Sensazionali ritrovamenti del Pleistocene
Di
Patrizio marozzi
Introduzione dei professori
Pric Aldebai e Stranz Durrapin.
Tutti sappiamo che freddo faceva nel Neozoico. Perché tutti sappiamo immaginare il freddo e la mitezza climatica. Ma riuscite ad immaginare un punto veramente freddo dell’era glaciale? Per farvi capire come era la situazione in questa era geologica, non basta la considerazione del frigidismo contemporaneo. In quel periodo le donne e gli uomini erano costretti, per accoppiarsi, a stare molto ravvicinati e l’eccitazione aveva luogo proprio quando le parti sessuali erano per un po’ a strettissimo contatto e le persone molto coperte. Era impossibile vedere il pene nella sua forma eretta, se non solo per immaginazione; pensate che anche per le donne era impossibile toccarlo con mano, eretto, perché anche il pur minimo distanziamento tra i due nell’era glaciale provocava l’ammosciamento del pene, ed il raffreddamento della donna. Per questo per moltissimi anni la pornografia non è stata neanche immaginata.
Data l’impossibilità dell’eccitamento se non in una posizione combaciva dei corpi. Nelle ere più tarde da dale riminescenza umana, si sviluppò l’era fallica, con anche la diversificazione matriarcale. Fino alla competizione per sentimenti.
È per questo che il ritrovamento del professor Trintol Macen, dei disegni trovati in una caverna al polo nord; dopo la rimozione della stratificazione dei ghiacci che hanno evidenziato i vari periodi geologici, per la datazione dei disegni nel Pleistocene, dimostrano l’iconografia di ciò che immaginavano come pene erectus, anche del futuro uomo sapiens sapiens.
Ma ciò che ha lasciato esterrefatti gli scenziati è stato il ritrovamento di commenti e considerazioni poetiche insieme ai disegni, scolpiti nelle caverve, in una lingua del tutto simile all’italiano contemporaneo e che qui sono stati trascritti. È evidente che sulla base dell’immaginazione dei disegni e scritture, cavernicole glaciali, va riconsiderata la teoria animale dell’evoluzionismo di Darwin applicata all’essere umano.
Professor Pric Aldebai
Approntare una critica artistica etnologica può sembrare cosa diversa dal senso attuale di critica. Ma del resto come è evidente dai disegni ciò che maggiormente è rappresentato è il prepuzio sessuale maschile. Ora, e fin d’ora si è dato per deducibile che il poeta fosse un uomo, date le difficolta nell’era glaciale tra gli esseri umani di guardarsi gli organi sessuali. Ma è lo stesso ipotizzabile, che una donna abbia visto un pene moscio, ma è nel sentirlo eccitato dentro di sé ch’è riuscita ad immaginarlo eretto, e farsi disegnatrice. D’altronte la vagina è di varie dimensioni, ma può essere anche prensile e abbracciare il pene durante l’atto amoroso. E in questo modo una donna può avere immaginato e disegnato e poetato.
È evidente comunque che possiamo connotare i disegni in ambito culturale fallico sensibile, perché ciò che vi è raffigurata è la parte più sensibile del pene. Nel suo prepuzio il pene può essere così sensibile che sfiorato e accarezzato anche solo con un dito può far eicaculare l’uomo. Ma lo stesso va detto perché non anche una donna non può avere intuito ciò, data la sua conformazione sessuale. L’era glaciale per questo si può definire fallico sensibile, diversa da quella fallico centrica, per il potere e il dominio, anche espressione della guerra con donne nelle epoche a seguire.
Del resto si dà per scontato che la comunicazione sessuale avesse una sua connotazione, ma dagli stessi ritrovamenti in terra italiana, databile anch’essi in epoca Pleistocenica. È evidente, che il poema e quindi il parlare facessero parte del comunicare tra gli esseri umani. Con possibilità di raccontarsi le proprie esperienze e comunicarsi il vivere introspettivo.
Professor Stranz Durrapin
Cerco nel tormento e scavo nel fango
Fango vero di terra pulita e bagnata
Terra che non sporca fatta di sole e acqua
Eppure manca tutto
Godo da solo della verità
Ed è questa la verità
La verità si mostra pura
pura
e per questo vera
Ener
chi sei tu che ovunque parli e ovunque vuoi
scrivere
Dove scovi il silenzio
Come puoi riuscire a difenderlo
da tanto rumore
Quasi ti stanca senza più sorprenderti
Ener
Per il giorno che passa
sembra che tutto sia sempre nel fare
eppure non ci sono momenti
in cui scelgo di essere
Ti dico dove stai quando un’opinione
si proclama
Ti affascina la vanità
E ciò distoglie il mio pensiero
il mio sguardo
sei così già apparenza ed io
dovrei per questo camminare con
essa, come se oltre non avessi d’ascoltare
che il ripetersi di prevedibilità
senza libertà
Come volessi impormi l’assurda pretesa
di una intimità che appare socialmente
Senza nessuna parola o ascolto
vero
Senza l’illimitato mondo e noi
Che stanchezza questo noi – ora – di amorevole
Sentenza
Quasi una ricerca vana nel bisogno
Inganno e esibizionismo.
Non sai amare
Neanche vuoi t’importi.
Ener
Mi sento sereno perché so che l’amore esiste
So che in fondo la verità è sempre la stessa
C’è sempre anche quando la si vuol
nascondere
E allora cerco di comunicare con le forze
che ho
Non cerco altro che più contatto
e guardo la “pazzia” assurda di tanta gente
La gente che qui non c’è e cerca di starci
che vuole molestare
ma non vuole essere
Vedono l’unica cosa vera e non sanno come
ingannarsi
Simulando persino l’apparenza.
È un’aspettare senza silenzio
dove “tutti badano ad occupare spazio
Soltanto per fingere
Ma a me interessa la salute
se è possibile
la cattiveria
che c’entra.
Ener
Nefasta o graziosa
In effetti inesistente
Un’assenza dove l’ipotesi affatica
Ti piace
ma lontano evasiva apatica
Tutti che si interessano con nefasta
curiosità
Origliano osservano
Disturbano ogni ipotesi
Quasi ossessionati che gli possa sfuggire
Interlocutori assenti
con presenzialismo solo visivo
Questo assurdo colloquiare senza
parole
Per eludere le parole o la possibilità
della loro ipotesi?
Sono ferme troppo ferme
Tutto è disturbato
un inganno.
Non c’è la libertà, la sincerità
Ener
La notte tarda ed è già sera
Dicono che la gioia sia futile
indifferenza
Eppure continuano nel chiasso
a fingere di tacere
Si appoggiano al crepuscolo
dell’epoca
Ma li sovrasta
è incognito e inesistente
Quel desiderio di apparire
con questa educazione volgare
dei canoni accettati
Menzogna che guarda i sensi naturali
Mi appaiono così
ma forse son peggiori?
Ener
Si piega il tempo
che non fa più ricordi
Giace straziato e senza sonno
Io lo guardo nel mio giorno placido
E cerco di gioire del momento
Vi riesco
Ma fingono di guardare
per sorridere nell’inganno
Ma io son sereno
anche se mi sembra vana
questa loro esaltazione
per fingere di mostrarsi felici
Dove sono andati.
Ener
Partendo ho ritrovato lo stesso posto
quando mi appresto a levarmi
dal tempo
Un vuoto mi aspettava in quelle
persone, lo stesso delle altre
Che strano mondo che trasforma tutti
nello stesso luogo
Con la stessa vanità e cattiveria
che perturbazione della coscienza
che dialogo perituro, senza il pensiero
Ovunque lo stesso luogo
Solo la natura riesce a comunicare
a dialogare
Ad esprimersi.
Ener
In nome di Dio disse un’egli
Con chi condividere, questo che nessuno sa
e con chi condividere Dio stesso
Dove stanno, dove stiamo
Con chi condividere, con chi sentire il silenzio
In nome di Dio disse un’egli
Ed ascoltai.
Ener
Pace Pace Pace sarebbe di dire, invece su tutto incombe il silenzio e la fatica di una guerra trova spazio in mia inumanità terrena.
Solitario è pronunciarsi e allora c’è qualche voce o una voce. Ma che stoltezza è questa sordità. E allora questo silenzio senza amore, è senza amore. E forse immodestamente mi attendo che ci sia una voce altra.
La soluzione è reale ma la condivisione sprecata Non presunzione, che non ci sia anche questo dubbio.
Ener
Dimmi Disse, Dimmi
Sembra facile ascoltarlo
Eppure c’è una stasi
un chiedere dei termini che si enfatizzano
Una voglia di sopraffazione vedo
Troppo labile non ovunque
Dopo forse, ma non mi importa
Troppa vanità stupidità
Un po’ di pazienza – chissà
Ener