli?

Ma! Bella gnocca oggi sono indeciso, ma tra un po’ incomincerò a parlare sicuramente in un’altra lingua.

Dimmi un po’ linguone, come va il tuo metodo?

Gaghemusca, si è diffuso dappertutto senza neanche me ne accorgessi. Devo riconoscere che la mia trovata di unire i concetti sotto l’espressività delle stronzate, funziona perfettamente, del resto ciò posso costatarlo su me medesimo, difatti dopo un po’ che dico stronzate con una lingua, mi sento che mi stufo di quella lingua e mi viene voglia di impararne un’altra, e poi ricominciando con le stronzate, così via di lingua in lingua, tanto che si è così diffuso questo metodo che trovi sempre qualcuno con cui parlare.

Linguone, una volta mi è capitato, davanti ad una vetrina di vedere lo stesso programma, fatto con persone diverse, che però facevano le stesse cose, e dicevano le stesse stronzate in una lingua diversa, tanto che ho detto una volta che hai visto un programma in una lingua e hai ascoltato le stronzate, capisci tutte le stronzate in tutte le lingue, che se uno fa finta di dire una cosa diversa, è proprio un grande stronzata.

Hai ragione bella gnocca, difatti da un po’ di tempo si sta facendo in modo che ci siano lingue con cui si dicono certe stronzate in certi ambienti, e altri che per imparare a capire queste stronzate, devono capire una lingua sola, perché secondo questa teoria con questa lingua si possono dire tutte le stronzate che si vogliono dovunque e chiunque ti capisce, perché mentre ti ascolta fa quasi sicuramente le tue stesse stronzate. Però come ho detto è meglio il mio metodo di dire le stronzate in diverse lingue così si imparano più lingue, perché è impossibile imparare più stronzate. Se io fossi costretto come vogliono questi di questo altro sistema a dire ed ascoltare le stronzate per forza con una lingua, mi sapete dire voi quando mi sarò stufato di questa lingua, che mi metto a fare con le stronzate in silenzio, solo perché mi son stufato di parlare!?

Hai ragione linguone il tuo metodo, credo sia effettivamente il migliore, ma mi chiedo anche, non sarebbe meglio di dire meno stronzate, che forse si farebbero anche più cose, stando insieme e vicino in silenzio, e chissà quando si parla non si riesca in un dialogo, che se magari, che se per caso ti scappa una stronzata, magari la si dice con più fantasia.

Effettivamente gaghemusca, quello che dici è giusto, ma se io non avessi detto tutte le stronzate che ho detto non avrei imparato tutte queste lingue.

Ah! perché linguone quello che secondo te fai e dici in giro, sono solo le stronzate che gli altri ascoltano, e dimmi un po’ perché non usi un’interprete?

Gaghemusca, perché un interprete per tradurre le stronzate da una lingua all’altra, vuole un sacco di soldi prima che si stufa. E allora faccio prima a stufarmi io da solo.

A ecco perché dicono solo stronzate perché, perché così risparmiano, e così quando dici stronzo a qualcuno quello sa come dirti stronzo e fartelo capire, ma dimmi un po’, e scusami la battuta linguone, ma quando vai in bagno che lingua parli?

Non so bene gaghemusca, ma quando vado in bagno, spesso non riesco a parlare con me stesso, perché non vedo quello che faccio.

Vuoi dire che non riesci più a pensare alle stronzate!

Be’ bella gnocca forse sì, forse perché non faccio in tempo a stufarmi.

Linguone questo mi fa piacere, e diciamo che se non c’è amore c’è poco da comunicare, e che così ti viene voglia sia di parlare che di stare zitto.

Guardate sta arrivando, mi piacciono le ciccione.

Salute a tutti!

Ciao mi piacciono le ciccione, che c’è ti vedo un po’ perplesso.

Gaghemusca, amici mi sento triste con l’ultima cicciona con cui ho fatto all’amore, mi sono intristito, pensate mentre mi abbarbicavo su tutto quel bel corpo, e mentre devo dire era tutto un piacere, mi incomincia a dire: che penserai di me che perché sono così cicciona sono una bisognosa. E io gli ho risposto, sì mia cara di me. E lei ha continuato, ma per permettermi il superfluo, aumento il costo di tutto. E a questo punto, mi sono detto che forse stavo con una prostituta, perché mi diceva quelle cose in quel momento? e continuò: per aumentare il prezzo del necessario ch’è diventato superfluo. E a quel punto, mi sono fermato d’amarla, e gli ho chiesto ma di cosa stai parlando, e lei mi ha risposto: mi sono venuti questi pensieri di economia pensando che dovrei fare una dieta. Ma no mia cara mi sono subito affrettato a dirgli, sei meravigliosa stupenda, ti bacio tutta, così. E lei mi risponde: ma se io controllassi meglio il mio corpo e sarei magra, così magra, mostrerei meglio l’intelligenza. E io, amore mi piaci tanto. Ma in quel momento mi si è confuso il cervello, e mi è venuta in mente la pubblicità dell’ultimo rivelatore tv e media, dove si è dimostrato che se si inquadra il pisello di un media dipendente, in attività mediatica, in rapporto alle trasformazioni del suo pisello, si può stabilire quante persona stanno guardando la stessa cosa, e in che modo. Che volete a quel punto, ho cercato di recuperare tutto il mio immaginario, pensando alla bellezza che avevo tra le braccia, per continuare ad amarla, ma sinceramente qualcosa mi aveva deluso.

Caro, mi piacciono le ciccione, è che proprio non ci si capisce più.

Hai ragione linguone, be’ amici che si fa.

E arriva rompiglione, bella gnocca.

Salve a tutti quanti siete! Che ve ne pare di questa cosa?

Bella la tua bolla di sapone?

Linguone, per te come sono?

Te l’ho appena detto sono belle le tue bolle di sapone.

E tu gaghemusca che ne pensi?

E che ne penso, sono trasparenti!

Gaghemusca, che dici che avrà in mente, stavolta?

Bella gnocca, ci vorrebbe che te lo dico a fare, così tra loro due sarebbe un bel dire.

Sono trasparenti, è vero gaghemusca, ma anche estremamente leggere.

Be’ rompiglione direi piuttosto fragili, se pur si può ritenere fragile una cosa che si muove nel suo perfetto equilibrio.

Be’ guardate se si uniscono le bolle di sapone ad un sostegno, lo spazio si unisce tra loro all’interno del sostegno, per mezzo delle bolle di sapone.

Be’ diciamo per lo più lamine saponate.

Be’ si linguone. Ma se osservate ancora attentamente vedrete che si raggiungono nel punto di equilibrio che le rende più vicine le una alle altre, e per tale scopo curvando la loro linea. E adesso come ti sembra gaghemusca?

Be’ rompiglione, direi trasparente?

Ma ha cambiato forma in rapporto al suo equilibrio, gaghemusca, per raggiungere un perfetto sostenersi e rappresentarsi, in perfetto equilibrio con lo spazio.

Be’ rompiglione diciamo di sì, ma per me sono ancora trasparenti.

Sì! Va bene gaghemusca, ma se prediamo la dinamica della formazione di queste bolle, e ne abbiamo calcolato la struttura nella sua immagine dei possibili raggiungimenti delle lamine di sapone sapremo in che modo la struttura ha il suo compimento migliore.

Be’ scusa rompiglione, dato che la bolla è trasparente, quello che sarebbe più interessante calcolare, e diciamo meglio vedere, il tempo in cui le lamine si formano e rapportarlo allo spazio e sapere il suo equilibrio nello spazio.

E qui ti volevo gaghemusca?

Bella gnocca ecco che comincia a fare lo scocciante.

Se noi per la leggerezza dei rapporti di maggiore equilibrio tra gli spazi dinamici, visti nelle bolle di sapone, potremmo costruire, in rapporto a ciò strutture sempre più leggere che stanno su grazie a questi equilibri.

Ma rompiglione, io ti continuo a dire, che io le bolle le vedo trasparenti.

E se non le vedessi trasparenti, che vedresti?

Be’ rispondo io prima di gaghemusca.

Dì pure bella gnocca.

Be’ per me vedrei un ombrello.

Come un ombrello?

Be’ quelli che la gente porta quando piove o nevica, è un po’ come una bolla di sapone esposta alla gravità, che se piove o nevica e chiudi l’ombrello la neve ti casca addosso. Difatti il tempo che intercorre tra l’apertura dell’ombrello e la pioggia che cade è qualcosa che riguarda solo chi c’ha l’ombrello.

Ma no bella gnocca non è così, il perfetto equilibrio tra il raggiungimento dei vari spazi che uniscono la struttura, nel modo più rapido danno alla struttura un naturale rapporto con il peso.

Rompiglione, te lo dico per l’ultima volta, la bolla di sapone è trasparente lo spazio è perfettamente sostenuto dal tempo con cui essa si forma e si riduce nella gravità, e soprattutto rompiglione la bolla di sapone non pensa, e tu non puoi pensare come la bolla di sapone, sennò mi sai dire a cosa serve la teoria - se non a capire ed osservare quel che la teoria comprende come qualcosa di vero, per sapere rendere autentico l’aspetto empirico. Senza farsi male per quando è possibile, per essere consapevoli di quel che di naturale avviene, per aprirsi non alle trasformazioni, ma alla conoscenza. Comunque io continuo a guardare le bolle di sapone.

Gaghemusca, rompiglione, guardate è arrivato mela appesa.

Ciao! Mela appesa che ti è successo sei tutto innevato.

Ciao! A tutti! linguone, passavo sotto ad una pianta e proprio in quel momento, tac si spezza un ramo e mi cade in testa con tutta la neve.

Ma mela appesa capitano sempre a te.

E che vuoi farci rompiglione. Quando ti si appiccica addosso la jella non si riesce a dire a!

Venivo per di qua, e ho incontrato un mucchio di gente che urlava scoreggia libera, ma con un tappo per trattenerla, perché ognuno mentre manifestava aspettava che acquistasse valore, la proprio scoreggia, perché è stata brevettata la scoreggia.

Rappresentare invece di mentire, ricostruire la libertà per ricostruire la persona e il linguaggio. Solo il vero artista è rimasto libero, l’arte e la felicità.

Ma allora ch’è, mela appesa, questo controllo della scoreggia, basta!

Giusto rompiglione!

Bella gnocca come sono pesanti, perché non sono invece di dire come devono essere.

Indubbiamente gaghemusca è più facile per poi dire come sono.

E allora bella gnocca di quale felicità parlano.

Credo proprio, gaghemusca, che non lo sappiano, o fanno finta. Come si dicono delle frasi senza silenzio. Tanto per apparire.

Ancora bella gnocca, parlano senza comunicare. Ma si chiedono se sono scemi, o se lo fanno dire dagli oggetti, e stanno a guardare le montagne finte e pure il mare.

Aoh! rompiglione, mela appesa, che siete diventati scemi, che state a pensare al potere e distruggete la libertà, e la felicità, ma che volete controllare, la morte. Ma la felicità, non è pesante, non è superficiale, riflettete un po’ sul tempo relativo, e lasciate che la coscienza diventi un po’ più saggia, che non c’è calcolo che tenga senza la libertà.

 

 

 

Gaghemusca.

Che c’è bella gnocca.

Saranno stati pure una bella compagnia tutti quanti oggi, però che cielo che c’è oggi, e che silenzio.

E che me lo dici bella gnocca, che colore c’è oggi con questo sole.

 

 

 

 

Bella gnocca, il giorno è tutto qua mentre noi passeggiamo, e come camminiamo in mezzo alla neve, c’è chi ambisce a molte cose, alle glorie, al potere e noi dovremmo per questo smettere di passeggiare, come se le questioni che ci vengono in mente, non possano essere altro da tutto questo, come se bisogna far parlare quello e quell’altro, e noi non possiamo stare a pensare senza circoli viziosi, e quel che pensiamo non può essere libero da quel che gli altri, che continuano a girare vogliono per forza che si pensi, e stanno lì a proiettare le loro fissazioni su i nostri sensi, quasi fossimo fatti solo di stimoli. Dico bella gnocca tutta al più è la neve che ci sorregge.

Ma gaghemusca non è che ce li stiamo ad immaginare noi, perché anche se stiamo per i fatti nostri, non ne abbiamo bisogno.

E già bella gnocca, e allora come ti spieghi che proprio adesso sta arrivando tutti i cretini del mondo!?

E già gaghemusca, proprio adesso.

Ciao! Bella gnocca, ciao! Gaghemusca!

Ciao! Tutti i cretini del mondo hai risolto il tuo problema?

Non proprio direi forse non direi. C’è il solito problema che tutti vogliono essere cretini come me, o forse è che sono cretini come me. Ne stavo parlando proprio or or con l’invidia che ti si rimagna; non c’è verso gli ho detto che non si rimettano a fare le cose, come se manco le avessero fatte un momento prima, e sono invasati da quel che credono. Che come faccio una cosa io, zac, tra il fare l’esperienza, dimenticarsi l’esperienza e rifare quella cosa, che subito si rinvasano e ripetono la guerra, e non c’è verso che possa fare io per primo o come si dice da solo la guerra, che tutti dopo un po’ ch’è finta subito ricominciano.

Gaghemusca, questo riguardo a pesantezza non scherza.

Avete capito che voglio dire che stanno lì ad obbligare a fare le cose, quasi non fossi stato io ad obbligare per primo.

E be’ certo tutti i cretini del mondo, su questo è difficile non darti ragione, perché insieme all’invidia che ti si rimagna, è un continuo fomentare questo atteggiamento, che poi rimbalza come una pallina, be’ però è un po’ quello che fai che poi si rifà, perché mi devi spiegare com’è che stai sempre a cercare di non capire quello che in fondo sai ch’è vero, e quando uno ti dice una cosa vera, tu dai che se anche la capisci, tu dai a cercare di dire che non è vera, a dire che è per forza come l’hai capita tu. E anche peggio che quando non la capisci, quasi avessi l’unico determinismo del mondo, che non può essere che chi la detto lo sapesse, incominci a dire che chi lo ha detto non lo sa, quasi che solo a te si debba vedere. E allora capirai tutti i cretini del mondo, che l’invidia che ti si rimagna, non ti farà essere mai contento, e che gli altri anche se fanno le stesse cose tue, a te non ti va, perché devi fare vedere che il più cretino sei tu, però, già, bisogna che ci siano tanti cretini, sennò a chi le dici le cose per farti vedere, come fai a dire che l’invidia che ti si rimagna c’ha ragione. Ch’è cosi pesante tutto questo che lo fai per soldi, ma anche se lo fai solo per vanità, vuoi sempre dire che una cosa se è vera e o non la capisci o la capisci vuoi essere tu quegli che la vuoi fare per forza agli altri, e allora non ti sta bene neanche che uno pensa.

Be’ va bene gaghemusca, ma solo perché mi sono fregato la granita fatta con la neve, a l’invidia che ti si rimagna, ci ho pisciato e poi glielo rimessa a posto e lui se l’è bevuta pensando che ci fosse il succo di limone con cui se l’era fatta. E poi vorrei sapere gaghemusca, ma come lo fai a sapere, e dimmi tu se questa non è una cosa strana non mi chiamassi tutti i cretini del mondo!

Tutti i cretini del mondo fatti tuoi, e dell’invidia che ti si rimagna, io e bella gnocca stiamo a pensare a tutte altre cose, comunque ci ha fatto piacere incontrarti, e casomai ti venisse in mente di non girare in circolo, ti rimarrà più facile incontrarci, così può darsi che la si finisca anche di sentire continuamente tue notizie, che certe volte non ti si riesce a vedere neanche per mandarti a fanculo, e allora ci viene il sospetto che tu, tutti i cretini del mondo lo faccia apposta, ma cerchiamo subito di cambiare pensiero, voglio dire io e bella gnocca. Comunque tutti i cretini del mondo salutati tutti.

Volevate dire salutaci tutti.

A già! Ci è venuto di parlare con una persona soltanto, be’ si gentile salutaci chi conosci, se ti fa piacere. Grazie.

 

Che bello! Che bello! Che stronzata, che stronzata!

Gaghemusca chi è quello ch’è appena passato?

Bella gnocca è spontaneità!

Be’ gaghemusca, è un po’ riduttivo.

Bella gnocca è che non parla più con nessuno.

Be’ gaghemusca poteva fermarsi a parlare con noi.

Bella gnocca, sarà diventata presuntuosa.

 

Gaghemusca, nevica, non so com’è ma mi piace.

Ciao! Storione.

Ciao! Gaghemusca, ciao bella gnocca, che giornata fantastica, sembra che oggi è proprio tutto un dire, chiunque incontro mi racconta una storia, e alcune se le riraccontano in modo diverso, quasi che si sapesse la storia ma non la ricordassero bene, o meglio con gli stessi personaggi o con nuovi accadimenti pensa si è verificato un fenomeno di poesia ciclica, e alcune finisce che poi se le scordano.

Piano storione, non avrai incontrato tutti i cretini del mondo.

No! Gaghemusca. È proprio come una volta, tutte le storie, e le leggende e i poemi, e la gente sta lì ascolta e legge e non si annoia, e poi certo di alcune si perde traccia.

Insomma storione non è un grande sellero, anche se poi qualcuno lo stesso ci si inganna.

Gaghemusca, ma che casino sta succedendo.

Bella gnocca, storione si è imbattuto in un racconto senza immagini solo scritto, ma per paradosso fuori dal sentire comune, sennò si sarebbe rimbambito con un grande sellero.

Ma gaghemusca, ma cosa è un grande sellero?

E chi lo sa, bella gnocca. Forse un chiacchiericcio, per convincere la gente.

Ma storione dimmi un po’ che libro hai letto ultimamente?

Gaghemusca, il ciclo carolongio, il ciclo artuniano, l’odissea, l’iliade, e stamattina ho trovato queste altre storie che raccontavano queste persone.

Ma storione parlavano o leggevano.

Questo non si capiva, gaghemusca, ma di certo uno che diceva di chiamarsi Don Chisciotte, mi ha chiesto la mangia per starlo ad ascoltare. E poi mi ha letto un libro, tanto che io ho detto: che bello!

E poi storione.

Bella gnocca, e poi basta, niente, perché è venuto Napoleone e gli ha detto di smettere.

E storione che centra Napoleone?

Ma!

Insomma, bella gnocca e gaghemusca, viva l’epica. Viva l’immaginazione, viva la macchina e il ferro da stiro.

Va bene storione, noi andiamo per di qua, tu vai per di là vero.

Già gaghemusca, ma come hai fatto ad indovinarci!?

Storione chiedilo a Napoleone! Coseca!

Troseca, mio generale!

 

 

 

 

Eccomi qua!

Ah! Ciao, vedo che sei riuscito nel tuo impegno maggiore, ti sei proprio trasformato in un barattolo.

Sì gaghemusca, ciao bella gnocca!

Ciao! Barattolo.

Scusa, questo, sempre grazie ai consigli del tuo maestro…

Chiamiamolo così gaghemusca.

E dimmi barattolo.

Dimmi gaghemusca, dato che hai superato la fase dei vegetali, nel senso che li hai messi già in scatola, se il tuo maestro quando ti ha detto di interiorizzare quello che leggevi da un libro, se ti ha detto di riflettere, già in sé, riflettere, e poi dare un significato e un senso alle tue riflessioni, vorrei capire questa volta che libro hai letto, che ti ha detto di essere un barattolo.

Ho letto un libro di ricette con prodotti a lunga conservazione.

Dico barattolo non penserai che per questo tu sia diventato kafka, perché dico l’altro giorno eri un pisciatoio e non te ne eri neanche accorto, che soltanto uno come te si trasforma sempre in quello che legge. E questo lo chiameresti capire l’esperienza, solo per farla vedere con il prodotto che ti pare più duraturo.

Che poi barattolo, gaghemusca non te lo vuole dire, ma quando sei venuto che eri uno stronzo, solo perché avevi letto del sistema fognario dell’antica Roma, no dico non potevamo mica buttarti nel cesso e tirare lo sciacquone per renderti contemporaneo, comunque in quanto alla puzza sei rimasto nella storia. Ed ora dimmi un po’ barattolo che cosa vuoi diventare la prossima volta?

Non lo so ancora, non so quale libro devo leggere, ma per portare via la puzza, forse dovrei diventare vento. Che ne dici gaghemusca?

Che forse è meglio che ti leggi le istruzioni del gioco dell’oca, ma non usare i dati e fatti una passeggiata, che può darsi che alla fine io e gaghemusca, riusciamo a capire chi sei, vedi il caso che ti trasformi in te stesso e quando leggi partecipi seriamente. E prendi sul serio te stesso e quello che leggi, dico cosa leggi.

Va bene ragazzi, vado, devo andare a pranzo da una signora che mi ha invitato per il sugo, mi dice sempre che gli viene bene con me, ciao!

Ciao! Barattolo.

Gaghemusca, bella gnocca, forse mi manca il concetto astratto. È che speravo che anche voi a forza di guardarmi sareste diventati dei barattoli.

E perché barattolo?

Perché si fa prima a guardare me che leggere, e poi io valgo.

Be’ scusa barattolo, ma che mica sono tutti come te, che già questa è un’istigazione al razzismo del barattolo, magari rispetto alla patata. Non è che ci stai a fare diventare cannibali?

No! Anzi.

Ah! Pure. Non è che ci fai pagare la chiacchierata.

Be’ ciao!

Ciao barattolo!

Ma gaghmeusca e come si fa a stare a parlare con un barattolo?

Basta fare finta, bella gnocca.

Gaghemusca, non è come respirare l’aria, tanta quanta ce n’è bisogno, e ce n’è tanta e tanta ancora.

Bella gnocca, barattolo è assurdo.

Gaghemusca, certo che un po’ di voce interiore, senza che nessuno per forza ci si intrometta, ci vorrebbe, quel bel silenzio tra il contemplativo e il riflessivo o anche quell’essere per capire e pensare, senza che per forza debba trasformarsi in qualcosa, o che sia serenamente partecipe di quel che si è, e quando può essere piacevole anche parlare, semplicemente profondamente.

Bella gnocca era proprio questo che ci eravamo messi in mente quando abbiamo iniziato a passeggiare, ma per lo più sembra che oggi ti capita di parlare in questo modo: be’ forse è un po’ troppo che non ci si incontra però ci si vuole vedere, ma pensare senza parlare, e quanto si sta da soli si sta sempre a guardare.

Gaghemusca che strano modo di ammucchiarsi.

E già è la solitudine senza essere soli, va be’ ma c’è di peggio.

E va be’ bella gnocca oggi c’è capitato di fare un po’ di chiacchiere così, ma comunque è una bella giornata.

Gaghemusca, guarda quelli che botte da orbi si stanno dando.

Già bella gnocca. C’è artelei, chiediamo a lui forse ci dirà qualcosa. Ciao! Artelei.

Ciao, gaghemusca, ciao bella gnocca.

Dimmi artelei ma che cosa sta succedendo?

Ma! Gaghemusca, non si riesce più a farli smettere. Vedete quella pozza un po’ zozza lì vicino, be’ per quella pozza si stanno a gonfiare di botte e gli piace pure. Che uno ha detto quella pozza è mia, e un altro be’ va bene, me la prendo pure io, poi è arrivato un altro e ha detto, no! Questa me la prendo io!

Ma artelei che se la bevono?

Ma no bella gnocca.

Va be’ artelei continuassero un po’ come gli pare, basta che non ci vengono a scoccià pure questi.

Certo, amici, che ci vorrebbe Guglielmo per spiegargli che si può mandare le parole su nel cielo che poi tornano giù da sole, che non ci vuole neanche il satellite.

Artelei che è il satellite?

Niente bella gnocca, è come uno specchietto, sai quelli di vetro, solo che invece di mandarci la luce di una lampadina si ci manda la corrente e quello te la rimanda.

E artelei perché non ci si manda la luce,

Perché, gaghemusca a farla comminare dentro un filo di vetro fino a su mi sembra un po’ troppo.

Ma artelei la luce è trasparente?

Appunto bella gnocca, quella del laser è meglio farla camminare dentro i fili di vetro, che poi se ci metto uno specchietto, sta luce arriva dove vuoi.

Ma scusa artelei, mi sembra un po’, ancora, complicato tutto questo, per non stare a vedere quelli che fanno a botte. E quanto lo capiscono questo, quelli sono pieni d’istruzione, possono stare a capire Guglielmo. Ma dimmi artelei, come va quella cosa che hai trovato tra i rifiuti?

Ottimamente gaghemusca? Basta togliere il tappo e come entra l’aria si accende la lampadina.

È incredibile artelei, che non so proprio immaginare chi può essere che la buttata. Ma!

Artelei è che tutti corrono dietro alle cose nuove, come quelli.

E bella gnocca quelli stanno sempre a fare a botte. Da orbi.

 

 

 

Guarda gaghemusca, sta passando esagerone.

Ciao esagerone!

Ciao, gaghemusca, ciao bella gnocca!

Ma esagerone che porti scritto addosso questa volta?

(h = 6,626176 . 10 – 34 Jxs) è la posizione dello stronzo.

E scusa esagerone, che c’hai attaccato lo stronzo addosso?

 

Bella gnocca quanto è bella poesia, ma che fa introspezione, che si mette le cianghette da sola.

Gaghemusca, quanto è bella poesia.

 

Questo libro di gaghemusca, a’ termine. Ho da scrivere un altro libro, alla prossima occasione creativa. Grazie.

Patrizio Marozzi

 

Febbraio 2006