Queste avvertenze sul libro sono di tipo generico, per il più ampio pubblico possibile.
I fatti narrati nel libro sono immaginari, ed ogni riferimento a persone o luoghi esistenti, come ogni coincidenza o similitudine sono dovuti al caso e alle sue casuali necessità.
Il libro è “diciamo” indicato per “un pubblico maturo, e aggiungo un lettore profondo. I temi trattati sono forti sia nelle espressioni drammatiche, che ilari. Esso si avvale di espressioni e descrizioni” sessuali esplicite e la tecnica di scrittura è sperimentale, al di là delle maschere teatrali che in esso vi sono contenute. Chi non gradisce ciò ovviamente può liberamente astenersi dal leggerlo; se poi volesse lo stesso farlo e in ciò dovesse incappare in un riso stolto e senza fine si assuma le proprie responsabilità. “e, forse pensi che il riso fa buon sangue”, “genericamente”.
di
Bernardo Joyce
Ci sono autori, che in alcuni casi, nel narrare usano un spropositato sessuale
- forse questo è uno di quei casi – un gran libro, duro. (non è una battuta per
- infiniti lettori)
(C’è qualcuno che ama)
1
Incominciamo così.
…mi chinai davanti alla sua patta, gli slacciai i pantaloni, tirai fuori il membro ed iniziai a succhiarglielo, leccarlo; lo sentivo così duro da non resistermi più, e finalmente lui mi prese, mi distese sul pavimento e mi salto sopra con la foga di un montone in calore. Iniziò a montarmi, a sbattermi senza ritegno, dopo un po’ venni gemendo come una cagna; allora lui uscì mi prese, mi girò e mi mise a quattro zampe. Sentii il suo cazzo entrarmi prepotente nello sfintere e mi accorsi di aprirmi ad un nuovo mondo, il mio culo godeva di quel piacere immenso, mentre quell’immenso stantuffo dilatava il mio foro a più non posso; ma il piacere non era finito qui, giacché ad un certo punto uscì dal mio culo, mi prese la testa tra le mani se la mise davanti al suo immenso cazzo e mi inondo di sborra, io aprii la bocca per berne più che potevo. Ero stata sbattuta e goduta ed ora ero felice ti tornare a casa.
Blatero
Da qualche mese ho iniziato a scrivere storie porno per una rivista. Guardo le immagini e mi invento i ricami per commentarle. Non posso dire che sia un lavoro gratificante, sicuramente però guadagno da vivere, questo è quello che più mi preme in questo momento della mia vita. Ho aspettato per tanto tempo che le cose cambiassero, che la dignità di un artista fosse riconosciuta per quel che faceva e non per altro. Come si dice: bisogna pur vivere. Forse questo non è vero, altrimenti le scelte che facciamo non sarebbero obbligate, non si perderebbero in una minore intensità nel vivere le motivazioni che abbiamo dentro e che danno senso a quel che facciamo, che ci danno identità. In quale luogo ci troviamo e dove siamo stati prima? Capire questa semplice domanda è come scoprire la propria storia [attraverso il mondo che ci accoglie, è dire a noi stessi qual è il tempo e il luogo in cui la nostra identità ha iniziato ad interloquire con lo spazio e il tempo del mondo intero.]
La mattina nel momento in cui mi sveglio, capisco ch’è per me una buona giornata, se non avverto l’ansia di doverlo fare per forza, capisco che ho dormito bene e che non mi sentirò stanco durante il resto della giornata; e mentre bevo la mia tazza di latte, rifletto, ed elaboro mille cose da fare, mille progetti da realizzare, mi scopro vivo nonostante tutto. Questa affermazione merita una spiegazione, forse… inutile. Mi sono affrettato nel dire che c’è una spiegazione, ma forse è giusto dire che ci sono dei fatti che accadono, a cui si cerca di dare una spiegazione, ma di fatto, non sempre l’eventuale spiegazione rende l’accadere, meno vissuto per chi ne ha tratto, poi, le motivazioni; spesso conoscere il perché può essere più deludente e disperante che non sapere. Non sono convinto di questa affermazione, ma è una possibilità che non posso negare.
2
Cos’è che portava Blatero verso quei percorsi della notte, dove sentiva il bisogno di perdersi nell’ansia di un incontro fugace con una prostituta. Quando entrava in quel tunnel, in quella strada d’incontri sconosciuti sapeva che avrebbe scoperto una storia altrui, ma anche una propria emozione. Capiva che era lì nella notte alla guida della sua auto, perché nel volgere di un attimo avvertiva l’intangibilità degli incontri che avvenivano durante il giorno, della prevedibilità di uomini e donne che sospendevano la concretezza dentro i canoni illusori di un comportamento convenzionale e falso, irreale.
Che fossi io, Blatero, a percepire quella condizione di faticosa inaffidabilità, verso quella realtà, come un evento forse ineluttabile, non modificabile, poteva significare che io non ero ancora in grado di fingere un adattamento diverso da quelli che erano i miei bisogni con le cose che dovevano accadere, con le cose che sentivo di vivere. Allora nasceva in me un grido umano che dovevo raccogliere e rendere estremamente reale, abbandonavo un mondo prigioniero e lo liberavo surrogando la libertà con un atto sessuale reso tangibile, ed estremamente illiberale, ma in questa mancanza di libertà, l’illusione si trasformava in un atto concreto con cui confrontarsi. E così viaggiavo nella notte in attesa di un incontro, in compagnia di me stesso e di quello che avevo dentro da scoprire.
Blatero sale in macchina, avvia il motore, parte e si dirige, nella notte, dove si trovano le prostitute.
— Sono le 11,15, sono qui che percorro questa strada un po’ agitato, non ci sono molte ragazze, a quest’ora ci sono le pattuglie dei carabinieri. Le ragazze di colore si nascondono nella boscaglia che costeggia la strada, molte di loro sono senza permesso di soggiorno. Le altre quelle poche che sono in regola, fanno cenno ai loro clienti di ripassare, ogni tanto sottostanno ai controlli delle forze dell’ordine.
Quando i carabinieri, la polizia abbandonano il campo la strada incomincia a urlare, le ragazze di colore riappaiono, giungono i trans e tutte quelle donne che i protettori reclutano illudendole che in Italia le aspetta un futuro migliore, un lavoro e un amore: sono tante e di quella parte del mondo che guarda la civiltà opulenta con l’ingenuità dei propri sogni.
Mi avvicino con la macchina al bordo della strada, lì c’è una ragazza di colore; apro il finestrino, lei si china per guardare dentro…
— Andiamo! trentamila!
— Sali.
Blatero dopo aver percorso quella strada avanti e indietro diverse volte, stava per decidere di uscire da quel posto; poi come spesso accadeva, nell’indecisione tra il desistere e lo strano desiderio di concretizzare l’impulso che lo aveva portato fin lì, decise di compiere quel grido risoluto che sentiva dentro e fermarsi, conoscere una di quelle persone.
— Andiamo in un posto tranquillo.
Disse Blatero alla ragazza che era appena salita in auto.
— Sì!
Lei lo osservava con un misto di sospetto — che aveva dovuto apprendere per difendersi dai coinvolgimenti pericolosi a cui l’esponeva quel lavoro — e il curioso desiderio di essere con qualcuno che gli piaceva, la turbava. Sentiva l’odore del dopobarba sulla pelle di lui. Dentro di sé avvertiva l’attrazione che provava, ma sapeva che non doveva lasciarsi andare.
— Come ti chiami? chiese Blatero.
— Betti. Tu!
Blatero rifletté per un istante e rispose:
— Paolo. E tu di dove sei?
— Ghana.
— È molto che sei in Italia?
— Tre Anni. Ferma qui, qui va bene.
Blatero ferma l’auto, lei inizia ad abbassare il sedile e spogliarsi; lui le si avvicina, l’accarezza, la bacia in fronte e sulle guance, prova a baciarla in bocca…
— No in bocca no!
— Perché?
— Non mi piace.
Inizio a spogliarmi, lei è già pronta…
— Prima i soldi!
— Già, scusa.
Mi distendo, lei prende il preservativo lo infila sul mio pene, si china su di esso ed inizia un rapporto orale, sento che mi accarezza i testicoli per farmi eiaculare ed evitare l’amplesso; vede che non ottiene il risultato sperato e mi fa capire di venirle sopra; lei prende il mio pene lo indirizza sulla vagina ed io le entro dentro lentamente; le chiedo se prova dolore, mi risponde di no. Mentre le sono sopra l’accarezzo le bacio la fronte e provo di nuovo a baciarla in bocca, ma lei si rifiuta e sorride. Dopo un po’ vengo, sento che lei interpreta il suo ruolo e mi mette fretta, ma non è credibile nell’esprimere quell’apparente autorità.
Esco da lei lentamente; per pulirmi mi da dei fazzoletti di carta.
— Grazie.
Mi tolgo il preservativo e le chiedo cosa farne.
— Buttalo di fuori.
Mi rivesto, accendo l’auto e la riporto sulla strada. Mentre torniamo lei mi chiede…
— Sei sposato?
— No!
— Hai la ragazza?
— No!
— Come Mai?
— Non è una cosa facile.
Accosto la macchina, e prima che lei scenda le chiedo…
— Sei sempre qui?
— Sì, a quest’ora; tutti i giorni tranne il sabato e la domenica.
— Ciao!
— Ciao!
Torno a casa e sto attento a non toccarmi con le mani la bocca, giacché le ho toccato la vagina. Mi lavo e mi disinfetto accuratamente.
Vado a dormire, ma come spesso mi succede… dopo questi incontri non sono appagato, sono eccitato e ho voglia di fare all’amore… e mi masturbo, prima di addormentarmi.
3
… Lui mi riempì di sborra, uscì da me. Io strinsi la mia figa per trattenere il suo succo dentro di me, poi mi tirai su in ginocchio, lui mi venne con la testa tra le gambe. Io rilassai la figa e lascia che i nostri succhi mischiati colassero giù, lui li prese in bocca fino all’ultima goccia, poi mi abbracciò e ci baciammo con quel nettare così prezioso che riempiva di sapore le nostre bocche.
Blatero
Ho concluso questa storia porno pensando al mio incontro notturno con Betti, ed anche se non vi è nessuna attinenza tra Betti e la protagonista del racconto, c’è comunque di fondo il gesto del desiderio che accomuna le due situazioni.
Alcune volte dopo che sono stato con una prostituta, mi sento senza le finzioni dell’orgoglio, uguale a me stesso, senza costruzioni parallele e allora lì, in quello stato, mi osservo scrutando quelle che sono le convinzioni con cui vivo.
Blatero ha incontrato altre volte Betti, ha percorso quella strada dove vivono alcune delle donne nella notte.
Sono tornato a cercare Betti una decina di giorni dopo il nostro primo incontro, ho scoperto che aspettavo che accadesse. Mi fermo dove si riuniscono le ragazze di colore, mi fermo e chiedo ad una di esse se c’è Betti. Mi risponde in maniera evasiva, è evidente che vuole che vada con lei, le faccio capire che voglio Betti. Una sua amica lì accanto, con una gonna rossa, cortissima, e i capelli stirati e resi lisci, mi dice:
— Betti è al lavoro.
— Grazie.
Non rimango lì ad aspettare, mi allontano, ripasserò tra un po’.
Cosa cerca di capire Blatero? Che cosa lo aspetta in questi incontri?
Forse avverte dentro sé il bisogno di capire perché non accetta più che le cose comuni lo investano, di trovarsi immerso, quasi da esserne asfissiato nei codici delle relazione della comunità dei rapporti.
Non è molto che ho intrapreso questa storia, chiamo così questo periodo del mio esistere. La frequentazione delle prostitute è iniziata così per caso. Mi sono accorto in una fase della mia esistenza che non trovavo più, dentro di me, le sicurezze per vivere la sensualità al di fuori di un amore che per me era andato perduto, smarrito. E un giorno del tutto casualmente ho visto una di queste donne, in attesa sul bordo della strada, in attesa di un cliente. Era bella ed ho sentito dentro me che quel cliente potevo essere io. Feci un atto che sconvolse i canoni delle mie certezze, infransi un mio codice etico, pagare per avere quello che doveva essere naturale. Nei dubbi e nelle incertezze che anticiparono e seguirono quell’incontro, scoprii che era iniziato nello smarrimento, un nuovo modo di confrontarmi con me stesso e con il mondo. Approdavo in una realtà che avevo sempre visto fuori dalle mie prospettive — la prostituzione e i suoi pensieri si coniugavano con una tappa della mia vita. Un mondo che dovevo scoprire ed indagare.
Quando torno dove sono le ragazze di colore, vedo Betti, credo che sia rimasta ad aspettarmi. Mi fermo e sento il suo accento straniero, la pronuncia di un Italiano non corretto
— Ciao!
— Ciao, sali!
— Come va?
— Bene. Dove vado?
Betti mi fa un cenno con la mano per indicarmi dove dirigermi con l’auto.
…Quando siamo fermi ci spogliamo. La bacio sulla fronte, sulle guance, sugli occhi. Provo di nuovo a baciarla sulla bocca, ma lei mi dice
— No, non siamo sposati.
Durante l’atto sento che lei si eccita. Le chiedo se vuole godere
— No, un’altra volta.
Prolungo l’atto. Lei sente che incomincia a piacergli e mi dice che basta.
— Se ti piace perché smettere.
Tra Blatero e Betti si sta per infrangere il codice che la prostituta applica con i propri clienti — nessun coinvolgimento con il cliente.
— Troppo tempo, basta.
Sento Betti che mi chiede di smettere, l’assecondo, esco da lei, ma le dico che voglio godere.
Lei sorride ed inizia a masturbarmi, molto rapidamente. Io le prendo la mano e le do il ritmo.
Con Betti mi sono visto altre volte, mi ha raccontato un po’ della sua vita.
— Da quando sei in Italia hai sempre fatto questo lavoro?
— No prima stavo a Parigi, vivevo con un ragazzo e lavoravo con lui in un bar, ma ci ho litigato e sono scappata.
— Adesso dove vivi…
— Con il ragazzo di Parigi non ti senti più?
— Ogni tanto, lui vuole che torni.
— E perché non lo fai.
— Lui vuole, vuole farmi fare quello che vuole lui.
— Ora vivi da sola?
— No con una amica.
— Perché fai questo lavoro?
— Non ne trovo altri.
— Lo fai da sola, non lavori per nessuno?
Betti mi guarda, con un po’ di sospetto poi mi dice
— Sì!
— Ciao Betti.
— Ciao Paolo.
Betti aveva un fratello e una sorella che vivevano in Italia. Le chiesi perché non smetteva quella vita e raggiungesse i suoi parenti, la risposta comune in questi casi è… “Ancora un poco poi smetto”.
I riflessi della vita spesso sono insospettabili e seppur nella crudezza dei loro rapporti Blatero e Betti si sono incontrati in un’azione temporale che hanno condiviso. I risvolti reali del perché ciò sia avvenuto, sono forse insospettabili per chi li osserva dall’esterno, è per questo che quello che noi vediamo attraverso loro ci appare così crudo e asettico.
Decisi di interrompere gli incontri con Betti.
Le ultime volte che ci eravamo incontrati lei aveva iniziato a comportarsi con l’ingenua furbizia che molte donne applicano, pensando così di spingere l’uomo a fare quello che vogliono e a volte anche desiderano.
I modi di Betti, con il tempo si erano trasformati in armi di possibile seduzione.
Betti aveva raccontato alle sue compagne di lavoro che mi aveva conosciuto. Che il modo in cui la trattavo era diverso da quello della maggior parte degli altri clienti.
Tale differenza è rilevata dalla prostituta che riesce a volte, a capire le impercettibili differenze tra un cliente e l’altro, quindi ad andare oltre l’apparente uguaglianza dei comportamenti dei clienti.
Il cliente spesso tende a stabilire un rapporto con la prostituta che ha una parvenza di legittimità. Frequentemente ciò avviene perché il cliente introduce nella palese finzione dell’incontro, il bisogno, sovente illusorio dello scambio reale di affettività. Spesso questo bisogno del cliente degenera in comportamenti di sfregio morale verso la prostituta, che considera niente altro che la rappresentazione del perverso bisogno di affettività che non riconosce in sé.
L’azione di seduzione, era quella di non concedermi quelle cose che lei mi diceva avrebbe fatto solo con suo marito, tipo il bacio in bocca o raggiungere l’orgasmo. Però mi concedeva maggiore disponibilità e tempo.
Decisi di andare con un’altra ragazza di colore. Diana.
Mi fece cenno con la mano di fermarmi.
— Trentamila, bocca figa.
— Sali. Andiamo in un posto tranquillo.
— Sì.
Fermo l’auto.
— Come ti chiami?
— Diana.
— Da dove vieni?
— Camerun. Tu come ti chiami?
— Paolo.
Mentre si spoglia l’accarezzo, è molto bella e la sua pelle è morbida e liscia.
Mi spoglio anch’io.
— Prima i soldi!
le do i soldi. Mi infila il preservativo e inizia un rapporto orale. L’interrompo e provo a baciarle i capezzoli, mi dice di no, le chiedo perché. Mi risponde che sono per i bambini, che non le piace. Poi mi dice di scopare. Mi metto sopra di lei, mi aiuta ad entrarle dentro. Sento ch’è eccitata, è già bagnata. Le accarezzo il volto, le dico che è molto bella, lei sorride. Provo a baciarla sulla bocca, mi dice di no, che posso baciarla solo sulle altre parti del viso. La bacio in fronte e sugli occhi. Lei si rilassa chiude gli occhi e sento che incomincia ad accarezzarmi la pelle sotto la camicia. Lo fa con un gesto circolare, intenso, quasi mi indicasse l’intensità del nostro rapporto. Non riesco a trattenermi, raggiungo l’orgasmo. Le rimango dentro, vedo che lei ha ancora desiderio. Le dico che ne voglio fare un’altra. Mi dice se ce la faccio, le dico di sì. Le chiedo se devo prima uscire, ma mi fa capire di continuare. Continuo a muovermi dentro di lei, è piacevole. Sento la sua vagina contrarsi, per un attimo respingermi, chiedermi di fermarmi. Lei ha avuto il suo orgasmo. Continuo come se non me ne fossi accorto. Ad un certo punto, lei incomincia a dirmi di sbrigarmi, che ci metto troppo. Le chiedo se ha goduto. Mi dice di sì. Allora mi fermo ed esco da lei e le dico che per me va bene, basta così. Ci rivestiamo, le do altre trentamilalire e torniamo con l’auto verso la strada.
Le chiedo se crede in Dio. Mi dice di sì, ch’è cattolica.
Le dico
— Giacché siamo tutti e due dei peccatori, fai una comunione pensando a me. Io la farò pensando a te.
Lei mi guarda un po’ sorpresa, ma mi dice di sì.
— Promesso!
— Sì.
Ci salutiamo e lei scende dall’auto.
Mentre torno a casa non posso non pensare a quel ch’è stato. È evidente che Betti ha parlato di me con le altre ragazze. È d’uso tra le prostitute scambiarsi informazioni sui clienti. Per quanto una provi è difficile superare la barriera dello stimolo di farlo solo per denaro. Il potere del denaro ha una fascinazione fortissima sulla prostituta. Riuscire a rompere questo codice all’interno del percepire della prostituta significa porla di fronte ad un’alternativa possibile, farle considerare che ci sono motivazioni reali per una scelta diversa. In realtà penso che la fascinazione del denaro e tramite esso l’illusione di appagamento di tutto quello che è identificato con l’insicurezza della vita è presente in ogni azione umana. Perciò pensare che la palese prostituzione fisica sia la forma più degradata di vendersi, non è del tutto vero. Forse è solo la forma più eclatante e visibile dello scambio tra il proprio essere e la virtualità compensativa del costituirsi delle sicurezze attraverso il denaro.
Nei flussi continui di vita di Blatero assistiamo allo svolgersi di una vita che aspetta un suo svolgersi. Non ci accorgiamo della vita reale di Blatero, ma soltanto delle sue conseguenze. Non è da escludere quindi che nella vita Blatero ci racconti tutt’altro; per non eluderla non possiamo far altro che cercare di capire le conseguenze che da essa derivano e che Blatero ha deciso di narrare in rappresentazione della realtà. Se la realtà potesse vivere senza le sue conseguenze quello che si determinerebbe sarebbe la rappresentazione delle conseguenze di qualcosa che non è reale, la realtà non potrebbe essere rappresentabile; e non potendo essere rappresentabile, la narrazione diventerebbe la realtà oggettiva. Quindi in certo qual modo la rappresentazione delle conseguenze della vita reale di Blatero, fanno si che lo svolgersi della struttura narrativa e della valenza dei contenuti in essa raccontateci ci svelino il significato del suo perché, il perché che ci è rappresentato è la realtà delle conseguenze stesse della realtà. Blatero è reale perché dalla rappresentazione delle conseguenze della sua realtà, si apre all’elaborazione della realtà di chiunque interagisca con lui tramite le conseguenze della propria realtà. La rappresentazione torna nella realtà senza le sue conseguenze.
Bernardo Joyce
L’Intervista.
Ener - domanda
Baltero - Hai mai sentito parlare di un buco di culo da dove non esce niente neanche la merda. Questo è il posto in cui vivo. E non c’è da meravigliarsi se le cose, la mia risposta è quella che è.
Le donne sono una cosa assurda. Prendiamo il caso di Sigismonda ti sembra sensato il comportamento di una che non fa altro che voler credere che tu ti sia innamorato di lei per dirti di no. Non c’è stato mai nulla, neanche una passeggiata. Fisicamente non l’ho toccata neanche una volta, ma proprio a livello elementare. Ma nella sua mente ha sviluppato un gioco assurdo, con cui continua a vivere. Una volta le chiesi se voleva fare una passeggiata, la sua risposta è stata: Se dopo tu… Quando le ho chiesto che cosa intendeva, non mi ha risposto. Oppure telefonarle per chiederle un favore e sentire all’altra parte del telefono l’espressione di qualcuno che le dice – rispondendo a lei che le chiedeva chi fosse – è la tua metà. Non che io non abbia cercato di capire cosa cavolo realmente volesse, ma ogni volta che ho cercato il modo per fargli una domanda chiara, che non lasciasse più dubbi, lei riusciva ad impedirlo. Una volta addirittura le ho chiesto se poteva passare un momento a casa perché dovevo farle leggere una cosa, e lei mi ha risposto che sarebbe venuta all’inizio della settimana successiva, perché così avrebbe avuto il tutto il tempo per rimanere con me. Naturalmente quel giorno non si è vista né sentita. E quando l’ho rivista non mi ha neanche salutato. In fondo quando ho saputo che ero la sua metà le ho detto – per non lasciare cadere, quella chiara allusione che avevo sentito al telefono, forse della sorella – che di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno sapeva dove trovarmi, ma non mi ha mai cercato, se non nelle sue paranoie.
Cacchio Sigismonda l’ho incontrata molti anni fa che faceva l’autostop sotto un diluvio universale. Le diedi un passaggio. Poi l’ho rivista fare l’autostop in un tratto di strada buia. Nel periodo in cui è stata tossico dipendente. L’ho rivista in spiaggia con un branco di cretine che se non avessero avuto i soldi del padre sarebbero finite col fare le prostitute. Poi l’ho incontrata in quel locale del cazzo che ho frequentato - per puro rincoglionimento – per alcuni anni, pieno di quella ottusa mentalità piccolo borghese, di destra e di sinistra che fa vomitare chiunque abbia un minimo di libertà intellettuale. Lì stava sempre con un barilottolo di amica o pseudo tale completamente insensata e idiota. Chissà forse in ricordo delle dame di compagnia, o della stupida nobiltà di cui ogni tanto parlava. Trovarsi una stupida e idiota per enfatizzare se stessa. Non che le altre sue amiche erano meglio, la situazione, la situazione non era certo granché. Con una poi s’era scatenato un gioco assurdo di cui sono rimasto all’oscuro fino a poco tempo fa. Lei e questa sua amica si interessavano a me e lo avevano detto a tutti tranne che al sottoscritto. Nella loro testa pensavano che io lo sapessi… fino al litigio. Ma quando erano con me il loro comportamento era del tutto insignificante. Poi questa sua amica, Berta, non so come e perché è finita in macchina con un mentecatto, a cui ha fatto un pompino, e naturalmente lo ha detto a tutti, - con me l’ha solo alluso. Questa Berta a’ detta di molti e soprattutto di Giulia – che alla mia domanda perché fosse cosi complicato anche solo parlare con quelle due: Berta e Marni – mi ha risposto che era risaputo che erano due lesbiche. Giulia l’avevo conosciuta un po’ di tempo fa in un altro locale. Quella sera mi sarebbe piaciuto conoscere meglio un’altra, senza impegnarmi troppo. Ma Giulia e questa tipa - credo si chiamasse Leti - si accordarono che sarebbe stata Giulia la scelta. Finì che riaccompagnai Giulia a casa con la mia macchina, ma per evitare rotture insieme ad un’altra persona. Parlava a sproposito, senza capire bene neanche quello di cui stava argomentando. E quel giorno che Giulia mi stava dicendo che Berta e Marni erano lesbiche, confermava tutto Marza. Questa aveva alluso e non so a chi lo avesse detto che io ero frocio. Una volta mi aveva chiesto di accompagnarla in macchina a casa sua, forse con un altro intento che è stata ben attenta a non dichiarare, per paura di un no. Fatto sta che non c’ho provato, e questo nella sua mente, in aggiunta al fatto che io conoscessi alcuni omosessuali ha significato che fossi un frocio.
Nel frattempo nello spazio temporale che è intercorso la storia su di me tra Berta e Sigismonda aveva preso un risvolto pazzesco, ormai era chiaro per tutti che io non mi decidessi e giocassi con quelle due. Ogni tanto qualcuna, amica loro, veniva da me incazzata incominciando ad alludere alla storia di queste due, di cui io non sapevo proprio nulla. Berta l’unica cosa che sapeva fare per rendersi interessante era di buttarmi il fumo in faccia mentre fumava. E Sigismonda di evitare di buttarmi il fumo in faccia mentre fumava. Io comunque odio il fumo.
Una sera mi sono trovato seduto con Berta, Marni Giulia e Sandra, un'altra non quella di prima. Questa Leti non so perché mi ha parlato di un suo fatto privatissimo, un aborto che non voleva fare. Prima è stata contentissima dell’aiuto che le ho dato e dopo, come la maggior parte di queste cosi dette donne ce l’aveva con me - transfert. In aggiunta a queste quattro quella sera c’era anche una psicanalista freudiana di cui non sono riuscito ad ascoltare il nome, dettomi a voce insolitamente basso da Leti durante la presentazione. Ho un ricordo sfogato di quella sera dove sono accadute delle cose assurde. Tra Leti che pensava che una pallida psico Freudiana potesse in qualche modo dimostrare che non ero bravo come lei pensava e non ammetteva, e di cui a me non fregava assolutamente niente. Berta e Marni erano lì con Giulia a suo dire lesbiche – insomma la serata ad un certo punto è esplosa e non ci ho capito più niente. E’ arrivato un mezzo scemo di nome Stefano che fidanzato con un’altra Berta si è messo a dire che quando stava con una certa Sigismonda bionda faceva sesso alla grande, non come ora, potevamo chiederglielo.” Giulia per rispondere ad una allusione precedente di Berta su di lei, si è messa a dire che tutte le sere si portava una boccetta di sperma - del marocchino che faceva il cameriere nel locale, - a casa. Ad un certo punto senza aver ben capito tutto quel parlare cifrato, si è finito sugli oroscopi e Berta con un gesto del braccio aveva alluso a me chiedendo come sarebbe stato tra il mio segno zodiacale e il suo. Io ho deciso di andarmene e ho chiesto a Berta se veniva via con me, lei si è alzata ed è successa un’altra cosa di cui non ci ho capito niente. Marni ha incominciato a parlare con Berta tutta arrabbiata, io sono andato verso la cassa. La psicoanalista freudiana ha fatto cenno a Leti di alzarsi ed è venuta dove ero io e la cosa si è ingarbugliata ancora di più. Mi sono ricordato che durante la serata la Freudiana mi aveva fatto vedere le cosce più su della sua minigonna, ma dato che portava la fede forse non avevo capito. Fatto sta che la psaico aveva guastato tutto. Berta continuava a parlare con Marni, Leti era lì e non si capiva che voleva, forse solo rompere le palle, la psaico era rimasta seduta, Giulia non mi ricordo dove stava, il cameriere marocchino aveva detto un paio di cazzate fuori posto e mentre pagavo, il proprietario non so in che modo stava riparando al fatto.” A tutto questo era mancata Sigismonda ma per un Breve momento era entrata nella discussione, quando Berta aveva detto che nel pomeriggio era stata a casa sua Leti (un’altra) la sorella di Sigismonda, con il marito, un mezzo tonto. Pagai e me ne andai senza voltarmi.
Ho ripensato alla psaico freudiana e mi sono ricordato di Lori. Una che ha voglia di fare sesso in continuazione, ma non lo fa mai, e ne parla sempre con la persona sbagliata. Nel senso di quella volta che eravamo seduti nel solito locale: io, Berta, Marni e Lori che mi chiede se ha un uomo piace metterlo in culo ad una donna. Io gli dico se vuole sapere se a me piace o vuole che gli risponda in modo generico… siamo andati tutta la sera avanti con questi argomenti per venire a sapere in conclusione che lei di queste cose con il suo ragazzo non ne parla, e ce lo ha detto come se ciò fosse una cosa normale. Quasi tutte vanno dallo psicanalista e guardando il risultato secondo me deve essere uno che pensa solo a papparsi i soldi. Lori andava da una Psicanalista Freudiana. Chissà se era la stessa di quella sera, branco di somari tutti quanti.
Allungare la lista di tutte le altre Sigismonda Berta, o le Marni, le Sandre o le Sabrine, le Roberte, Marie, Valentine, e tante altre. Mille aneddoti mille storie di questo tipo. Stiamo parlando di donne che vanno dai 29 ai 40 anni. Io ho fatto all’amore con 45 donne: tutte importanti, cinque determinanti, nessuna fondamentale, nessuna tradita e dico quasi sessanta per quelle volte che ho detto di no, perché quei no erano la risposta ad una domanda reale che nessuna di queste di questo buco di culo di posto è stata in grado di farmi.
Non ho voglia di parlare dei ridicoli sistemi con cui viene gestita la sub cultura, di assessori ignoranti e amministratori faccendieri, di associazioni culturali che rasentano l’idiozia, ho noia di tutto questo. Ma tutto questo non è null’altro che la rappresentazione di un’italietta ch’è formata da un popolo di subalterni, dove l’uomo più ricco ha la mentalità e le esigenze di un morto di fame. Un’Italia di piccoli uomini con il sogno del qualunquismo nel cassetto, dove la cultura è ancora governata dall’alto e impartisce ignoranza in dosi utilitaristiche. Dove i mass media educano dicendo di leggere perché sa di parlare ad un popolo che continua a tenere nell’ignoranza. E non mi meraviglia quando incontro qualcuna che mi dice che legge molto almeno tre Harmoni alla settimana. Non mi meraviglia che i giovani siano fottuti prima ancora d’invecchiare, con l’unica ambizione di seguire mode idiote, soltanto mode di cui sono inconsapevoli consumatori. Sono deboli i loro sogni. Deboli come la maturità che scaturisce da una cultura di stato per il fabbisogno del loro illusorio benessere, un po’ di soldi in più e basta, altrimenti c’è il rischio di rimanere fuori dalle mode, fuori dal consenso. Un Italia che non produce più arte se non la vuota e banale vanità del sentirsi famosi, di apparire in una recensione senza che la memoria del tempo abbia rivelato niente per cui valga la pena di parlare di contenuti, dei valori che dovrebbe produrre. Una massa d’incompetenti che parla ad una massa di somari. Come due morti che nell’aldilà discutono su chi dei due è morto, non riuscendo a rilevare la differenza tra l’essere morti e l’essere vivi. Un’Italia che non ricorda nessun merito ma solo l’opportunismo del momento.
Questa ormai è una civiltà fatta di sole maggioranze e forse per trovare qualcosa che ci faccia respirare il cervello e ci salvi bisogna ritrovare la libertà di quelle minoranze che non ambiscono ad essere maggioranza, perché il concetto di maggioranza o minoranza non le riguarda. Credo di non avere niente altro da rispondere alla tua domanda. E questa mia risposta è scritta così male, voglio dire sembra scritta così male che solo un editore con i suoi lettori non riesce a capirlo.
L’accusa!
Opera di
Blatero
Trasformati con il mio apporto di consapevolezza in un antro della mia memoria
ch’è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di
tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. I nomi si sbagliano
perché l’esperienza non vuole accettare la sua reale vita.
L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – i nomi aprono lo spazio alla menzogna, agognano la distruzione della realtà dell’esperienza primaria del mondo, l’annullamento della pronunzia del nome infanga la verità con la menzogna, che non fa altro che cambiare nome alle cose, per dire che l’esperienza vera è quella che ha cambiato nome, ogni volta, ogni volta che il nome imbroglia la verità della realtà di chi a generato il nome dall’esperienza; questo accade.
Per vagare si vaga, fino a perdersi se non si conosce la strada più che bene, se non si conoscono gli aspetti fermi della strada che si sta percorrendo – ho invano aspettato alcune volte, detto per prudenza, che la gente accettasse di camminare lungo la strada dei nomi, per dare un nome a se stessi, e scoprire che con il proprio nome si possono raggiungere le cose che non si conoscono, le cose di cui non conosciamo il nome; invece ognuno percorre la strada della sua categoria, la strada del non obbligo d’uscita, quasi volesse convincersi che non esiste nessuna via d’uscita, nessuna possibilità di pronunziare il nome che ci rammenta il fare stesso dell’esperienza, la parola vita.
“Dove! Dammelo in bocca mi piace.” La pubblicità mi sopravanza nei desideri, quei culi quelle tette, quelle fiche che ti chiedono la tua lingua, senza sospettare niente del resto del tuo mondo che non può capire, quello schermo che riflette il mondo intero guardandolo da una sola parte – così sto per godere eccolo che viene tutto il mio frutto, tutto il mio caldo sangue e mi piace vederti, sentire che lo ingoi, che ti nutri di me. Fammi trasformare il rumore del traffico, nel suono del tempo che non si appresta più a scoprire il perché, ma solo come fare – Fammi sentire che non c’è più alcun giudizio che condiziona la nostra anima, che non si desta più quando qualcuno urla forte il nostro nome, soltanto perché affetto da apatica invidia, fammi sentire il tuo piacere dentro di me il tuo cazzo che partecipa nel mio corpo, inculami ora e forse i passanti si fermeranno, qui, sul marciapiede con noi.”
“Ora entro dentro di te un po’ alla volta e sento gemere la mia voce dal piacere, la televisione della vetrina mi osserva e sento il volume alzarsi mentre qualcuno apre la porta del negozio – aspetta, mi dice la voce che proviene dalla televisione, quasi ad impedire quello che sto per fare, e a questo mio dubbio aggiunge: BENE, compra quello che puoi per avere questo – osservo il televisore e vedo un cellulare dell’ultimo tipo con cui è possibile accendere i riscaldamenti dell’appartamento, e sento il calore sul mio corpo, mi torna dentro il piacere della sensazione del mio pene dentro quel caldo culo e dimentico la televisione, e incomincio a inculare lentamente ad aprirmi al piacere, ma nessuno si ferma a guardarci mentre provo un gran piacere; sento due auto tamponarsi, ma sono lontane, molto lontane da noi per vederci:”
“Oh, così, lentamente lascia che mi apra a te con grazia, non importa quello che non è accaduto prima, ora ci sei, ti sento dentro come mi sentivo dentro la tua bocca quando eri donna, sento che il tenue dolore lascia lo spazio alla sensazioni di piacere, alla naturale forma del tuo pene, mi sento aperto per te, continua più che puoi, lasciami con una possibilità in più per amare.
“Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.” L’hanno uccisa così la mia creatura, senza nessuna domanda, lasciandola lì sulla strada, solo qualcuno è passato, più tardi, per gettarla nel cassonetto.
Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
Non posso non notare quell’uomo che ha parcheggiato la macchina sul bordo della strada, è un mio vecchio compagno di college, spesso quando non riuscivamo a trovare delle ragazze finivamo con il tirarci le seghe insieme. Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini, uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, mi trovo in un caffè di lusso di quelli che puoi trovare solo qui su questa strada, in questa città; mi siedo in un tavolo al centro del locale, le poltrone sono imbottite e foderate con un tessuto di ottima qualità; sedute agli altri tavoli ci sono dieci donne tutte vestite allo stesso modo, sono delle sosia di loro stesse, ma a sua volta di una persona che conosco, del tutto diversa, è un’altra persona. Un cameriere mi raggiunge al tavolo, ordino un cognac; lui mi guarda e mi dice
Non sospettavo nulla c’è voluto del tempo prima che capissi, sono venuti prima che lei entrasse, mi hanno detto che avrebbero fatto un gesto prima che lei passasse davanti all’ingresso del locale, e lei grazie a quel gesto sarebbe stato condizionato ad entrare nel locale.
Mentre bevo il cognac osservo una delle donne sosia che sta ricevendo in bocca dal pene del suo uomo lo sperma, aspetta il termine della eiaculazione, viene al mio tavolo e dalla sua bocca lo versa nel mio bicchiere; le dico di attendere, di sdraiarsi sul tavolo e aprire le gambe perché voglio leccarle la vagina, fa come le ho detto, inizio ad accarezzarle il clitoride con la lingua le grandi e le piccole labbra la troia crede di sapere quello che sta facendo. Accosto l’orecchio alla parete, cerco di capire cosa sta succedendo nell’appartamento, non riesco a decifrare le parole che ascolto, potrebbe essere la televisione, e la voce che credo essere sua, niente altro che qualche diva del cinema. I luoghi di chi dovremmo visitare, quando i luoghi che abitiamo più comunemente non ci appartengono affatto, dove dovremmo cantare le nostre storie, forse dove la menzogna ha reso sordi persino i suoni che non abbiamo mai udito; non c’è più niente forse oltre questi grattacieli, il cielo sopra di essi e la terra su cui sono costruiti non appartengono più a nessuna coscienza, sono rimasti solo gli infami i fomentatori di satana, mentre penso questo decido che non ho più voglia di masturbarmi e vedo sulla cima del grattacielo davanti al mio un uomo gettarsi nel vuoto; i gruppi malefici quelle associazioni a delinquere che continuano a servirsi delle provocazioni della menzogna, della diffamazione della vita altrui con l’inganno della corruzione dei vili, stavano per fare un'altra vittima e nessuno avrebbe saputo chi era stato in realtà a spingere quell’uomo nel vuoto, quando si sarebbero ribellati a Satana? quando avrebbero chiamato le cose con il loro nome e smascherato chi gli sta succhiando la vita. Mentre guardo quella persona cadere non posso fare nulla, niente per impedire che avvenga l’ineluttabile, ma quando quel corpo si sta per schiantare sull’asfalto della strada ferma la sua caduta e l’uomo posa i piedi e terra, come sceso da un gradino e cammina allontanandosi dalla mia vista. Mentre penso queste cose sento che stanno colpendo violentemente il portone del mio appartamento, corro verso l'ingresso e urlo – fermi ci sono io dentro l’appartamento, i colpi cessano e sento i passi di più persone scendere le scale, dopo un po’ sento i colpi al portone del piano di sotto. Quando si oltraggia si uccide, non resta altro oltre la fine del tempo che giustifichi l’oltraggio, forse che quello che dobbiamo vedere ogni giorno non appartiene alla coscienza dell’uomo, non è la sua stessa esperienza – tutto si infrange di nuovo verso la sera, tutto risponde al tempo che perde la sua luce.
L’auto schizza via rapida nel traffico, sento un proiettile rimbalzare sulla carrozzeria e non faccio in tempo a schivare una farfalla che si schiaccia sul cruscotto della mia macchina.
Chissà chi erano? […] Mentre penso queste cose davanti alla mia auto cade il corpo di un uomo, si è buttato da un grattacielo e non è un bello spettacolo vederlo lì per terra, sarà un vittima del collettivo, avrà giocato troppo con i gesti e i suoni maniacali, le cose che ha visto, la percezione delle associazioni collettive lo avranno portato ad una esaltazione senza controllo - o il ritorno alla realtà del suo individuale, lo ha trovato impreparato e senza una reale struttura della sua identità, si è ritrovato nel pozzo senza fondo della solitudine, depresso e senza via di scampo. Un altro scemo che non ha voluto, grazie al suo orgoglio capire quale era la realtà per continuare a sentirsi gasato dall’illusione. Mi sposto sull’altra corsia per uscire prima possibile dal caos che si è creato e allontanarmi da quel posto
Percorro senza solitudine le strade che incontro non so aspettarmi niente che non abbia già immaginato. Percorro una strada ghiaiosa e mi allontano dalla folla della città. Incontro ferme sul bordo della strada delle puttane che mi fanno cenno di fermarmi, accosto, premo il pulsante che dissolve la sostanza che fa da trasparente al finestrino dell’auto – una puttana si avvicina e mi dice che mi dà un milione se la faccio salire in macchina. Le chiedo se vuole che l’accompagni sulla strada. La saluto salgo in macchina e cerco la strada per tornare in città
Mi chiudo nel mio appartamento, mi affaccio alla finestra, la città è piena di luci e una nuova notte sta per cominciare
Apro la porta del mio appartamento c’è una donna con una pistola in mano che mi dice di farla entrare, mi sposto per lasciarle lo spazio – Entra
- Chiudi la porta. La bacio sulla fronte. Lei si agita un po’ e mi fa sentire la canna della pistola sul fianco. Le prendo la testa tra le mani, le bacio gli occhi, la punta del naso, poi appoggio le mie labbra sulle sue. Ora piange, il viso sulla mia spalla. Le sfilo via le scarpe le accarezzo i piedi, le ginocchia le cosce, bacio ogni punto della sua pelle fino a sentire tutto il suo sapore sul mio viso, l’accarezzo con la punta della lingua sul clitoride, la sento godere, gemere, stringermi la testa tra le cosce per dirmi di smettere. Mi tiro su mentre lei apre le cosce, le entro dentro e sento il mio corpo liberato dalla sensazione del mio pene accarezzato dalla sua vagina; mi sento liberamente nudo dentro di lei, mentre con le mani mi accarezza, mentre la bacio, mentre la sento godere ancora e mentre sento il mio sperma diffondersi dentro di lei. Tutto è sedimentato nell’innaturale, senza una reale continuità, ma soltanto una stagnante sequenza di pazzia e follia verso le ipotesi più inverosimili, nell’odio della verità, l’odio della verità. Gli anonimi vogliono parlare senza sapere con chi, fanno il nove e uno smistamento casuale intercetta un numero, in questo caso il mio e non c’è verso di chiudere la conversazione, se Lara Bel non decide di farlo io non posso disporre del mio numero per tutto il tempo che lei vuole. Sono cresciuta serena e felice, ho conosciuto sempre tante persone e ora non so bene cosa sia accaduto al mondo, al mio mondo, non riesco a pensare niente altro che quello che la rabbia mi fa credere e continuo a restare prigioniera del mio vuoto interiore.
[Per questo non sono stato in un posto diverso, soltanto perché la mia immaginazione voleva attraversare la strada che aveva conosciuto in quel giorno isolato, e per certi versi – irripetibile. Ha aspettato fermo sul quel bordo, esausto, ma lo stesso con l’emozioni che non facevano appello a nulla di già conosciuto. Per questo non so dirti altro, soltanto, forse, ripeterti i momenti che non volli e volendo non volere sono stato, e forse ancora sono costretto a vivere.] Ora trasformati con il mio apporto di consapevolezza verso un antro della mia memoria che è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. Affabulare il mio ricordo, ridondare i suoi aspetti chiamandoli, ma già troppo è stato detto con i nomi, per questo si sono dimenticate le cose con i loro nomi per chiamarle con nomi nuovi; ma non per questo stranamente sono cose nuove, ma neanche vecchie – sono state lì per tutto il tempo ad ascoltare e ciò che ha cambiato nome non si appresta a capire, soltanto per il fatto che il loro aspetto chiamato ne ha modificato l’identità. Con questo aspetto del giorno ho intrapreso il cammino fatto, le ipotesi vissute, tanto da trasformarle in fatti veri e propri – episodi della vita che già spiegano. Come quegli eventi che non hanno nulla da raccontare perché rappresentano, già, da sempre quello che è stato: il reale motivo della loro azione nei confronti e con il mondo; solo per questo sono giunti questi nuovi nomi, per l’accorgersi di quello che era sempre stato, senza però ben capire quello che sempre si era fatto con quella parte che spiega le cose con i nomi, con le parole. Per questo che i nuovi nomi, spesso, sono nomi sbagliati, nomi che non esprimono il reale rappresentato dalla vita, ch’è esperienza. I nomi si sbagliano perché l’esperienza non vuole accettare la sua reale vita.
Non si camuffano le cose e non si chiamano con nomi diversi da quello che il tempo naturale ha dato loro, le cose nuove sono nuove soltanto se appartengono a chi le nomina, a colui che ne è stato il momento di vita. L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – i nomi aprono lo spazio alla menzogna, agognano la distruzione della realtà dell’esperienza primaria del mondo, infangano la verità con la menzogna che non fa altro che cambiare nome alle cose, per dire che l’esperienza non è mai quella vera se non quella che ha cambiato nome, ogni volta, ogni volta che il nome imbroglia la verità della realtà di chi a generato il nome, questo accade. Ora trasformati con il mio apporto di consapevolezza nella mia memoria che è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. I nomi si sbagliano perché l’esperienza non vuole accettare la sua reale vita.
L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – i nomi aprono lo spazio alla menzogna, agognano la distruzione della realtà, dell’esperienza primaria del mondo, l’annullamento della pronunzia del nome infanga la verità con la menzogna che non fa altro che cambiare nome alle cose, per dire che l’esperienza non è mai quella vera se non quella che ha cambiato nome, ogni volta; questo accade.
Per vagare si vaga, fino a quasi perdersi se non si conosce la strada più che bene, se non si conoscono gli aspetti fermi della strada che si sta percorrendo – ho invano aspettato alcune volte, detto per prudenza, che la gente accettasse di camminare lungo la strada dei nomi, per dare un proprio nome a se stessi, e scoprire che con il proprio nome si possono raggiungere le cose che non si conoscono, le cose di cui non conosciamo il nome; invece ognuno percorre la strada della sua categoria, la strada del non obbligo d’uscita, quasi volesse convincersi che non esiste nessuna via d’uscita, nessuna possibilità di pronunziare il nome che ci rammenta il fare stesso dell’esperienza, la parola vita.
“Dove! Dammelo in bocca mi piace.” La pubblicità mi sopravanza nei desideri, quei culi quelle tette, quelle fiche che ti chiedono la tua lingua, senza sospettare niente del resto del tuo mondo che non può capire, quello schermo che riflette il mondo intero guardandolo da una sola parte – così sto per godere eccolo che viene tutto il mio frutto, tutto il mio caldo sangue e mi piace vederti, sentire che lo ingoi, che ti nutri di me. Fammi trasformare il rumore del traffico nel suono del tempo che si appresta a scoprire il perché – fammi sentire che non c’è più alcun giudizio che condiziona la nostra anima, che non si desta più quando qualcuno urla forte il nostro nome, soltanto perché affetto da apatica invidia, fammi sentire il tuo piacere dentro di me il tuo cazzo che partecipa nel mio corpo, inculami ora e forse i passanti si fermeranno qui sul marciapiede con noi.”
“Ora entro dentro di te un po’ alla volta e sento gemere la mia voce dal piacere, la televisione della vetrina mi osserva e sento il volume alzarsi mentre qualcuno apre la porta del negozio – aspetta la voce mi dice, quasi ad impedire quello che sto per fare, e a questo mio dubbio aggiunge: BENE! compra quello che puoi per avere questo. – Osservo il televisore e vedo un cellulare dell’ultimo tipo con cui è possibile accendere i riscaldamenti del mio appartamento, e sento il calore sul mio corpo, mi torna dentro il piacere della sensazione del mio pene dentro quel caldo culo e dimentico la televisione e incomincio a inculare lentamente, ad aprirmi al piacere, ma nessuno si ferma a guardarci mentre provo un gran piacere; sento due auto tamponarsi, ma sono lontane, molto lontane da noi per vederci:”
“Oh, così, lentamente lascia che mi apra a te con grazia, non importa quello che non è accaduto prima, ora ci sei, ti sento dentro come mi sentivo dentro la tua bocca quando eri donna, sento che il tenue dolore lascia lo spazio alla sensazione del piacere, alla naturale forma del tuo pene, mi sento aperto per te, continua più che puoi, lasciami con una possibilità in più per amare.
“Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.” L’hanno uccisa così la mia creatura, senza nessuna domanda, lasciandola lì sulla strada, solo qualcuno è passato più tardi per gettarla nel cassonetto.
Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
Non posso non notare quell’uomo che ha parcheggiato la macchina sul bordo della strada, è un mio vecchio compagno di college, spesso quando non riuscivamo a trovare delle ragazze finivamo con il tirarci le seghe insieme. Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini, uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, mi trovo in un caffè di lusso, di quelli che puoi trovare solo qui su questa strada, in questa città; mi siedo a un tavolo al centro del locale, le poltrone sono imbottite e foderate con un tessuto di ottima qualità; sedute agli altri tavoli ci sono dieci donne tutte vestite allo stesso modo, sono delle sosia di loro stesse, ma a sua volta di una persona che conosco, un’altra persona. Un cameriere mi raggiunge al tavolo, ordino un cognac; lui mi guarda e mi dice
Non sospettavo nulla c’è voluto del tempo prima che capissi, sono venuti prima che lei entrasse, mi hanno detto che avrebbero fatto un gesto prima che lei passasse davanti all’ingresso del locale, e lei grazie a quel gesto sarebbe stato condizionato ad entrare nel locale.
Mentre bevo il cognac osservo una delle donne sosia che sta ricevendo in bocca dal pene del suo uomo lo sperma, aspetta il termine della eiaculazione, viene al mio tavolo e dalla sua bocca lo versa nel mio bicchiere; le dico di attendere, di sdraiarsi sul tavolo e aprire le gambe perché voglio leccarle la vagina, fa come le ho detto, inizio ad accarezzarle il clitoride con la lingua le grandi e le piccole labbra la troia crede di sapere quello che sta facendo. Accosto l’orecchio alla parete, cerco di capire cosa sta succedendo nell’appartamento, non riesco a decifrare le parole che ascolto, potrebbe essere la televisione, e la voce che credo essere sua, niente altro che qualche diva del cinema. I luoghi di chi dovremmo visitare, quando i luoghi che abitiamo più comunemente non ci appartengono affatto… dove dovremmo cantare le nostre storie, forse dove la menzogna ha reso sordi persino i suoni che non abbiamo mai udito, non c’è più niente forse oltre questi grattacieli, il cielo sopra di essi e la terra su cui sono costruiti non appartengono più a nessuna coscienza, sono rimasti solo gli infami i fomentatori di satana, mentre penso questo decido che non ho più voglia di masturbarmi e vedo in cima al grattacielo davanti al mio un uomo gettarsi nel vuoto; i gruppi malefici quelle associazioni a delinquere che continuano a servirsi delle provocazioni della menzogna, della diffamazione della vita altrui con l’inganno della corruzione dei vili, stavano per fare un'altra vittima e nessuno avrebbe saputo chi era stato in realtà a spingere quell’uomo nel vuoto; quando si sarebbero ribellati a Satana, quando avrebbero chiamato le cose con il loro nome e smascherato chi gli sta succhiando la vita. Mentre guardo quella persona cadere non posso fare nulla, niente per impedire che avvenga l’ineluttabile, ma quando quel corpo si sta per schiantare sulla strada ferma la sua caduta e l’uomo posa i piedi a terra e cammina, allontanandosi dalla mia vista. Mentre penso queste cose sento che stanno colpendo violentemente il portone del mio appartamento, corro verso l'ingresso e urlo – fermi ci sono io dentro l’appartamento, i colpi cessano e sento i passi di più persone scendere le scale e dopo un po’ sento i colpi al portone del piano di sotto. Quando si oltraggia si uccide, non resta altro oltre la fine del tempo che giustifichi l’oltraggio, forse che quello che dobbiamo vedere ogni giorno non appartiene alla coscienza dell’uomo, non è la sua stessa esperienza – tutto s’infrange di nuovo verso la sera, tutto risponde al tempo che perde la sua luce.
L’auto schizza via rapida nel traffico, sento un proiettile rimbalzare sulla carrozzeria e non faccio in tempo a schivare una farfalla che muore sul cruscotto della mia macchina.
Chissà chi erano? forse erano semplicemente gli ammazza oltranzisti. Mentre penso queste cose davanti alla mia auto cade il corpo di un uomo, si è buttato da un grattacielo e vederlo lì per terra non è un bello spettacolo, sarà un vittima del collettivo, avrà giocato troppo con i gesti e i suoni. Un altro scemo che non ha voluto, grazie al suo orgoglio capire quale era la realtà, ma continuare a sentirsi gasato dall’illusione. Mi sposto sull’altra corsia per uscire prima possibile dal caos che si è creato e allontanarmi da questo posto
Percorro senza solitudine le strade che incontro non so aspettarmi niente che non abbia già immaginato. Percorro una strada ghiaiosa e mi allontano dalla folla della città. Incontro ferme sul bordo della strada delle puttane che mi fanno cenno di fermarmi, accosto, premo il pulsante che dissolve la sostanza che fa da trasparente, del finestrino dell’auto – una puttana si avvicina e mi dice che mi dà un milione se la faccio salire in macchina. Le chiedo se vuole che l’accompagni sulla strada. La saluto salgo in macchina e cerco la strada per tornare in città.
Mi chiudo nel mio appartamento, mi affaccio alla finestra, la città è piena di luci e una nuova notte sta per cominciare.
Apro la porta del mio appartamento c’è una donna con una pistola in mano che mi dice di farla entrare, mi sposto per lasciarle lo spazio – Entra
Chiudi la porta. La bacio sulla fronte. Lei si agita un po’ e mi fa sentire la canna della pistola sul fianco. Le prendo la testa tra le mani, le bacio gli occhi, la punta del naso, poi appoggio le mie labbra sulle sue. Ora piange con il viso sulla mia spalla. Le sfilo via le scarpe le accarezzo i piedi, le ginocchia le cosce, bacio ogni punto della sua pelle fino a sentire tutto il suo sapore sul mio viso, le accarezzo con la punta della lingua il clitoride, la sento godere, gemere, stringermi la testa tra le cosce per dirmi di smettere. Mi tiro su mentre lei apre le cosce, le entro dentro e sento il mio corpo liberato dalla sensazione del mio pene accarezzato dalla sua vagina, mi sento liberamente nudo dentro di lei, mentre con le mani mi accarezza, mentre la bacio, mentre la sento godere ancora e mentre sento il mio sperma diffondersi dentro di lei. Tutto è sedimentato nell’innaturale, senza una reale continuità, ma soltanto una stagnante sequenza di pazzia e follia verso le ipotesi più inverosimili, nell’odio della verità, l’odio della verità. Gli anonimi vogliono parlare senza sapere con chi, fanno il nove e uno smistamento casuale intercetta un numero, in questo caso il mio e non c’è verso di chiudere la conversazione, se Lara Bel non decide di farlo io non posso disporre del mio numero per tutto il tempo che lei vuole. Sono cresciuta serena e felice, ho conosciuto sempre tante persone e ora non so bene cosa sia accaduto al mondo, al mio mondo, non riesco a pensare niente altro che quello che la rabbia mi fa credere e continuo a restare prigioniera del mio vuoto interiore. Ora trasformati con il mio apporto di consapevolezza verso un antro della mia memoria che è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. I nomi si sbagliano perché l’esperienza non vuole accettare la sua reale vita.
L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – i nomi aprono lo spazio alla menzogna, agognano la distruzione della realtà dell’esperienza primaria del mondo, l’annullamento della pronunzia del nome; questo accade.
“Dove! Dammelo in bocca mi piace.” La pubblicità mi sopravanza nei desideri, quei culi quelle tette, quelle fiche che ti chiedono la tua lingua, senza sospettare niente del resto del tuo mondo che non può capire, quello schermo che riflette il mondo intero guardandolo da una sola parte – così sto per godere eccolo che viene tutto il mio frutto, tutto il mio caldo sangue e mi piace vederti, sentire che lo ingoi, che ti nutri di me. Fammi trasformare il rumore del traffico nel suono del tempo che non si appresta più a scoprire il perché, ma solo come fare – fammi sentire che non c’è più alcun giudizio che condiziona la nostra anima, che non si desta più quando qualcuno urla forte il nostro nome, soltanto perché affetto da apatica invidia, fammi sentire il tuo piacere dentro di me il tuo cazzo che partecipa nel mio corpo, inculami ora e forse i passanti si fermeranno qui sul marciapiede con noi.”
“Ora entro dentro di te un po’ alla volta e sento gemere la mia voce dal piacere, la televisione della vetrina mi osserva e sento la sua voce aggiungere: BENE, compra quello che puoi per avere questo – osservo il televisore e vedo un cellulare dell’ultimo tipo con cui è possibile accendere i riscaldamenti dell’appartamento, e sento il calore sul mio corpo, mi torna dentro il piacere della sensazione del mio pene dentro quel caldo culo e dimentico la televisione e incomincio a inculare lentamente ad aprirmi al piacere, ma nessuno si ferma a guardarci mentre provo un gran piacere; sento due auto tamponarsi, ma sono lontane, molto lontane da noi per vederci:”
“Oh, così, lentamente lascia che mi apra a te con grazia, non importa quello che non è accaduto prima, ora ci sei, ti sento dentro come mi sentivo dentro la tua bocca quando eri donna, sento che il tenue dolore lascia lo spazio alla sensazioni di piacere, alla naturale forma del tuo pene, mi sento aperto per te, continua più che puoi, lasciami con una possibilità in più per amare.
“Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.” L’hanno uccisa così la mia creatura, senza nessuna domanda, lasciandola lì sulla strada, solo qualcuno è passato più tardi per gettarla nel cassonetto.
Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
Non posso non notare quell’uomo che ha parcheggiato la macchina sul bordo della strada, è un mio vecchio compagno di college, spesso quando non riuscivamo a trovare delle ragazze finivamo con il tirarci le seghe insieme. Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini, uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, mi trovo in un caffè di lusso di quelli che puoi trovare solo qui su questa strada, in questa città; mi siedo in un tavolo al centro del locale, le poltrone sono imbottite e foderate con un tessuto di ottima qualità; sedute agli altri tavoli ci sono dieci donne tutte vestite allo stesso modo, sono delle sosia di loro stesse, ma a sua volta di una persona che conosco. Un cameriere mi raggiunge al tavolo, ordino un cognac; lui mi guarda e mi dice
Non sospettavo nulla c’è voluto del tempo prima che capissi, sono venuti prima che lei entrasse, mi hanno detto che avrebbero fatto un gesto prima che lei passasse davanti all’ingresso del locale, e lei grazie a quel gesto sarebbe stato condizionato ad entrare nel locale.
Mentre bevo il cognac osservo una delle donne sosia che sta ricevendo in bocca dal pene del suo uomo lo sperma, aspetta il termine della eiaculazione, viene al mio tavolo e dalla sua bocca lo versa nel mio bicchiere; le dico di attendere, di sdraiarsi sul tavolo e aprire le gambe perché voglio leccarle la vagina, fa come le ho detto, inizio ad accarezzarle il clitoride con la lingua le grandi e le piccole labbra la troia crede di sapere quello che sta facendo. Accosto l’orecchio alla parete, cerco di capire cosa sta succedendo nell’appartamento, non riesco a decifrare le parole che ascolto, potrebbe essere la televisione, e la voce che credo essere sua, niente altro che qualche diva del cinema. I luoghi di chi dovremmo visitare, quando i luoghi che abitiamo più comunemente non ci appartengono affatto, dove dovremmo cantare le nostre storie, forse dove la menzogna ha reso sordi persino i suoni che non abbiamo mai udito, non c’è più niente forse oltre questi grattacieli, il cielo sopra di essi e la terra su cui sono costruiti non appartengono più a nessuna coscienza, sono rimasti solo gli infami i fomentatori di satana, mentre penso questo decido che non ho più voglia di masturbarmi e vedo su, in cima al grattacielo davanti al mio un uomo gettarsi nel vuoto; i gruppi malefici quelle associazioni a delinquere che continuano a servirsi delle provocazioni della menzogna, della diffamazione della vita altrui con l’inganno della corruzione dei vili, stavano per fare un'altra vittima e nessuno avrebbe saputo chi era stato in realtà a spingere quell’uomo nel vuoto; quando si sarebbero ribellati a Satana, quando avrebbero chiamato le cose con il loro nome e smascherato chi gli sta succhiando la vita. Mentre guardo quella persona cadere non posso fare nulla, niente per impedire che avvenga l’ineluttabile, ma quando quel corpo si sta per schiantare sull’asfalto della strada ferma la sua caduta e l’uomo posa i piedi a terra, come sceso da un gradino, cammina allontanandosi dalla mia vista. Mentre penso queste cose sento che stanno colpendo violentemente il portone del mio appartamento, corro verso l'ingresso e urlo – fermi ci sono io dentro l’appartamento, i colpi cessano e sento i passi di più persone scendere le scale e dopo un po’ sento i colpi al portone del piano di sotto. Quando si oltraggia si uccide, non resta altro oltre la fine del tempo che giustifichi l’oltraggio, forse che quello che dobbiamo vedere ogni giorno non appartiene alla coscienza dell’uomo, non è la sua stessa esperienza – tutto si infrange di nuovo verso la sera, tutto risponde al tempo che perde la sua luce.
L’auto schizza via rapida nel traffico, sento un proiettile rimbalzare sulla carrozzeria e non faccio in tempo a schivare una farfalla che s’infrange sul cruscotto della mia macchina.
Percorro senza solitudine le strade che incontro non so aspettarmi niente che non abbia già immaginato. Percorro una strada ghiaiosa e mi allontano dalla folla della città. …Le chiedo se vuole che l’accompagni sulla strada. La saluto salgo in macchina e cerco la strada per tornare in città
Mi chiudo nel mio appartamento, mi affaccio alla finestra, la città è piena di luci e una nuova notte sta per cominciare
Apro la porta del mio appartamento c’è una donna con una pistola in mano che mi dice di farla entrare, mi sposto per lasciarle lo spazio – Entra
Chiudi la porta. La bacio sulla fronte. Lei si agita un po’ e mi fa sentire la canna della pistola sul fianco. Le prendo la testa tra le mani, le bacio gli occhi, la punta del naso, poi appoggio le mie labbra sulle sue. Ora piange con il viso sulla mia spalla. Le sfilo via le scarpe le accarezzo i piedi, le ginocchia le cosce, bacio ogni punto della sua pelle fino a sentire tutto il suo sapore sul mio viso, le accarezzo con la punta della lingua il clitoride, la sento godere, gemere, stringermi la testa tra le cosce per dirmi di smettere. Mi tiro su mentre lei apre le cosce, le entro dentro e sento il mio corpo liberato dalla sensazione del mio pene accarezzato dalla sua vagina, mi sento liberamente nudo dentro di lei, mentre con le mani mi accarezza, mentre la bacio, mentre la sento godere ancora e mentre sento il mio sperma diffondersi dentro di lei. Tutto è sedimentato nell’innaturale, senza una reale continuità, ma soltanto una stagnante sequenza di pazzia e follia verso le ipotesi più inverosimili, nell’odio della verità, l’odio della verità. Gli anonimi vogliono parlare senza sapere con chi, fanno il nove e uno smistamento casuale intercetta un numero, in questo caso il mio e non c’è verso di chiudere la conversazione, se Lara Bel non decide di farlo io non posso disporre del mio numero per tutto il tempo che lei vuole. Sono cresciuta serena e felice, ho conosciuto sempre tante persone e ora non so bene cosa sia accaduto al mondo, al mio mondo, non riesco a pensare niente altro che quello che la rabbia mi fa credere e continuo a restare prigioniera del mio vuoto interiore. Ora trasformati con il mio apporto di consapevolezza con la mia memoria che è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà ha chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – questo accade.
“Dove! Dammelo in bocca mi piace.”
“Ora entro dentro di te un po’ alla volta e sento gemere la mia voce dal piacere, la televisione della vetrina mi osserva e sento il volume alzarsi mentre qualcuno apre la porta del negozio – dice – BENE! compra quello che puoi per avere questo – osservo il televisore e vedo un cellulare dell’ultimo tipo con cui è possibile accendere i riscaldamenti e sento il calore sul mio corpo, mi torna dentro il piacere della sensazione del mio pene dentro quel caldo culo e dimentico la televisione e incomincio a inculare lentamente ad aprirmi al piacere, ma nessuno si ferma a guardarci mentre provo un gran piacere; sento due auto tamponarsi, ma sono lontane, molto lontane da noi per vederci:”
“Oh, così, lentamente lascia che mi apra a te con grazia, non importa quello che non è accaduto prima, ora ci sei, ti sento dentro come mi sentivo dentro la tua bocca quando eri donna, sento che il tenue dolore lascia lo spazio alle sensazioni del piacere, alla naturale forma del tuo pene, mi sento aperto per te, continua più che puoi, lasciami con una possibilità in più per amare.
“Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.” L’hanno uccisa così la mia creatura, senza nessuna domanda, lasciandola lì sulla strada, solo qualcuno è passato più tardi per gettarla nel cassonetto.
Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
Non posso non notare quell’uomo che ha parcheggiato la macchina sul bordo della strada, è un mio vecchio compagno. Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini, uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, mi trovo in un caffè di lusso di quelli che puoi trovare solo qui su questa strada, in questa città; mi siedo nel tavolo al centro del locale, le poltrone sono imbottite e foderate con un tessuto di ottima qualità; sedute agli altri tavoli ci sono dieci donne tutte vestite allo stesso modo, sono la sosia, un’altra persona. Un cameriere mi raggiunge al tavolo, ordino un cognac; lui mi guarda e mi dice
Non sospettavo nulla c’è voluto del tempo prima che capissi, sono venuti prima che lei entrasse, mi hanno detto che avrebbero fatto un gesto prima che lei passasse davanti all’ingresso del locale, e lei grazie a quel gesto sarebbe stato condizionato ad entrare nel locale.
Mentre bevo il cognac osservo una delle donne sosia che sta ricevendo in bocca dal pene del suo uomo lo sperma, aspetta il termine della eiaculazione, viene al mio tavolo e dalla sua bocca lo versa nel mio bicchiere; le dico di attendere, di sdraiarsi sul tavolo e aprire le gambe perché voglio leccarle la vagina, fa come le ho detto, inizio ad accarezzarle il clitoride con la lingua le grandi e le piccole labbra la troia crede di sapere quello che sta facendo. Accosto l’orecchio alla parete, cerco di capire cosa sta succedendo nell’appartamento, non riesco a decifrare le parole che ascolto, potrebbe essere la televisione, e la voce che credo essere sua, niente altro che qualche diva del cinema. Mentre penso queste cose sento che stanno colpendo violentemente il portone del mio appartamento, corro verso l'ingresso e urlo – fermi ci sono io dentro l’appartamento, i colpi cessano e sento i passi di più persone scendere le scale e dopo un po’ sento i colpi al portone del piano di sotto. Quando si oltraggia si uccide, non resta altro oltre la fine del tempo che giustifichi l’oltraggio, forse che quello che dobbiamo vedere ogni giorno non appartiene alla coscienza dell’uomo, non è la sua stessa esperienza – tutto si infrange di nuovo verso la sera, tutto risponde al tempo che perde la sua luce.
L’auto schizza via rapida nel traffico, sento un proiettile rimbalzare sulla carrozzeria e non faccio in tempo a schivare una farfalla a salvarle la vita.
Davanti alla mia auto cade il corpo di un uomo, si è buttato da un grattacielo e non è un bello spettacolo vederlo lì per terra, sarà un vittima del collettivo. Percorro una strada ghiaiosa e mi allontano dalla folla della città. Le chiedo se vuole che l’accompagni sulla strada. La saluto salgo in macchina e cerco la strada per tornare in città
Mi chiudo nel mio appartamento, mi affaccio alla finestra, la città è piena di luci e una nuova notte sta per cominciare
Apro la porta del mio appartamento c’è una donna con una pistola che mi dice di farla entrare, mi sposto per lasciarle lo spazio – Entra
Chiudi la porta. La bacio sulla fronte. Lei si agita un po’ e mi fa sentire la canna della pistola sul fianco. Le sfilo via le scarpe le accarezzo i piedi, le ginocchia le cosce, bacio ogni punto della sua pelle fino a sentire tutto il suo sapore sul mio viso, le accarezzo con la punta della lingua il clitoride, la sento godere, gemere, stringermi la testa tra le cosce per dirmi di smettere. Tutto è sedimentato nell’innaturale, senza una reale continuità, ma soltanto una stagnante sequenza di pazzia e follia verso le ipotesi più inverosimili, nell’odio della verità, l’odio della verità. Gli anonimi vogliono parlare senza sapere con chi, fanno il nove e uno smistamento casuale intercetta un numero, in questo caso il mio e non c’è verso di chiudere la conversazione, se Lara Bel non decide di farlo io non posso disporre del mio numero per tutto il tempo che lei vuole. Sono cresciuta serena e felice, ho conosciuto sempre tante persone e ora non so bene cosa sia accaduto al mondo, al mio mondo, non riesco a pensare niente altro che quello che la rabbia mi fa credere e continuo a restare prigioniera del mio vuoto interiore. Ora trasformati con il mio apporto di consapevolezza verso un antro della mia memoria che è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – i nomi aprono lo spazio alla menzogna, agognano la distruzione della realtà dell’esperienza primaria del mondo, l’annullamento della pronunzia del nome, infangano la verità con la menzogna che non fa altro che cambiare nome alle cose, per dire che l’esperienza vera è quella che ha cambiato nome, ogni volta, ogni volta che il nome imbroglia la verità questo accade.
“Dove! Dammelo in bocca mi piace.”
“Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.” L’hanno uccisa così la mia creatura, senza nessuna domanda, lasciandola lì sulla strada, solo qualcuno è passato più tardi per gettarla nel cassonetto.
Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini, uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, mi trovo in un caffè di lusso di quelli che puoi trovare solo qui su questa strada, in questa città; mi siedo al centro del locale, le poltrone sono imbottite e foderate con un tessuto di ottima qualità; sedute agli altri tavoli ci sono dieci donne tutte vestite allo stesso modo, sono sosia tra loro stesse, ma a sua volta di una persona che conosco, del tutto diversa, è un’altra persona. Un cameriere mi raggiunge al tavolo, ordino un cognac; lui mi guarda e mi dice
Non sospettavo nulla c’è voluto del tempo prima che capissi, sono venuti prima che lei entrasse, mi hanno detto che avrebbero fatto un gesto prima che lei passasse davanti all’ingresso del locale, e lei grazie a quel gesto sarebbe stato condizionato ad entrare nel locale.
Mentre bevo il cognac osservo una delle donne sosia che sta ricevendo in bocca dal pene del suo uomo lo sperma, aspetta il termine della eiaculazione, viene al mio tavolo e dalla sua bocca lo versa nel mio bicchiere; le dico di attendere, di sdraiarsi sul tavolo e aprire le gambe perché voglio leccarle la vagina, fa come le ho detto, inizio ad accarezzarle il clitoride, con la lingua le grandi e le piccole labbra, la Troia crede di sapere quello che sta facendo. Accosto l’orecchio alla parete, cerco di capire cosa sta succedendo nell’appartamento, non riesco a decifrare le parole che ascolto, potrebbe essere la televisione, e la voce che credo essere sua, niente altro che qualche diva del cinema. L’auto schizza via rapida nel traffico, sento un proiettile rimbalzare sulla carrozzeria e non faccio in tempo a schivare la farfalla che muore sul cruscotto della mia macchina.
Percorro una strada ghiaiosa e mi allontano dalla folla della città. Mi chiudo nel mio appartamento, mi affaccio alla finestra, la città è piena di luci e una nuova notte sta per cominciare
Apro la porta del mio appartamento c’è una donna con una pistola che mi dice di farla entrare, mi sposto per lasciarle lo spazio – Entra
Chiudi la porta. La bacio sulla fronte. Lei si agita un po’ e mi fa sentire la canna della pistola sul fianco. Le sfilo via le scarpe le accarezzo i piedi, le ginocchia le cosce, bacio ogni punto della sua pelle fino a sentire tutto il suo sapore sul mio viso, le accarezzo con la punta della lingua il clitoride, la sento godere, gemere, stringermi la testa tra le cosce per dirmi di smettere. Tutto è sedimentato nell’innaturale, senza una reale continuità, ma soltanto una stagnante sequenza di pazzia e follia verso le ipotesi più inverosimili, nell’odio della verità, l’odio della verità. Sono cresciuta serena e felice, ho conosciuto sempre tante persone e ora non so bene cosa sia accaduto al mondo, al mio mondo, non riesco a pensare niente altro che quello che la rabbia mi fa credere e continuo a restare prigioniera del mio vuoto interiore.
Per vagare si vaga, fino a quasi perdersi se non si conosce la strada più che bene, se non si conoscono gli aspetti fermi della strada che si sta percorrendo – ho invano aspettato alcune volte, detto per prudenza, che la gente accettasse di camminare lungo la strada dei nomi, per dare nome a se stessi, e scoprire che con il proprio nome si possono raggiungere le cose che non si conoscono, le cose di cui non conosciamo il nome. Invece ognuno percorre la strada della sua categoria, la strada del non obbligo d’uscita, quasi volesse convincersi che non esiste nessuna via d’uscita, nessuna possibilità di pronunziare il nome che ci rammenta il fare stesso dell’esperienza, la parola vita.
C’è un margine che non si sospetta neanche, per lui, quello che ci appare come l’attore della storia, di colui che s’interpreta oltre la nostra realtà, fino alla rappresentabilità stessa di tutto quello che non immaginiamo lui sia, la rappresentazione visibile di quel che soltanto pensiamo d’immaginare, forse sognare, sperando che questi sogni non siano altro che progetti, e che l’incapacità di camminare lungo la strada non trasformi i sogni nella morte del sogno, nella trasformazione della vita in un’illusione che evoca i nomi che la trasformano in un inferno da cui non è più possibile uscire.
L’attore cammina, cammina lungo un percorso rappresentato da una strada che attraversa una città. Una città fatta d’acciaio, grattacieli che spezzano la prospettiva di un tempo che antropologicamente ha forse esaudito la sua verticalità. Queste immense costruzioni che alterano la visuale di un tutto omogeneo, riescono ad unire lontani tra loro i sogni di quegli uomini che per tanto tempo hanno sognato di avvicinarsi di più al cielo, a quel cielo che non portano dentro, se non quando sentono che loro non hanno nulla oltre la loro vita. Perdere o guadagnare, o soltanto pensare tra le sponde del loro universo all’universo stesso, solo allora percepiscono l’unità del tutto, percepiscono forse le parole, quelle uniche, senza più neanche similitudini. L’attore cammina, mentre in uno di questi edifici due persone parlano della loro esistenza – dicono che non hanno più voglia di rappresentarsi che non comprendono perché siano lì in un appartamento al venticinquesimo piano. …Lui allora l’abbraccia, l’abbraccia mentre sente un brivido scorrere sulla schiena di lei che le dice – “Lasciami stare!”
- “Non capisco ho voglia di toccarti, ho voglia di te possibile che non capisci, è soltanto per questo che sono venuto qui, oggi.”
- “Forse è meglio incontrarsi da un’altra parte, non so, non ne posso più di questa stanza. Forse è meglio non vederci più!”
Lei pronunciò quest’ultima frase con indifferenza, quasi che il pronunciarla o no non fosse importante, soltanto all’ultima parola aveva dato peso, quel più! le era entrato dentro, lo sentiva nello stomaco che le si contraeva, nel cuore che le era rimasto calmo. Lui vide la sua calma e indifferenza. “Avvicino la sua mano a quella di lei, con l’altra la tocco sulla vagina nuda” – gli fu dentro e senza che lei sospettasse nulla strinse le sue mani sul suo collo, le strinse forte, più forte che poté.
L’attore continua a passeggiare, qualcuno lo ferma lungo la strada – “Ti piacerebbe ti facessi un pompino, io sono brava, che sapore ha lo sperma io non lo so, voglio farti un pompino ti piacerebbe.”
- “Va bene! Mi slaccio i pantaloni. Prendilo in bocca, così. Succhiami, lascia che i miei pensieri non ci siano più, fammi sentire la lingua che accarezza il laccio del prepuzio, “come quando lei aveva detto quella frase.” La gente passeggia lungo la strada, ma neanche ci vede, che importa loro che tu mi fai un pompino qui sul marciapiede. Continua così, fammi sentire che me lo succhi, fammi intraprende il viaggio, aspetta spostiamoci davanti a quel negozio.”
- “Dove! Dammelo in bocca mi piace.”
- “Vieni andiamo là davanti, vedrai è più bello e ti piacerà di più.”
- “Così va bene, non dirmi quando sborri me lo voglio sentire in gola il sapore dello sperma.”
- “Lasciami guardare la televisione, fammi godere mentre osservo i programmi televisivi che si raccontano davanti a questa vetrina che espone i suoi articoli, fammi sentire che il mondo ha la sua rappresentazione e che le cose che accadono passano sovente davanti a questa vetrina della prima strada. Non ho lasciato i sogni da nessuna altra parte, da nessuno che non sapesse dove ritrovarli. E tu continua a succhiarmelo dammi tutto quello che hai, trova lo spazio nella tua bocca per me, per il resto del mio tempo. La pubblicità mi sopravanza nei desideri, quei culi quelle tette, quelle fiche che ti chiedono la tua lingua, senza sospettare niente del tuo mondo che non può capire, quello schermo che riflette il mondo intero guardandolo da una sola parte – così sto per godere eccolo che viene tutto il mio frutto, tutto il mio caldo sangue e mi piace vederti, sentire che lo ingoi, che ti nutri di me. Ora ti chiedo di incularmi fammi sentire cosa si prova, fammi capire il piacere che provano le donne quando le inculo e lascia che il mio amore per te non cambi categoria, che non sia in nessuna categoria. Inculami come un essere che ha voglia di amare, non dirmi che cosa sono se amo una donna o un uomo o qualsiasi altra persona. Mi tolgo i pantaloni e m’inginocchio – lubrificami l’ano e inculami, facciamo in modo che i passanti si accorgano di noi, che capiscano che ci amiamo.”
- “Te lo metto dentro, ma io sono un eterosessuale.”
- “Non più, ora sei un persona che ne ama un’altra, fammi provare questa cosa, perdiamo ogni distinzione, tanto qui nessuno si ferma a guardarci. Fammi trasformare il rumore del traffico nel suono del tempo che non si appresta più a scoprire il perché, ma solo come fare. Fammi sentire che non c’è più alcun giudizio che condiziona la nostra anima, che non si desta più quando qualcuno urla forte il nostro nome, soltanto perché affetto da apatica invidia. Fammi sentire il tuo piacere dentro di me, il tuo cazzo che partecipa nel mio corpo, inculami ora e forse i passanti si fermeranno qui sul marciapiede con noi.”
- “Ora entro dentro di te un po’ alla volta e sento gemere la mia voce dal piacere, la televisione della vetrina mi osserva e sento il volume alzarsi mentre qualcuno apre la porta del negozio – aspetta! mi dice la voce che proviene dalla televisione, quasi ad impedire quello che sto per fare, e a questo mio dubbio aggiunge: BENE! compra quello che puoi per avere questo – osservo il televisore e vedo un cellulare dell’ultimo tipo con cui è possibile accendere i riscaldamenti del mio appartamento, e sento il calore sul mio corpo, mi torna dentro il piacere della sensazione del mio pene dentro quel caldo culo e dimentico la televisione e incomincio a inculare lentamente ad aprirmi al piacere, ma nessuno si ferma a guardarci mentre provo un gran piacere. Sento due auto tamponarsi, ma sono lontane, molto lontane da noi per vederci.”
- “Oh, così, lentamente lascia che mi apra a te con grazia, non importa quello che non è accaduto prima, ora ci sei, ti sento dentro come mi sentivo dentro la tua bocca quando eri donna, sento che il tenue dolore lascia lo spazio alla sensazione di piacere, alla naturale forma del tuo pene, mi sento aperto per te, continua più che puoi, lasciami con una possibilità in più per amare. La televisione è ancora lì al suo posto o da un’altra parte, sento lontano il traffico e non m’importa più se la gente che passa non si ferma a guardarci non si accorge di noi. Posso dire che forse mi sento compiuto, lontano dallo smembramento che mi spingeva a giustificare qualsiasi cosa facessi per dire cosa fossi, a chi, quale categoria appartenessi. Continua non fermarti, lascia che le voci che parlano senza chiarezza non guidino le nostre azioni, fregatene se s’illudono del contrario, continua a muoverti dentro di me, abbracciami, e abbracciami più forte quando il tuo seme uscirà da te.”
- “Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.”
- “Io sono l’attore che passeggia, il mio ventre è gonfio, ma nessuno degli altri passanti si accorge di me, quando espellerò da me il mio frutto i tempi saranno già trascorsi e le sensazioni non si ricorderanno più, forse. Ma lo stesso io qui su questa strada afferrerò il cordone ombelicale e lo strapperò con i denti. È nata una donna da questo gesto, è fuggita via e non mi ha più riconosciuto. In quella stanza nel grattacielo l’uomo ha strangolato la donna e quando lei non ha avuto più aria, lui a stretto ancora più forte le mani e in quell’istante ha sentito il suo pene eiaculare dentro di lei, quasi fosse lui a morire impiccato. L’hanno uccisa così la mia creatura, senza nessuna domanda, lasciandola lì sulla strada, solo qualcuno è passato più tardi per gettarla nel cassonetto.
- Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
- Era accaduto ancora una volta, dopo che le mie doglie si sono compiute sul marciapiede della strada, tra le auto parcheggiate non ho potuto fare niente per quella creatura. Ora sono nudo spogliato di ogni vanità di gloria, ridotto alla misera sequenza di immagini che attraversano i notiziari della sera, e non riesco, non riesco a dire più che non c’è più nulla da fare. Mi hanno strappato dalle viscere la mia strana creatura e mi hanno detto che era una donna, prima di buttarla nel cassonetto. Sono andato a cercarla dentro il cassonetto ma era pieno d’immondizia. L’ho cercata per molti giorni ma mi sono perso tra le cose che trovavo, sono stato per un anno a cercarla, una volta ho incontrato una donna e ho fatto all’amore con lei per una notte intera, era bella, aveva delle gran tette e una fica lussuriosa e pelosa, ha goduto molte volte con me, l’ho anche inculata e mi ha tenuto in bocca fino a farmi impazzire. Poi l’ho lasciata e ho continuato a cercare la mia creatura, ma neanche quella volta sono riuscito a trovarla.
- Ora cammino sulla strada e ho appena rotto un tacco della scarpa destra, sono scarpe a spillo. Ho un gran culo e porto la taglia novanta, il mio seno dicono sia spettacolare – quando vado a fare un servizio fotografico mi piace vedere che il fotografo si eccita mentre mi guarda posare per lui. Ho aspettato tutto il giorno per questo appuntamento, è un lavoro molto importante e spero che non sia necessario portarmi a letto qualche cesso di uomo. Sono stata scartata, non mi hanno voluto, cercavano qualcuna meno appariscente.
- Non posso non notare quell’uomo che ha parcheggiato la macchina sul bordo della strada, è un mio vecchio compagno di college, spesso quando non riuscivamo a trovare delle ragazze finivamo con il tirarci le seghe insieme. Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini. Uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
- Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, mi trovo in un caffè di lusso di quelli che puoi trovare solo qui su questa strada, in questa città. Mi siedo nel tavolo al centro del locale, le poltrone sono imbottite e foderate con un tessuto di ottima qualità. Sedute agli altri tavoli ci sono dieci donne tutte vestite allo stesso modo, sono sosia le une alle altre , ma a sua volta di una persona che conosco, del tutto diversa, è un’altra persona. Queste donne credono che io pensi che loro siano lei. Ognuna si impegna per comportarsi nel modo che credono mi dia più fastidio, ma nessuna mi dà fastidio, non le conosco proprio, e dopo averle osservate, differenti l’una dall’altra le ignoro. Loro iniziano quasi a fare chiasso per darmi fastidio, ma nessuna in realtà è capace di rivolgermi la parola, per paura di scoprire, che io sono indifferente al loro comportamento. Sono così condizionate da pensare di essere artefici dei miei riflessi condizionati. Un cameriere mi raggiunge al tavolo, ordino un cognac. Il cameriere mi guarda e mi dice
- Non sospettavo nulla c’è voluto del tempo prima che capissi, sono venuti prima che lei entrasse, mi hanno detto che avrebbero fatto un gesto prima che lei passasse davanti all’ingresso del locale, e lei grazie a quel gesto sarebbe stato condizionato ad entrare nel locale.
- Non si preoccupi, ho visto quel gesto, ma già da molto prima avevo deciso di entrare qui dentro. Li lasci credere al loro assurdo. Molte altre persone hanno compiuto dei gesti che potevano indurmi ad entrare qui dentro e a nessuna di loro importava nulla di quel che io facessi, non era difficile supporre che io entrassi qui dentro, l’ho fatto perché avevo voglia di bere qualcosa. Loro le diranno che ho avuto voglia di bere perché uno di loro mi è passato a fianco e ha simulato il gesto di bere, - sembrando un matto che fa un gesto inconsulto e credendo che nessuno lo prendesse per tale - le do un consiglio non cada in questi giochi senza fine e senza un reale significato. Costoro sono prigionieri della loro folle illusione e senza la capacità morale di scoprire se quel che pensano sia vero o no. Non parlano con l’attore su cui proiettano le loro ipotesi illusorie, per non scoprire la verità e poter continuare a fomentare il male della menzogna, non cada nel loro giogo e li smascheri per quel che sono: satanici persecutori con la maschera di una scienza folle.
- Mentre bevo il cognac osservo una delle donne sosia che sta ricevendo in bocca dal pene del suo uomo sperma, aspetta il termine della eiaculazione, viene al mio tavolo e dalla sua bocca lo versa nel mio bicchiere. Le dico di attendere, di sdraiarsi sul tavolo e aprire le gambe perché voglio leccarle la vagina. Fa come le ho detto, inizio ad accarezzarle la clitoride con la lingua le grandi e le piccole labbra la troia crede di sapere quello che sta facendo. Si sentono degli spari, entrano dei bambini di non più di dieci anni, hanno dei fucili e sparano in aria. Piccoli bambini dell’Africa si avvicinano al mio tavolo, prendono per le braccia la donna ch’è con me, le posano le mani sul tavolo e con un colpo secco d’ascia le tagliano. Ad un’altra entrambi i piedi. Il locale si riempie di sangue, i bambini escono in cerca di un altro posto. Al mio tavolo viene il cameriere a dirmi che non sa come pulire tutto quel sangue, ma mentre il cameriere parla, nel locale entra un bambino in avanzato stato di denutrizione, con lo stomaco gonfio e il viso scheletrico: si inginocchia sul sangue e incomincia a leccarlo, mangiarlo. Guardo il mio bicchiere di cognac poi osservo l’uomo che vi ha versato il suo sperma – seduto, con lo sguardo fisso nel vuoto – morto e il suo pene in terra, prendo il mio bicchiere e bevo. La sua vita mi e scorsa giù nella gola, lasciandomi nient’altro, che un momento che non appartiene a nessuno.
- Ero stato sveglio tutto il giorno pensando a quello che avevo visto la sera nel locale e la notte non era stato il caso di tornare a casa a dormire. Avevo camminato vicino ai grattacieli, sulla strada bagnata dalla pioggia, che durante la notte era caduta incessante. Sono rientrato nel mio appartamento verso le nove della mattina, ed ora sono qui stordito da un sonno ancora lontano, a guardare la città attraverso i vetri della mia finestra, osservare gli altri che camminano, là! in fondo alla strada, sembrando minuscoli insetti. Sento dei suoni attraverso le pareti - sono gli abitanti dell’appartamento accanto. Non capisco se stanno parlando o se stanno scopando. Alcune volte ho incontrato lei che tornava a casa, sempre verso le undici della mattina, quando ci siamo incontrati sulle scale ci siamo guardati senza dire nulla – è una bella donna sui trentacinque o su di lì, una che a vederla ti fa venire in mente la redazione di un quotidiano. Lui non l’ho mai visto, in realtà non so neanche se esiste, le voci che sento, di là, nell’appartamento, potrebbero essere di chiunque: qualcuno di passaggio, amici che la vengono a trovare o chissà chi altro. Accosto l’orecchio alla parete, cerco di capire cosa sta succedendo nell’appartamento, non riesco a decifrare le parole che ascolto, potrebbe essere il televisore, e la voce che credo essere sua, niente altro che qualche diva del cinema. Decido di lasciar perdere. Mi sdraio sul divano mi slaccio i pantaloni e inizio a masturbarmi, nello stato in cui mi trovo non credo che mi rilasserà, ma ho voglia di provare un po’ di piacere, accarezzarmi immaginando il piacere. Sento il rompo di un aereo di linea sfiorare i grattacieli, va dove forse non c’è stato mai bisogno di andare. I luoghi di chi dovremmo visitare? quando i luoghi che abitiamo più comunemente non ci appartengono affatto. Dove dovremmo cantare le nostre storie, forse dove la menzogna ha reso sordi persino i suoni che non abbiamo mai udito? Non c’è più niente forse oltre questi grattacieli, il cielo sopra di essi e la terra su cui sono costruiti non appartengono più a nessuna coscienza, sono rimasti solo gli infami i fomentatori del male. Mentre penso questo decido che non ho più voglia di masturbarmi e vedo in cima al grattacielo davanti il mio, un uomo gettarsi nel vuoto. I gruppi malefici quelle associazioni a delinquere che continuano a servirsi delle provocazioni della menzogna, della diffamazione della vita altrui con l’inganno della corruzione dei vili, stavano per fare un’altra vittima e nessuno avrebbe saputo chi era stato in realtà a spingere quell’uomo nel vuoto. Quando si sarebbero ribellati a Satana, quando avrebbero chiamato le cose con il loro nome e smascherato chi gli sta succhiando la vita? Mentre guardo quella persona cadere non posso fare nulla, niente per impedire che avvenga l’ineluttabile, ma quando quel corpo si sta per schiantare sull’asfalto della strada ferma la sua caduta e l’uomo posa i piedi a terra, come scendesse da un gradino e cammina allontanandosi dalla mia vista. Vedo ora dalla finestra i malefici dire che non è possibile, correre in giro da tutte le parti a raccontare alla gente che è stato aiutato da forze soprannaturali sicuramente malefiche, che avrebbero contagiato anche loro, ma qualcuno risponde loro che forse sono state le forze del bene ad aiutarlo, allora loro dicono che sicuramente era stato un trucco. Chiudo le tende e accendo la luce.
- Tirati su, sento dire fuori sulle scale mentre mi alzo dal divano. Era la voce di lei, della mia vicina.
- Non l’ho fatto apposta, risponde la voce di una bambina.
- Ci sono state epoche che hanno segnato il mondo con le loro nefandezze, certe volte alcune sono state più atroci di altre. I nazisti per la ricerca della razza pura facevano accoppiare uomini e donne ariane che ritenevano di costituzione superiore, da tale ricerca si è giunti a snaturare tutto ciò che la natura applica allo svolgersi della vita dell’uomo in modo naturale, si è voluto riprodurre in modo scientifico le scelte che avvengono per processi naturali fino a violentare la natura e con essa stuprare la libertà dell’uomo. - La donna sulle scale chiama la bambina, che credo stia seguendo la donna senza dire nulla. - Il mondo non era più libero dal maleficio dei riflessi condizionati indotti. E i comportamentisti scientifici continuano, per servire il male, a diffondere la menzogna con le loro coazioni a ripetere, suscitando la rabbia che esplode senza un’apparente motivo tra chiunque contro chiunque. Persone che odiano altre persone senza che chi è odiato sappia perché e chi lo odia. Cos'è che impedisce a costui di vivere la vita serenamente? Perché con i mezzi subdoli delle associazioni visive e verbali i comportamentisti fomentano artificialmente l’odio per distruggere i ricordi le emozioni, la speranza, con tecniche di pura follia che spacciano per scienza? Satana ride.
- Mentre penso queste cose sento che stanno colpendo violentemente il portone del mio appartamento, corro verso l'ingresso e urlo – fermi ci sono io dentro l’appartamento, i colpi cessano e sento i passi di più persone scendere le scale e dopo un po’ sento colpire il portone del piano di sotto. Questa tecnica di scasso con rumore è l’ultima trovata dei ladri di città, avvisano prima di entrare nell'appartamento colpendo forte il portone, se qualcuno risponde se ne vanno altrimenti sfondano la porta e rubano e distruggono tutto ciò che trovano - è quello che sta accadendo al piano di sotto - squilla il mio telefono sono i ladri che mi dicono di chiamare le guardie che loro hanno finito e se ne stanno per andare, fanno questo per evitare che dopo il loro passaggio con la casa aperta possano entrare degli sciacalli e rubare quello che loro hanno deciso di non prendere. Chiamo le guardie e dico che i ladri hanno finito, di venire prima possibile. Come abbasso il ricevitore il telefono squilla di nuovo.
- Pronto?
- Ciao sono io ti ricordi di me!?
- Può darsi, che cosa hai fatto questa volta?
- Sono andato nel parco e ho tagliato a pezzi una coppia. Era notte e ho visti che gli imprudenti si sedevano su una panchina, mi sono avvicinato e sono restato nascosto lì vicino, ad ascoltare i loro discorsi. Lei stava dicendo che non dovevano più capire le cose che gli altri facevano, perché forse non c’era proprio niente per cui valesse la pena di essere tristi.
- …Non importa quello che possono pensare, ci abbiamo provato, abbiamo passato tutto questo tempo insieme per cercare di legare le nostre vite a quelle degli altri, ma siamo rimasti soli e non possiamo capire tutto quello che ci è successo perché non crediamo a tutto quello che il mondo sta riservando a se stesso, a tutto quello che gli uomini continuano a fare del loro tempo. In fondo cosa importa, forse non è importante.
- Quando si oltraggia si uccide, non resta altro oltre la fine del tempo che giustifichi l’oltraggio, forse che quello che dobbiamo vedere ogni giorno non appartiene alla coscienza dell’uomo, non è la sua stessa esperienza – tutto si infrange di nuovo verso la sera, tutto risponde al tempo che perde la sua luce.
- Mentre dicevano queste cose io ho capito che non ne potevano più di aspettare qualcuno che prendesse una decisione per loro, che gli spiegasse come dovevano fare, e che fossi io, per loro, era ancora meno importate. L’ho capito appena li ho visti. Mentre stavo riflettendo per decidermi sono passate alcune persone, proprio davanti alla loro panchina: una ha pronunciato la parola dai, un’altra: fallo e mentre stavo per muovermi verso di loro ne è passata un’altra che ha pronunciato la parola vai. Mi ricordo le associazioni casuali che avvengono comunemente tra le azioni le parole e i gesti, ma queste persone mi è sembrato pronunciassero quelle parole sapendo quello che io stavo per fare, come se volessero dimostrare a non so chi che erano in grado di far fare a chiunque quello che loro volevano, anche le cose più crudeli. In quel momento pensai chi se non satana può essere il loro osservatore. Decisi di masturbarmi e quando stavo per godere ho visto quello che avrei dovuto fare. Una parte di me è uscita dal mio corpo, l’ho vista avvicinarsi a quelle persone sedute sulla panchina e con un ascia spaccare il loro cranio in due, poi ha iniziato a mangiare il loro cervello. Mi hanno detto assassino perché l'hai fatto noi non c’entriamo niente, però bravo, all’improvviso tutto questo è scomparso, ho visto le due persone che stavano parlando, ancora sulla panchina, sono uscito dal mio nascondiglio mi sono mostrato loro davanti con il pene in mano e ho goduto, poi mi sono allontano, e la gente di prima è tornata e mi hanno detto: Perché non lo hai fatto vigliacco, ti ammazzeremo per questo, allora la notte il traffico i rumori del parco, ma ancora di più le urla della gente che provenivano dalla strada, che sembravano urlare contro di me, mi hanno gettato in uno stato di panico.
- Non hai ancora capito chi sono i malefici comportamentisti, appena capirai le loro assurde tecniche, forse smetterai anche di fare del male e chissà può darsi che capirai che chi pratica l’illusione, il sopruso della menzogna è già morto e l’unica cosa che può volere è che tu sia morto con lui. Senti ora devo riattaccare. Le telefonate di questo sconosciuto mi raccontano la vita nel parco, le notti che non accennano a cambiare, i giorni che continuano inesorabili verso la loro fine ineluttabile.
- Mi chiudo il portone dell’appartamento alle spalle imbocco l’ascensore e faccio i trenta piani che mi separano dai garage. Salgo in macchina faccio la salita verso l’uscita e mi trovo immerso nella strada, nei blocchi del traffico che come basilari riflessi condizionati ci inducono alla giuda nel rispetto del codice stradale. I malefici comportamentisti spesso creano file artificiose e blocchi stradali per indurre gli automobilisti a percorrere percorsi obbligati, fino a provocare incidenti mortali. È importante capire i loro trucchi per evitare i percorsi che non vogliamo fare, loro dico che ogni percorso che facciamo lo facciamo perché sono loro ad indurci nella scelta, che lo credano e rimangano nell’illusione. Accosto la macchina, scendo per andare a comprare del latte, sopra al cofano di un auto parcheggiata ci sono due che stanno scopando, mi guardano e incominciano ad urlare ci sta guardando! ci sta guardando! Sul marciapiedi vicino al negozio del latte c’è un tale che continua ad alzare ed abbassare il braccio, non so perché, si avvicina e mi dice: “Mi hai guardato, ora guarda la vetrina” Io vedo la vetrina del negozio, la latteria in cui sto per entrare – “Latte!” pronuncia e se ne va. Capisco che oggi è uno di quei giorni in cui il cervello della città è più fuso del solito, si vede che satana sarà qui intorno ad infantilizzare l’ambiente per scatenare l’odio degli adulti. Entro nel negozio e chiedo una busta di latte da un litro, come finisco la frase una persona dietro di me, fa un gesto con la mano e sghignazza. Pago e me ne vado, mentre chiudo la porta del negozio vedo una persona che mi osserva e fa lo stesso mio movimento nel chiudere lo sportello dell’auto, poi si allontana dall’auto e quasi senza farsi vedere fa il gesto con la chiave in mano di aprire una porta, io tiro fuori le chiavi dalla tasca, mi avvicino alla macchina ed apro lo sportello, sentendo qualcuno che mi passa vicino e sghignazza. Oggi forse satana ha condizionato i comportamentisti contro di me, penso mentre avvio il motore e m’immetto nel traffico. Sanno che vado in quella latteria e non è difficile organizzarsi a quel modo. Mi fermo ad un semaforo e un tizio con un volantino mi fa - le hanno riso dietro, ha un motore brillante che ride. Chiudo il finestrino e non rispondo, accelero sorpasso la macchina che ho davanti e mi allontano, controllo se sono seguito, mi fermo sul bordo della strada, dopo cinque minuti riparto andando a bassa velocità, faccio sorpassare le macchine che mi seguono, svolto a destra e accelero. Un auto inchioda proprio davanti alla mia, la supero, ma subito un’altra si sposta per farmi andare sull’altra corsia contro le macchine che mi vengono incontro, accelero e costringo il guidatore a frenare, mi rimetto sulla carreggiata e procedo a velocità regolare. Non aspetto di capire chi sono gli inseguitori, la realtà ultima dei loro mandanti è quello che m’interessa, ma questi vili non hanno il coraggio di confrontarsi apertamente, vanno dicendo in giro che stanno facendo un esperimento scientifico e trovano altri piccoli idioti vanitosi che per denaro li aiutano, come quelli che mi stavano inseguendo. Hanno iniziato a fare queste cose perché dicevano di voler fare incontrare le persone, utilizzando dei sistemi subliminali: istigando i desideri, oltraggiando le passioni, uccidendo i ricordi con la tecnica del perpetuarsi del ricordare, del forzare a ricordare con una molteplicità di allusioni che si trasformavano in malsane procedure per chi quel ricordo non poteva e non voleva ricordare. Obbligare a rivivere le cose forzatamente senza nessuna naturalezza, istigare a desiderare senza che neanche l’oggetto del desiderare esista. Ora stanno continuando con questi mezzi ma il loro scopo è soltanto quello di fare impazzire le persone, di disorientare, generare l’odio. Guardo nello specchio retrovisore per controllare se c’è qualcuno che mi segue. Vado avanti per questa strada per alcuni chilometri, seguendo il flusso del traffico, passo vicino a qualcuno che sta urlando.
- Non importa! Non importa! Basta così.
- Osservo una donna che passeggia, vedo qualcuno che mi fa cenno con la mano, mi indica di fermarmi, accosto la macchina, lei si avvicina al finestrino
- Ti va di scoparmi, faccio di tutto e non voglio denaro, solo che tu mi faccia godere
- Sali e dimmi dove dobbiamo andare
- Non molto lontano
- Lo facciamo in macchina?
- Sì! è più e rischioso
- E se ci beccano
- È questo che mi eccita, scopare mentre gli acchiappasesso ci stanno cercando
- Da quando è entrata in vigore la legge che vieta di fare l’amore in macchina, s’incontrano molte persone che cercano sconosciuti con cui avere degli amplessi in auto, li chiamano gli oltranzisti
- Slacciati i pantaloni, vuoi che lo faccia io
- Sì
- Dammelo in bocca
- Mentre me lo succhia le tocco la fica, è eccitata e piena di succo, incomincio a leccargliela, è buona. Lei mi sta facendo esplodere con la bocca il cazzo, le lecco anche l’ano e sento sulla lingua il suo sapore pungente e acre. Mentre godo lei mi tiene in bocca e ingoia tutto il mio sperma
- E buono, scopami!
- Lei si sdraia a cosce aperte sotto di me, le entro dentro e sento esplodermi addosso il piacere, il gusto della sua fica sul mio cazzo, la scopo e scopo, per tanto tempo, cambiando ritmo e sensazioni, lei geme e mi tocca con tutto il suo desiderio, godo stringendola e baciandola, accarezzandole la fronte con le labbra
- Lei scende dalla macchina, si china verso il finestrino e mi dà il suo biglietto da visita, - È stato bello chiamami qualche volta. – Sento il rumore di uno sparo, avverto davanti al viso l’aria tagliata da un proiettile, vedo la mia nuova amica, tirare indietro la testa come spinta da qualcosa d’invisibile, faccio in tempo a vedere prima che cada in terra, sulla sua fronte, il foro del proiettile e mentre sento il rumore di altri spari avvio la macchina e do più idrogeno che posso al motore. L’auto schizza via rapida nel traffico, sento un proiettile rimbalzare sulla carrozzeria e non faccio in tempo a schivare una farfalla che si schiaccia sul cruscotto della mia macchina.
- Chissà chi erano, forse ce l’avevano con la donna, forse erano semplicemente gli ammazza oltranzisti. O forse hanno sparato per colpire me.
- Tanto tempo fa c’era ancora qualcuno che faceva arte, che pensava le cose in grande. La critica era scomparsa sotto un mondo che non poteva più fare a meno della realtà dell’espressione artistica, ma il rimasuglio dell’arte viaggiava ed era variegato, un miriade di persone che si spacciavano per artisti leccavano il culo ai critici che nascevano ovunque. Pagavano abbondanti cifre in denaro per potere apparire un po’ di più e per vendere se stessi. Vanità
- Mentre penso queste cose davanti alla mia auto cade il corpo di un uomo, si è buttato da un grattacielo e non è un bello spettacolo vederlo lì in terra, sarà un vittima del collettivo, avrà giocato troppo con i gesti e i suoni maniacali, le cose che ha visto, la percezione delle associazioni collettive lo avranno portato ad una esaltazione senza controllo che lo avrà fatto sentire in trappola - o il ritorno alla realtà del suo individuale, lo avrà trovato impreparato e senza una reale struttura della sua identità. Si è ritrovato nel pozzo senza fondo della solitudine, depresso e senza via di scampo. Ha fatto un bel volo, un’altra vittoria dei comportamentisti e di satana. Un altro scemo che non ha voluto, grazie al suo orgoglio capire qual era la realtà, per continuare a sentirsi gasato dall’illusione. Mi sposto sull’altra corsia per uscire prima possibile dal caos che si è creato e allontanarmi da quel posto
- Percorro senza solitudine le strade che incontro non so aspettarmi niente che non abbia già immaginato. Le persone che incontro non hanno niente da dire e continuano a fare gesti inconsulti, svolto a destra, per una strada secondaria per riuscire a trovare un mondo diverso. Percorro una strada ghiaiosa e mi allontano dalla folla della città. Incontro ferme sul bordo della strada delle puttane che mi fanno cenno di fermarmi, accosto, premo il pulsante che dissolve la sostanza che fa finestrino all’auto – una puttana si avvicina e mi dice che mi dà un milione se la faccio salire in macchina. Ci allontaniamo e mi indica la strada, raggiungiamo una piccola casa immersa in un bosco, un grande bosco. È una casa calda e accogliente – siamo seduti uno di fronte all’altro, lei mi prende la mano e mi dice di ascoltarla
- Non riesco più a capire che cosa mi sta succedendo, le cose che ho sempre fatto non hanno più lo stesso significato per me, e forse neanche per le persone che mi sono più vicine, non riesco a capire in quale universo mi sia persa… Si è interrotta, le accarezzo la mano e le dico di continuare.
- Non riesco più a capire che cosa mi sta succedendo, le cose che ho sempre fatto non hanno più lo stesso significato per me, e forse neanche per le persone che mi sono più vicine, non riesco a capire in quale universo mi sia persa… ho allontanato da me ogni emozione mi resta soltanto questo lavoro che mi obbliga per necessità a dire la mia storia che non esiste a qualcuno che non conosco e che dopo forse non rivedrò più. Quando ho incominciato a fare la puttana, non avevo altra scelta, nessuno voleva capirmi, tutti non facevano che pensare al loro piccolo orticello mentale, emozionale, scopavo tutti i giorni con chiunque me lo chiedesse, anche se era qualcuno che non mi piaceva, ma dentro sentivo qualcosa che mi diceva che dovevo cambiare e come capita di solito mi sono trovata a dover fare le solite scelte obbligate – o mi aprivo al mondo cercando di vivere per essere felice, innamorarmi, andare verso gli altri e essere aperta alla conoscenza di quel che accadeva intorno a me, o iniziare a fare la puttana… e sai come va in questi casi i soldi sono distribuiti gratis dallo stato, è facile disporne e trovare qualcuno da pagare che ha bisogno di più soldi, magari per la benzina, che non basta mai a chi non ha voluto le auto ad idrogeno ch’è gratis. Ora sono cinque anni che faccio questo lavoro, alcune volte mi viene voglia di farla finita, di tornare ad una vita normale
- Le dico che va bene così, che non mi va di essere pagato, di dare i soldi al fondo per la solidarietà dei miliardari e degli straricchi che non riescono a farne senza anche se sono gratis. Le chiedo se vuole che l’accompagni sulla strada. Mi dice che per oggi ha lavorato abbastanza. La saluto salgo in macchina e cerco la strada per tornare in città
- Mi chiudo nel mio appartamento, mi affaccio alla finestra, la città è piena di luci e una nuova notte sta per cominciare
- …Apro la porta del mio appartamento c’è una donna con una pistola in mano che mi dice di farla entrare, mi sposto per lasciarle lo spazio – Entra
- Chiudi la porta. Vieni qui, avvicinati – baciami.
- Sembra che stia per piangere, i suoi occhi sono accesi d’amore, di richieste disperate. Mi avvicino per baciarla
- No prima accarezzami abbracciami. Abbassa lo sguardo per un attimo, dimentica la pistola, penso che potrei approfittarne, ma lei come ripresasi mi punta la pistola allo stomaco
- Le sfioro la guancia con il dorso della mano le ravvio i capelli: sottili e morbidi. La bacio sulla fronte. Lei si agita un po’ e mi fa sentire la canna della pistola sul fianco. Le prendo la testa tra le mani, le bacio gli occhi, la punta del naso, poi appoggio le mie labbra sulle sue. Sono morbide. Sento la sua lingua che cerca la mia, è piacevole. Non sento più la pistola sul fianco perché lei mi sta abbracciando, mi sta accarezzando, toccando la schiena - anch’io l’abbraccio sento il suo corpo tra le mie braccia: leggero morbido, pieno di tenerezza. Ora piange con il viso sulla mia spalla. Le bacio le gote, sento il sapore delle sue lacrime. La stendo sul letto che ho appoggiato al pavimento, le bacio la fronte, prendo la sua mano e la porto sulle mie labbra, lascio che lei mi accarezzi il viso, e tra i nostri respiri l’accarezzo sotto il maglione. Ha lasciato la pistola. Le sfilo via le scarpe le accarezzo i piedi, le ginocchia le cosce, bacio ogni punto della sua pelle fino a sentire tutto il suo sapore sul mio viso, le accarezzo con la punta della lingua il clitoride, la sento godere, gemere, stringermi la testa tra le cosce per dirmi di smettere. Mi tiro su mentre lei apre le cosce, le entro dentro e sento il mio corpo liberato dalla sensazione del mio pene accarezzato dalla sua vagina, mi sento liberamente nudo dentro di lei, mentre con le mani mi accarezza, mentre la bacio, mentre la sento godere ancora e mentre sento il mio sperma diffondersi dentro di lei. Lei mi tiene tra le sue gambe e mi gira sulla schiena, inizia a baciarmi la fronte il viso, il petto il ventre, prende il mio membro lo bacia, lo succhia per tutto il tempo fino a farmi godere di nuovo e mi sento ancora più nudo mentre esce il mio sperma nella sua bocca
- La mattina quando esco di casa un ragazzino floppato da video gioco attraversa la strada, urla di essere il game over – uno gli urla vai – e il ragazzino si getta nel traffico proprio mentre sopraggiunge un auto a propulsione istantanea che lo fa schizzare e schiacciare contro il muro del grattacielo dall’altra parte della strada
È mattina e penso che non posso più continuare a raccontare le solite storie, nemmeno a me stesso. Non è più possibile continuare a vivere nell’asocialità – tutti sono nel loro guscio con i loro amici e non hanno niente altro da fare che cercare di perpetuare le loro esistenze, nessuno conosce gli opposti degli altri, e non vogliono conoscere gli inganni che si portano dentro. Io socializzo con tutti – con la puttana e il poliziotto, con il cafone e il colto, ma ogni mondo continua a rimanere fermo su se stesso. Essere sociali significa essere liberi di stare con se stessi in mezzo ad ognuno, ma ognuno vuole stare solo con chi è uguale a lui. Allora non rimane che la noia, il sogno infranto di un mondo che non vuole sapere che altro significa cambiare. Un bugigattolo di passivi in attesa di scoprire che ogni istante non vuole essere reale, ma soltanto espressione dell’illusione, che ognuno con il proprio alibi vuole continuare a perpetuare.
Piove spesso su questo mondo, come se la pioggia certificasse che c’è qualcosa da spostare forse con la sola forza della natura, se solo si potesse assecondare. Tutto è sedimentato nell’innaturale, senza una reale continuità, ma soltanto una stagnante sequenza di pazzia e follia verso le ipotesi più inverosimili, nell’odio della verità, l’odio della verità.
- Sento squillare il telefono, ascolto una voce di donna che mi dice di chiamarsi Lara Bel – è una chiamata anonima, ghiaccio in arrivo. Gli anonimi vogliono parlare senza sapere con chi, fanno il nove e uno smistamento casuale intercetta un numero, in questo caso il mio e non c’è verso di chiudere la conversazione, se Lara Bel non decide di farlo io non posso disporre del mio numero per tutto il tempo che lei vuole. Decido di rimanere in ascolto, le dico di parlare, che ci sono
- Sono Lara Bel ho venticinque anni e non ho più niente d’aspettare, voglio capire ma non capisco cosa, non riesco a comprendere che quello che provo non è esattamente quello che vorrei. Sono cresciuta serena e felice, ho conosciuto sempre tante persone e ora non so bene cosa sia accaduto al mondo, al mio mondo, non riesco a pensare niente altro che quello che la rabbia mi fa credere e continuo a restare prigioniera del mio vuoto interiore. Oggi sarà l’ultima volta che chiedo una telefonata anonima. Non ho più voglia di fare niente, non sopporto niente di quello che per mancanza di scelte sono costretta a fare. Il mondo è popolato da satana e io ci sono cascata in pieno, non faccio altro che odiare le cose che gli altri fanno, e per questo cerco di uccidere chi mi vuole amare, di spegnere la realtà, fomentare l’illusione in tutti i modi
Ora trasformati con il mio apporto di consapevolezza verso un antro della mia memoria che è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – i nomi aprono lo spazio alla menzogna, agognano la distruzione della realtà dell’esperienza primaria del mondo, l’annullamento della pronunzia del nome stesso. Infangano la verità con la menzogna che non fa altro che cambiare nome alle cose, per dire che l’esperienza non è mai quella vera se non quella che ha cambiato nome, ogni volta, ogni volta che il nome imbroglia la verità di chi a generato il nome dall’esperienza, il perché ogni cosa appartiene al suo nome, questo accade.
“Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.”
Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini, uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, mi trovo in un caffè di lusso di quelli che puoi trovare solo qui su questa strada, in questa città. Mi siedo a un tavolo nel centro del locale, le poltrone sono imbottite e foderate con un tessuto di ottima qualità. Sedute agli altri tavoli ci sono dieci donne tutte vestite allo stesso modo. Un cameriere mi raggiunge al tavolo, ordino un cognac: mi dice
Non sospettavo nulla c’è voluto del tempo prima che capissi, sono venuti prima che lei entrasse, mi hanno detto che avrebbero fatto un gesto prima che lei passasse davanti all’ingresso del locale, e lei grazie a quel gesto sarebbe stato condizionato ad entrare nel locale.
Mentre bevo il cognac osservo una delle donne che sta ricevendo in bocca dal pene del suo uomo lo sperma, aspetta il termine della eiaculazione, viene al mio tavolo e dalla sua bocca lo versa nel mio bicchiere. Le dico di attendere, di sdraiarsi sul tavolo e aprire le gambe perché voglio leccarle la vagina, fa come le ho detto, inizio ad accarezzarle il clitoride con la lingua le grandi e le piccole labbra la troia crede di sapere quello che sta facendo. L’auto schizza via rapida nel traffico, sento un proiettile rimbalzare sulla carrozzeria e non faccio in tempo a schivare una farfalla che si schiaccia sul cruscotto della mia macchina.
Chissà chi erano? Percorro una strada ghiaiosa e mi allontano dalla folla della città. Mi chiudo nel mio appartamento, mi affaccio alla finestra, la città è piena di luci e una nuova notte sta per cominciare
Apro la porta del mio appartamento c’è una donna con una pistola in mano che mi dice di farla entrare
– Entra
Chiudi la porta. La bacio sulla fronte. Tutto è sedimentato nell’innaturale, senza una reale continuità, ma soltanto una stagnante sequenza di pazzia e follia verso le ipotesi più inverosimili, nell’odio della verità, l’odio della verità. Sono cresciuta serena e felice, ho conosciuto sempre tante persone e ora non so bene cosa sia accaduto al mondo, al mio mondo, non riesco a pensare niente altro che quello che la rabbia mi fa credere e continuo a restare prigioniera del mio vuoto interiore. Ora trasformati con il mio apporto di consapevolezza verso un antro della mia memoria che è partecipe del presente, non solo mio, ma anche della speranza oggettiva di tutti coloro che incontro durante il tempo dei miei giorni. L’abuso di chi sbaglia nomi è quello di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice – di rubare la realtà a chi ha vissuto l’esperienza del nome, di chi ne è l’artefice questo accade.
“Ecco ora ti stringo forte, il mio seme si sta diffondendo dentro di te, mi stringo a te per farti sentire il mio piacere.”
Sono uscito dalla stanza voltandomi per l’ultima volta, l’ho vista sdraiata sul letto, e ho visto il mio sperma che le colava fuori e finiva sul lenzuolo.
Osservo anche un paio di uomini venirmi incontro, il mio amico è sul bordo del marciapiedi, ha appena chiuso lo sportello dell’auto, ed è tra me e quegli uomini, uno di loro guarda il mio amico e mette la mano nella tasca destra, ora è proprio davanti al mio amico, lo guarda, estrae la mano dalla tasca
Ero appena entrato nel locale, vi ero passato davanti dopo aver lasciato il mio amico che entrava in un grattacielo, quando sento qualcuno chiamarmi – “Ener!” Mi volto ma non vedo nessuno che conosco, ogni cosa appartiene al suo nome. Questo accade.
- Cade la linea telefonica Lara Bel mi ha perso ed io ho il mio numero libero. Quasi sempre le telefonate anonime finiscono male, finisce quasi sempre che gli intercettori scoprano chi è che chiama e la comunicazione termina con un omicidio
- Lara Bel mi ha fatto venire in mente una tizia che da un po’ continua a perseguitarmi con le sue paranoie.
- Il mondo sembra aver smesso di capire ed io non sopporto più chi mi inganna, voglio dire basta a questa tipa che continua a telefonarmi per dirmi che ha voglia di vedermi e poi non farlo mai. C’è stato qualche volta che ho pensato che fare all’amore con lei… ma solo il pensiero di questa cosa è sbagliato, perché lei non è capace di amare, continua a volere che io pensi a lei per poi dirmi che mi sbaglio solo per dimostrare agli altri che sono io che la voglio e non lei. In questa pazzia sta costruendo ogni attimo della sua vita ed io non voglio più averci a che fare, nel suo paese delle chiacchiere degli altri non esiste niente che non sia mai stato detto o fatto che non sarà raccontato dal vocio che non esiste, dal pettegolezzo dei piccoli pensieri. La fine è imminente.
Ener
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