Patrizio Marozzi (per formattazione, dopo aperto, riaprire subito, se necessario)
Un romanzo qualsiasi

Pag. 127

 

 


 

 

 

 

 

Per quello che gli altri ne sapevano

la sconosciuta non sapeva chi fosse ne chi fossi.

Anonimo


“”GRADI“”

Una persona attraversa la strada per andare a compiere qualcosa di normale.

“Una persona va in bicicletta. Mentre percorre la strada una persona, dal marciapiedi, attira la sua attenzione con un gesto del braccio. La persona che va in bicicletta torna a guardare sulla strada, ma mentre lo fa un’altra persona alzando un braccio fa un segno verso di lui senza che in conseguenza di questo venga rivelato alcunché. Superati: un’altra persona attraversa la strada improvvisamente, costringendo ad una repentina frenata la persona che “andava” in bicicletta. Tutte le persona tranne quella che andava in bicicletta erano d’accordo tra loro nel comportarsi a quel modo.”

- Una persona attraversa la strada con l’unico scopo di far fermare chi [su un mezzo] percorre la strada, ed è soltanto in questo il motivo del suo sentimento, il perché dell’azione, nel sentire la sua affermazione egoistica. -

La prima persona forse è vittima del sistema sociale in cui vive e soggetta alla volontà di affermazione che il sistema in essere, pone come componente essenziale, per il compimento di quei comportamenti utili per i fabbisogni della vita. Ma nel caso, la sua azione può avere la consapevolezza che tali forme possano essere modificate, nel confronto – altruistico - con il mondo. Può benissimo rientrare in questo, anche l’eventualità, che questa persona sia in possesso dei mezzi per scegliere e attuare nella propria vita un altruismo che lo gratifichi, già, in se stesso e superi la volontà di affermazione a cui è soggetto.

Nel secondo grado assistiamo ad una volontà di affermazione che perde tutti i connotati dell’altruismo, ma dall’egoismo evolve verso l’odio. Questa condizione di grado è similare alla strategia dell’odio in guerra, per l’affermazione della propria forma di potere, autocompiacimento che da esso deriva. l’intento di questo sentire è quello di far sì che la forma di odio applicata su chi si identifica come il rivale, generi la propria affermazione nel costituirsi stesso del sistema in essere, di questo sentimento, che ha bisogno di essere costantemente nutrito. Il senso del collettivo, qui, assume il significato di un egoismo verso il prossimo, che assolve la responsabilità individuale, con il nutrimento del sentimento di odio che necessita nello scontro. L’odio collettivo che ha vari motivi di sussistenza è motivo coacervo per ogni ipotesi di volontà di affermazione tramite la guerra.

Il terzo grado non è meno nefasto, in fondo la patologia che ha come base la propria affermazione è stata ed è la matrice di tutti i processi storici, che nell’ultimo secolo hanno trovato i modi cruenti per manifestarsi, ma soprattutto propagarsi “sull’individuo, che ha fatto del modo d’educazione, il sistema, che nell’illusione della reciprocità “affermava” la logica dell’affermazione personale. La perdita della reciprocità è la perdita stessa della libertà. La volontà di affermazione, con comportamenti che enfatizzano la logica, si badi bene: logica dell’egoismo, introducono nel concetto di educazione il sopruso come forma di affermazione morale che determina il grado di volontà e forza sul significato della realtà, fin nei più piccoli gesti quotidiani. Se su questo principio l’intera struttura politica di ogni dittatura dell’ultimo secolo ha manifestato la forma mentis del popolo, nella struttura politica in tempo di “pace”, non da meno, tale logica è all’interno dei [♪suoi] processi di realizzazione [umana♪] per la crescita dei processi economici[.] In questo, il [vuoto di] senso che il significato dell’esistenza manifesta attraverso l’educazione, perde il carattere di ricerca per acquisire quello di affermazione e porta al parossismo i comportamenti egoistici della convivenza collettiva, fino al “vuoto omologato” nella prospettiva della vita. La così detta maleducazione trova sbocco in episodi vandalici, frustrazioni. E in alcuni casi la sola forma esteriore dell’educazione [ai limiti della pazzia] acclara nevrosi di ogni genere. L’attraversare la strada con l’unico intento di affermare se stessi, porta questo stato di nevrosi in un luogo che fa sì che [♪l’intero significato dei propri♪] i comportamenti acquisiscano significato nella percezione di una sensazione di depressione, in cui si è intrappolati e che cerca di fuggire dal significato della “realtà della reciprocità”. Lo stesso concetto empirico perde la sua connotazione…che non cerca più una forma su cui trovare la forma del significato del sentire della propria vita, ma entra nella spirale nefasta di un transfert che fa del mondo non il luogo dove cercare la libertà, magari “superandolo spiritualmente”, ma il luogo senza uscita.

Il vuoto imperante [della debolezza] della logica dell’egoismo può finire per giustificare anche un altruismo che ha solo la volontà di affermarsi e che su questo poggia il suo costituirsi, ma che per questo non tiene in nessun conto la reciprocità. Un telefono che squilla in mezzo alla strada, qualcuno che parla al vostro fianco dei fatti suoi attraverso un cellulare con qualcun altro, magari costringendovi ad alzare la voce o frapponendosi con le sue frasi fuori contesto, su quello che voi state dicendo al vostro interlocutore. Be’ questo non è un gesto di reciprocità, anche se nella logica dell’egoismo è scambiato per cortesia, (quasi che il soggetto in questione voglia essere ringraziato per l’atto di stima che vi ha mostrato), ma sappiate che quello che lo fa star bene è solo nel senso della sua affermazione, apparizione”. Del fastidio arrecato non gliene può importare di meno, anche se poi vi chiede scusa, ma solo per continuare. Allora aprite la scena, perché questo è il prologo.

 

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                                           Un bit

 

tu continui a parlare di quello che ogni guerra ha sempre espresso – eppure ti dico che per quanti film discussioni approfondimenti, vengano ripetutamente svolti, il mondo è pieno di guerre, di disastri che non riusciamo a capire. Come può capirci chi in questo momento non sa se domani potrà ancora essere in questo mondo, come può capire un bambino che muore di dissenteria. Come può capire le immani spese militari che vengono fatte per la guerra? Per farci dire che c’è pace nella parte del mondo in cui viviamo. Credo che per quanto sia difficile la comprensione del perché - per coloro che vivono nella sofferenza - l’incapacità di comprendere la reale gravità della sofferenza, è maggiore per chi nei paesi ricchi vive ignorando la gravità della condizione umana. La necessità che hai di affermare te stesso, questa volontà che la società in cui vivi reputa forma di forza, la cosa migliore per il bene, forma la tua percezione del mondo. E questo non è forse lo stesso percorso che fa un fanatico religioso. Dove finisce in questo modo l’identità che fa del nostro capire l’apertura al capire di un altro? E per quanto possa essere erudita la nostra conoscenza, il nostro atteggiamento incline a quel che noi reputiamo importante, se l’insieme del nostro essere in noi stessi non forma un esser parte del mondo, la nostra condizione sarà sempre incline alla guerra [.] Non terrà conto della libertà.

…[L]ibertà di comprendere che le soluzioni non sono tutte nella propria vita, che la pace per quanto voluta forse non sarà mai raggiunta nella condizione umana. Per questo il vero e unico impegno sta soltanto nel cambiamento radicale del rifiuto della guerra. Per quanto possa apparire disperante il fatto che la logica della volontà sia incline alla sopraffazione, il superamento di ciò nella condizione personale, determina la forma mentale del rifiuto dell’odio, un’alternativa nella libertà.

Mi hai parlato dello stato [­…] Del fatto che come unica forma di potere c’è lo “stato” della non conoscenza a cui la popolazione [che soffre] è costretta a sottostare. Ma è pur sempre una forma di cultura e conoscenza che ha determinato questa condizione. Il potere (nella condizione di [è] violenza e di assoluta povertà) ha usato l’unico mezzo rimastogli, usando il metodo del possesso dei codici, [religiosi] ha strumentalizzato l’identità che forma il senso del comportamento degli individui. Non è una cosa diversa da ciò che nella nostra ricca società viene sovente perpetrato. Qui la forma sembra meno cruenta perché più sofisticata. Il benessere economico fa apparire tutto edulcorato.

Questo stato vive una situazione di guerra che ha generato e fomentato la logica della violenza. Si è parlato della loro identità, meglio hanno “fomentato” la loro identità religiosa con il solito metodo che determina la logica del conflitto - nel contrapporsi strutturare il potere e averne il controllo. Su questo si è costituito il potere che ha strumentalizzato i codici religiosi [nella logica della contrapposizione] per omologare le problematiche nella reazione, che indicava la soluzione nel potere. In questa condizione planetaria è sempre la condizione individuale la principali vittima, la civiltà non progredisce ma si struttura nella “logica che non trova soluzione nella civiltà dell’amore, ma sulla strumentalizzazione del bisogno.

La nostra forma mentis che fine farà? Ti ricordi di quel tizio che tornò a scrivere in latino perché seppe che la grammatica si flette all’espressione del senso, per il significato e, diceva, la sintassi è libera come deve esserlo la forma mentis.

E la condizione dell’uomo non è in parte anche in questo? Un napoletano scrive la sua lingua in un modo, la legge in un altro e la pronuncia in un altro ancora. Come è possibile? E ciò ha che fare con la forma mentis, con l’occhio con cui guarda il mondo? È il bello che non succede nella virtualità di Internet, dove può capitare che Il mondo è nella condizione che il soggetto si perde nella sintassi – l’interlocutore virtuale viene sostituito dalla sintassi di un altro che si appropria della soggettività dell’interlocutore virtuale nella virtualità dell’identità. Il mondo sembra la questione omerica di chi era e chi fosse? E come Ulisse Nessuno. La soggettività che si trasforma in aggettivo e io prima persona sposta il tempo nello spazio e dilata l’identità individuale nel soggetto umano della storia. Del forse greco Omero che chiamò Ulisse nessuno.

…Nella forma mentis della fede. …al di là contemporaneo della letteratura senza arte.


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                                          Un bit

Da - La Repubblica Forum - Attacco all’America

 

 

Una posizione inconciliabile

 

Autore: patrizio

Data:      17-09-01     15:35

 

Per quanto discutiate sul principio dell’etica nella storia presente passata e futura, sarà solo la maggioranza a determinare qual è quella che esprime il bene. E il concetto di maggioranza è da sempre esposto al suo contraddittorio, parossistico andamento fenomenologico. Ed è ovvio che su questo piano non esiste nessun Dio, se non quello che ci costruiamo ed identifichiamo come bene. Sul piano della fede ogni riferimento etico crolla, crolla la storia e il suo riferimento storico temporale di bene e di male. E non c’è fanatismo umano che possa esprimere tale condizione. Un cristiano non può pensare di adattarsi ad “un’etica” al di fuori di questa realtà: AMATE I VOSTRI NEMICI. C’è il rischio di finire in croce per questo, ma è evidente in tale esempio di Gesù cristo che l’esistenza non termina con la morte terrena. E i morti in America hanno in questo, ognuno di essi, il loro concreto compimento.

Le conseguenze degli ultimi eventi sembrano ci portino all’ennesimo fallimento del processo etico che ancora oppone la violenza alla violenza e per definizione pragmatica concettuale determina l’azione della guerra, per la soluzione e risoluzioni dei processi etici umani.

È ovvio che in questo il riferimento a Dio non rappresenta la realtà ed è su questo ch’è bene si rifletta. Ognuno è libero di essere quel che vuole essere ma non diciamo che Dio è con noi. Chiunque noi siamo e da “qualsiasi parte vogliamo essere”.

 

                                                                                                          Patrizio Marozzi


Il silenzio dei significati

 

Autore: patrizio

Data:     27-09-01     10:02

 

Che ci sia una certa fibrillazione, forse, è più che naturale. Uno direbbe con quel che sta accadendo. Ma che ci sia una non troppo larvata strumentalizzazione e che ciò sia ovvio, come lo è sempre stato, ogni volta è accaduto quello che sta accadendo, lo trovo sinceramente tragico. L’altra sera, nel programma di Bruno Vespa porta a porta. Il direttore[1][1] del quotidiano il giornale, nel finire la discussione con don Benzi lo ha tacciato di non essere cristiano. Per il fatto che parlava di perdonare i propri nemici e in questo il caro direttore vi ha visto l’atteggiamento di un sognatore. A parte che sono meglio i bei sogni che gli incubi che si ripetono. Non sarà con la logica ideologica di dio patria e famiglia che si porta la soluzione del bene e del male sul piano del cristianesimo. E che che ne pensino alcuni prelati della diplomazia vaticana o il porta voce stesso di tale stato, la dimensione nozionistica del vangelo espressa nel catechismo della chiesa cattolica, nel concetto della legittima difesa non è il concetto di perdono espresso nel vangelo.

O sei con me o sei contro di me. Questa non è una frase che ha inventato Bush poco tempo fa, che nella sua retorica ha finito per dire che Dio non è neutrale. Vorrei ricordare al sig. Bush che mentre lui per evitare la depressione economica delle lobby delle armi, prima “banchettato” con la Cina, poi parlando di scudo spaziale, solo per far accettare al contribuente americano lo storno dalla propria ricchezza, di denaro per finanziare tale industria, si è trovato in ciò un disastro tra capo e collo senza precedenti. E nella lotta tra il bene il male come la intende lui, non ha trovato di meglio che dare fondo a quell’idea che gli frullava nella testa (…). Tragicamente è come dire che sul piano della scelta tra il bene e il male si dovesse decidere se mangiare una mela o una mela. Ricordando a chi se lo fosse dimenticato che nella soluzione dal male assoluto è sceso in campo ed è presente costantemente Dio, in Cristo il concetto e riscatto dal male è dato ad ognuno di noi ché non ci pone più in contrasto contrapposizione con noi stessi, ma con il male. Non è contro l’uomo che l’uomo deve agire, ma contro ciò ch’è male, sulla soluzione delle cause del male, sulla liberazione dei suoi effetti sull’anima dell’essere umano. Amate i vostri nemici. Dio non è neutro e non è estemporaneo e ripetitivo come la storia dell’essere umano, tragicamente noiosa. L’essere umano se vuole essere partecipe con Dio per la risoluzione dal male deve impegnarsi affinché il bene prevalga e non arrogarsi il giudizio di giudicare l’uomo. Non c’è sedia elettrica o sgozzamento che non sia un giudizio contro Dio, e una non esistente lotta contro il male. Per tornare alla retorica che si sente in giro, vorrei dire al sig. Berlusconi che la cristianità non ha confini nazionali e non si contrappone a nessun uomo di qualsiasi parte della terra, il concetto di patria, come lo intende la storia umana per Dio, non ha senso e se per noi ha a che fare con la nostra identità, non deve renderci prigionieri delle paura o delle convenienze con cui il sig. Berlusconi identifica la superiorità della cristianità. Se dice di essere cristiano, gli ricordo quel passo del vangelo: “Se vuoi essere perfetto va’, vendi i tuoi beni, dalli ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi.” Il giovane però, avendo udito una tal parola, se ne andò afflitto, perché aveva molti beni. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità vi dico che un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli. Anzi vi dico pure: È più facile che un cammello entri per la cruna di un ago che un ricco nel regno dei cieli”.  … ma a Dio tutto è possibile. I popoli dei paesi ricchi è bene che riflettano sulle proprie responsabilità per lo stato del mondo e trasmettano questo senso di responsabilità agli altri affinché ogni popolo acquisisca la libertà della responsabilità reciproca tra gli esseri umani. Se la cultura umana non è in grado di fare ciò, non parliamo di evoluzione e non scarichiamo le nostre responsabilità su Dio.

Patrizio Marozzi

 

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In attesa della prima BOMBA…

 

Autore: patrizio

Data:    03-10-01     11:52

 

In attesa della prima BOMBA atomica. Nel frattempo i colpevoli che sono morti suicidi sugli aeri che si sono schiantati sulle torri gemelle saranno risorti, non nel paradiso, ma nel loro paradiso. …E allora colpiamo i colpevoli, chi ha fatto credere loro una tale idiozia, chi li ha plagiati, questo ipnotizzatore folle che ha causato tutto questo disastro. Questo mostro sacro della telepatia Bin la den o come cavolo si scrive. Questo essere così potente che se non ci fosse stata la prima guerra mondiale diretta conseguenza della seconda non ci sarebbe Hitler a strappargli il primato. Ci sarebbe rimasto Stalin ma solo perché il mondo credeva nella giustizia superiore a quella di un “altro. E se non ci fosse stato lo Zar… Di causa in causa si finisce che la storia diventa un susseguirsi di catastrofi generate da quella prima da quella prima e quella prima ancora, fin nel peccato originale – e facendo 2 + 2 immaginare quale sarà la fine non è certo un’impresa così difficile. Ma in fondo mica viviamo in eterno l’importante è che per un po’ non ci si rompano i coglioni. E certo che quelli che per questo vanno a fare la guerra so proprio fregnoni… ma allora bisogna fare la guerre per l’eternità, ma ditelo un po’ voi a questi che di guerra in guerra l’eternità finisce. E che ci sta n’altra vita? Cacchio Bin la den è riuscito a far credere questo e per salvare capra e cavoli ha detto che se il mondo finisce di qua continua di là, l’importante è fa qualcosa che fa’ finì il mondo di qua prima possibile per la giustizia sua. Ma c’è un’altra giustizia che dice a Bin la den che il mondo deve finire quando lo decide essa” la giustizia e per questo bisogna che facciamo la guerra pe’ fatte smette di fatte finì il mondo per primo.

Ottocentomilamiliardidilire questo tanto per cominciare - …che quannò l’ho sentita me se so stappate le recchie. Certo non è solo pe’ fa la guerra contro quattro studenti rincoglioniti quanto i nostri - che se stavano a fa’ la guerra per 30 anni a gioca con le mine si sarebbero inventati una dittatura di poco diversa, ma per tutti li matti dell’aria del petrolio che ci stanno in giro. Certo il petrolio ci fa andare in macchina, ma mentre a noi in occidente ci serve per controllare i comportamenti. Jo loro serve a qualche sceicco ‘a comprasse una cinquantina di macchine e tanti tanti…. Vai a spiegare a tutti quelli che si muoiono di fame e che pensa un po’ non c’hanno neanche la bicicletta che il prezzo del petrolio non si stabilisce solo in occidente, dove l’economia è altrettanto ingiusta perché gli economisti con i soldi, vanno a studiare nelle scuole più esclusive, non l’economia applicata al senso della vita per tutti, ma per stabilire il modo con cui possono ricavare il maggior profitto personale. Be’ ‘sti quattro coglioni occidentali, insieme a quei quattro coglioni del petrolio e pure qualche coglione orientale si stanno solo preoccupando di come magnasse tutto quello che si può – e anche con l’aiuto di quelli come Saddam, sia prima che dopo. E che il mondo finisce a questi non importa proprio. Poco importa loro che l’economia sta attraversando l’esigenza strutturale di essere ridefinita, che la tecnologia debba andare verso le risorse rinnovabili per l’abbattimento del costo della vita – che un’economia basata sull’idrogeno può essere già una realtà. Questi hanno il buon senso e dicono che prima bisogna finire quello che loro hanno”. Il bene del mondo è come tenerlo in scacco. Ma in fondo non è qualche litro di idrogeno che può cambiare la natura dell’uomo, ma mi sembra un modo molto più intelligente per cercare di risolvere alcuni problemi umani. Che poi lo si voglia fare dopo la BOMBA atomica è la solita storia.

A proposito da quale parte cadrà questa volta? Mentre la popolazione irachena è quotidianamente sotto allarme aereo.

Comunque i fondi sono stati stanziati, speriamo che questo attenui il tutto, ma la crisi è veramente nera.


Saccenteria… Autore: patrizioData:    03-10-01     12:36

 In attesa della prima BOMBA atomica. Nel frattempo i colpevoli che sono morti suicidi sugli aeri che si sono schiantati sulle torri gemelle saranno risorti, non nel paradiso, ma nel loro paradiso. …E allora colpiamo i colpevoli, chi ha fatto credere loro una tale idiozia, chi li ha plagiati, questo ipnotizzatore folle che ha causato tutto questo disastro. Questo mostro sacro della telepatia Bin la den o come cavolo si scrive. Questo essere così potente che se non ci fosse stata la prima guerra mondiale diretta conseguenza della seconda non ci sarebbe Hitler a strappargli il primato. Ci sarebbe rimasto Stalin ma solo perché il mondo credeva nella giustizia superiore a quella di un “altro. E se non ci fosse stato lo Zar… Di causa in causa si finisce che la storia diventa un susseguirsi di catastrofi generate da quella prima da quella prima e quella prima ancora, fin nel peccato originale – e facendo 2 + 2 immaginare quale sarà la fine non è certo un’impresa così difficile. Ma in fondo mica viviamo in eterno l’importante è che per un po’ non ci si rompano i coglioni. E certo che quelli che per questo vanno a fare la guerra so proprio fregnoni… ma allora bisogna fare la guerre per l’eternità, ma ditelo un po’ voi a questi che di guerra in guerra l’eternità finisce. E che ci sta n’altra vita? Cacchio Bin la den è riuscito a far credere questo e per salvare capra e cavoli ha detto che se il mondo finisce di qua continua di là, l’importante è fa qualcosa che fa’ finì il mondo di qua prima possibile per la giustizia sua. Ma c’è un’altra giustizia che dice a Bin la den che il mondo deve finire quando lo decide essa” la giustizia e per questo bisogna che facciamo la guerra pe’ fatte smette di fatte finì il mondo per primo.

Ottocentomilamiliardidilire questo tanto per cominciare - …che quannò l’ho sentita me se so stappate le recchie. Certo non è solo pe’ fa la guerra contro quattro studenti rincoglioniti quanto i nostri - che se stavano a fa’ la guerra per 30 anni a gioca con le mine si sarebbero inventati una dittatura di poco diversa, ma per tutti li matti dell’aria del petrolio che ci stanno in giro. Certo il petrolio ci fa andare in macchina, ma mentre a noi in occidente ci serve per controllare i comportamenti. Jo loro serve a qualche sceicco ‘a comprasse una cinquantina di macchine e tanti tanti…. Vai a spiegare a tutti quelli che si muoiono di fame e che pensa un po’ non c’hanno neanche la bicicletta che il prezzo del petrolio non si stabilisce solo in occidente, dove l’economia è altrettanto ingiusta perché gli economisti con i soldi, vanno a studiare nelle scuole più esclusive, non l’economia applicata al senso della vita per tutti, ma per stabilire il modo con cui possono ricavare il maggior profitto personale. Be’ ‘sti quattro coglioni occidentali, insieme a quei quattro coglioni del petrolio e pure qualche coglione orientale si stanno solo preoccupando di come magnasse tutto quello che si può – e anche con l’aiuto di quelli come Saddam, sia prima che dopo. E che il mondo finisce a questi non importa proprio. Poco importa loro che l’economia sta attraversando l’esigenza strutturale di essere ridefinita, che la tecnologia debba andare verso le risorse rinnovabili per l’abbattimento del costo della vita – che un’economia basata sull’idrogeno può essere già una realtà. Questi hanno il buon senso e dicono che prima bisogna finire quello che loro hanno”. Il bene del mondo è come tenerlo in scacco. Ma in fondo non è qualche litro di idrogeno che può cambiare la natura dell’uomo, ma mi sembra un modo molto più intelligente per cercare di risolvere alcuni problemi umani. Che poi lo si voglia fare dopo la BOMBA atomica è la solita storia.

A proposito da quale parte cadrà questa volta? Mentre la popolazione irachena è quotidianamente sotto allarme aereo.

Comunque i fondi sono stati stanziati, speriamo che questo attenui il tutto, ma la crisi è veramente nera.

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Patrizio

 

Autore: Zaratustra

Data:     03-10-01   13:04

 

Sig Patrizio la prego, non dica cattiverie per chi si è ricongiunto al Creatore..

 

È una delle prime cose che la sua “cristiana” società le insegna insieme al

 

Perdono… inoltre colgo l’occasione di ricordarle che proprio la sua “cristiana

 

ciciltà superiore” di berluschiana memoria, è fondata su palesi assurdità, quali:

 

la vita dopo la morte, Inferno – Paradiso, Resurrezione dei Morti, Verginità della

 

Madonna e così via….le stupidaggini valgono solo per gli altri?

 

Mi consenta..

 

Zaratustra

 


A Zaratustra

 

Autore: patrizio

Data:     03-10-01   15:01

 

Non ho ben capito perché si sia appropriato di quel nome e dato la sua cortese ma non chiara posizione – di carattere filosofico, in risposta alla mia. le chiedo, rendendo “esplicita la domanda – lei è per Bin la den o per l’idrogeno? In cui parlo nella mia.

 

La saluto cordialmente

Patrizio Marozzi



Patrizio ,Bin Laden e l’idrogeno

 

Autore: Zaratustra

Data:     03-10-01    16:18

 

Caro sig. Patrizio spiacente di verificare che prima di tutto le sta a cuore accusarmi di usurpazione di titolo , ma devo dirle che io sono veramente Zaratustra ( confidando che lei sappia chi questo nome evoca) anche se per un cervello pragmatico come il suo , ritengo sia difficile crederlo…per quanto riguarda l\’aut- aut di carattere bassamente manicheo ( non ho mai attribuito al termine una negativita\’ intrinseca) io di solito quando devo scegliere tra uomini e caporali scelgo gli uomini.. e stia sicuro , le sue speranze di liberazione dell\’umanita\’ dal petrolio per mezzo dell\’idrogeno , saranno prontamente scacciate dai varii marpioni che si approprieranno dei relativi monopoli sullo stesso.. sono sempre gli stessi..

 

Le faccio i migliori auguri

 

Zaratustra

 


A Zaratustra…

 

Autore: patrizio

Data:      03-10-01    18:41

 

Concordo con lei, per quanto è possibile sull’incapacità a saper rispondere su ciò che non si è in grado di valutare nella giusta proporzione e adeguandomi – mi è possibile – alla sua percezione ed elaborazione dello Zaratustra”… le dico che lo trovo pacatamente innocuo. quello che trovo poco sensato è il fatto che lei fa della dialettica un uso che oso dire – dal carattere onanistico. Si tenga i suoi meriti e continui a godere da solo, ma senza aprire l’impermeabile improvvisamente…. Potrei anche ridere per questo.

 

Cordialmente

Patrizio Marozzi

 


aboliamo la religione

 

Autore: cuba

Data:     03-10-01    18:55

 

Nelle repubbliche asiatiche occupate dall’unione sovietica, che pur erano mussulmane non meno dell’Afghanistan, vi è in genere una grande tolleranza. ho visto ragazze in minigonne, missionari cristiani che diffondono (con scarso successo) il loro credo

 

 penso che bisogna essere grati ai russi di aver all’epoca abolito la religione (almeno formalmente) sradicando eventuali fanatismi

 

peccato che qualcuno in afghanistan abbia pensato di aiutare i fanatici per meri motivi politici

 

non sarebbe male una società senza religione, di qualsiasi fede, stupide superstizioni medioevali che tanto male hanno causato e tanto ne causeranno

 


X cuba aboliamo la religione

 

Autore: patrizio

Data:     03-10-01    19:11

 

Non capisco da dove vieni, né dove vivi – mi sembra in un luogo dove non c’è libertà di religione, forse è per questo che non riesci ad abolirla e cerchi una legge autoritaria che lo faccia per te. Dio non obbliga non capisco perché tu in nome di te stesso o della maggioranza che…. Vuoi che gli altri siano obbligati ad non avere Fede, anche ricercandola in una religione.

 

Cordialmente

Patrizio Marozzi

 


aboliamo la religione

 

Autore: cuba

Data:     03-10-01    23:09

 

Nelle repubbliche asiatiche occupate dall’unione sovietica, che pur erano mussulmane non meno dell’Afghanistan, vi è in genere una grande tolleranza. ho visto ragazze in minigonne, missionari cristiani che diffondono (con scarso successo) il loro credo

 

 penso che bisogna essere grati ai russi di aver all’epoca abolito la religione (almeno formalmente) sradicando eventuali fanatismi

 

peccato che qualcuno in afghanistan abbia pensato di aiutare i fanatici per meri motivi politici

 

non sarebbe male una società senza religione, di qualsiasi fede, stupide superstizioni medioevali che tanto male hanno causato e tanto ne causeranno


La guerra la propaganda e Erika e Omar         

 

Autore: patrizio

Data:     06-10-01   09:53

 

Poche parole, soltanto poche parole. Il clima oramai è quello che è, ma che il suo effetto sprigioni un clima così uniforme – e per uniforme intento un clima che investe in un certo qual modo ogni avvenimento della vita quotidiana fa un poco pensare sui processi d’informazione che sono in atto in questo momento. Certo il clima non è di quello pesante e non agisce sui processi che tendono a ristabilire un equilibrio sulla propria definizione di consapevolezza – in fondo in un’epoca come questa prima che si arrivi alla nausea per la guerra come soluzione dei problemi, bisogna risolvere non poco, quelli che sono i processi del consenso che vengono sviluppati all’interno di quelle che sono le logiche su cui si formano i desideri dei cittadini. Ma poi non basta vedere quello che succede nei balcani, dove la catena dell’odio, non fa che proporci una guerra dietro l’altra e la nausea ancora è lontana, non dico che in mezzo alla popolazione civile non c’è chi sia giunto al punto di nausea, ma basta un niente, magari uno slogan del momento in televisione e tutto riprende a bruciare. Non so quanti ricorderanno, hanno visto – La coppia modello di William Klein di qualche anno fa. Vi si racconta la vita di una coppia umana rinchiusa in una casa dove tutto viene riprodotto come in laboratorio. Klein, con occhio fotografico ci mostrava e cercava di far riflettere su quelle che le logiche del comportamento andavano a scatenare cercando di determinare il senso della vita delle persone. È vero che l’arte aveva ancora un senso e qualcosa da dire, cercando di differenziare il punto di vista dell’osservatore. Immaginarlo oggi con gli artisti che emulano il consenso all’interno delle stesse logiche che fanno di programmi come il grande fratello la convezione comune della normalità è veramente improbabile, improbabile anche avere un moderato senso critico che sia fuori dalle logiche del consenso. È ovvio che su queste basi l’effetto consenso non ha poi bisogno di grandi meccanismi subliminali per affermarsi, la società nella vita comune è oramai permeata dai mezzi di persuasione delle tv commerciali e pubblicità in genere… è per questo che è bene riflettere sulla logica della guerra che così facilmente si sta diffondendo, che non fa accettare soltanto quella contro Ben laden, ma anche ogni altra manifestazione che può avere a che fare con la conflittualità. Non dimentichiamo che con questa logica la nostra civiltà ha distrutto interi mondi come quello di 40000 anni della civiltà degli aborigeni. I dissesti umani all’interno delle stesse civiltà opulenti sono conseguenze di questa logica. Per questo mi suona non del tutto sensato quello che ieri ho sentito in televisione, prima attraverso uno psichiatra docente della […], di cui in questo momento non ricordo il nome che ha tirato fuori le vecchie logiche della psichiatria sociale che tanto danno hanno fatto, parlando di Erica e Omar. E in serata, sempre al tg, il Prof. Bollea esprimersi sullo stesso caso in forma collettiva, affermando che dalla liberazione dei ragazzi di Novi Ligure ne può venire un messaggio nefasto per gli altri adolescenti. Questo senso che sposta il recupero di due adolescenti sul piano globale la dice lunga sul fatto che il mondo dell’adolescenza non sia sano al punto di correre il rischio di non saper diversificare il senso sul piano individuale. Ciò fa riflettere non poco sullo stato della nostra società. Nell’intervista in una scuola di adolescenti…

 


Non dimenticando il silenzio di vite che esistono oltre l’informazione

 

 

Novi Ligure, la trascrizione della confessione
rilasciata dalla ragazza agli psicologi


Erika: "Uccisi mia madre
perché mi era indifferente"


Dapprima la madre per lei è un modello da imitare, un esempio da seguire. "Vorrei diventare come mia madre... Avevamo un bellissimo rapporto io e lei. Più che una mamma era una sorella... Mia madre mi ha insegnato ad essere forte dentro... Al mio bambino dirò di essere forte perché me lo ha insegnato mia mamma..." ripete Erika nei suoi colloqui con gli psicologi, Ma poi, dopo aver confessato il delitto, è lei a chiedere un nuovo incontro ai periti. Questa è l'intervista registrata durante quell'ultimo incontro.

Periti: Parlando di cose cattive, una domanda che ti farebbe tuo papà è: quando e perché avete deciso di eliminarci?
Erika: "Non me la farebbe mai mio papà"...

Fa conto che sia una domanda sua...
"Quel pomeriggio lì Omar mi ha convinto... è la verità".

Perché ti ha convinto? Ha trovato il terreno predisposto?
"Sì... ero indifferente..."

Tua mamma ti era così indifferente da...
"No, però... Ero talmente presa da Omar che ho perso tutti gli affetti che mi stavano attorno... soprattutto quelli importanti... Non mi importava niente..."

Tutti però pensano che tu odiassi tua mamma...
"No, odiare no... era indifferenza... Perché doveva odiare mia mamma? Mia madre era bellissima, non era un mostro..."

Appunto...
"Ma io ho preso da lei... Anche quando andavamo in giro ci scambiavano per sorelle e lei era felice come una Pasqua perché diceva: "Ho quarant'anni e mi scambiano per tua sorella". Non rompeva le scatole..."

Non esistono mamme che non rompono le scatole...
"Vedeva che non la stavo a sentire e dopo un po' la smetteva..."

Tua madre non era una persona qualsiasi: comandava su tutti.
"Beh, lei sapeva prendere mio padre in modo... non da girarlo... da convincerlo in certe situazioni... Lei gli ha fatto accettare il rapporto che avevo con Omar ma non è che comandasse mio papà. Era una donna fortissima. E' sempre stata vicina a mio papà. Decidevano assieme...".

Aveva le sue idee e le sue aspettative, i suoi modelli da cercare di importi standoti addosso?
"Ci scontravamo sempre perché a me piacciono le cose all'opposto di mia mamma ma non posso farci niente. Litigavamo e il giorno dopo facevamo pace. Lei faceva l'offesa e io andavo lì, le chiedevo scusa..."

Prova a raccontare un episodio semplice, normale, madre e figlia che litigano...
"Ad esempio per la messa si offendeva ma non litigavamo. Veniva a svegliarmi al mattino. Dicevo 'Non vengo' lei diceva 'Dai vieni' poi io mi arrabbiavo e rispondevo male... Litigavamo sulla musica perché tenevo sempre alto il volume e a lei la tecno non piace. 'Ma che musica ascolti, è la musica dei drogati'. Le rispondevo male. Per la scuola abbiamo litigato al liceo: non le avevo detto che avevo preso tre in Impianti ma a volte mi dimenticavo di dire i brutti voti. Poi per Omar, anche se diceva 'Se siete innamorati sono contenta...'. E litigavamo per la montagna perché lei voleva che io andassi su e io volevo restare giù..."

Dì una cosa che apprezzavi di tua mamma.
"Eravamo uguali".

Ma perché le cose fra te e tua mamma hanno preso questa piega?
"Forse perché..." (piange)

Pensi di avere avuto un carattere così difficile fin da piccola?
"Ero pestifera da piccola. Lo dicevano anche i nonni. Ero dispettosa, Facevo gli scherzi, mi nascondevo, ero tremenda, poi mi sono calmata..."

Da piccola ti nascondevi fisicamente, poi ti sei nascosta mentalmente.
"Io non ho mai nascosto niente".

Questo non lo puoi dire.
"Se una persona non mi piace glielo dico in faccia e ne pago le conseguenze".

Tu dici che Omar a un certo punto propone di eliminare i tuoi.
"Subito non l'ho preso sul serio... poi ha iniziato a dire ci teniamo la casa, ci sposiamo, curiamo tuo fratello e allora ho detto: va bene".

Una delle domande che fanno le ragazze a 14 anni ai genitori è: mi desideravate davvero o sono stata un incidente di percorso? Tu glielo hai mai chiesto?
"Magari sono stata un incidente..."

Non pensi che tua mamma abbia desiderato una figlia?
"Che ne so io?"

(24 ottobre 2001) La Repubblica.it

La stampa.it

«Erika non è capace di provare pena e rimorso»
I periti: un piano studiato guardando film e fumetti

24 ottobre 2001

di Emma Camagna

ALESSANDRIA Erika ed Omar erano in grado di intendere e volere la sera del 21 febbraio, quando uccisero a coltellate la madre e il fratello della ragazza a Novi Ligure?

Radicalmente diverse le conclusioni delle varie perizie. Per i consulenti dei magistrati i ragazzi sapevano quello che facevano anche se le loro personalità erano «disturbate». Per i quelli della difesa i due erano totalmente incapaci di intendere e volere perché affetti da psicopatologie gravi. Dalle perizie emerge che Erika e Omar non sono preda di psicosi, anche se hanno debolezze nella loro struttura psichica («disturbo narcisistico della personalità»). Il rapporto tra loro «era ampiamente conflittuale», seppure con una «dipendenza affettiva di Omar da Erika».

Per i consulenti del giudice, c'è stata una «sottomissione compiacente di Omar» ad Erika, alla quale «non può dire di no». La cosa certa che vien fuori da tutta la perizia è che «l'ideazione non può essere attribuita all'uno o all'altra», anche se potrebbe sembrare che Omar abbia pensato di «potersi installare al fianco di Erika come vero uomo attraverso un rito d'iniziazione», appunto il duplice omicidio. Per i periti del gip è uno «strano» progetto di delitto. «I due lavorano almeno un paio di mesi nell’allestimento di un piano di sterminio e tutto quello che viene loro in mente è usare i coltellacci di cucina, dopo essersi infilati i guanti di gomma, e poi fuggire urlando che sono stati gli albanesi. Eppure è andata così».

Nonostante il fatto che «siano intelligenti e, almeno teoricamente, si siano interessati attraverso la visione di film, fumetti, spettacoli tv di delitti, alibi, armi del delitto, impronte e tutto il resto, hanno allestito un delitto tanto atroce quanto preparato in modo stolido e infantile. Pensiamo che il piano ordito non sia stato quello che hanno poi commesso, ma un’impresa collocata in uno spazio intermedio fra la realtà e la fantasia». L’enigma è Erika. «Cerca l’ammirazione e pensa le sia dovuta, non ha dubbi sulla propria avvenenza fisica. Non ha l’ombra del dubbio sul fatto di essere importante, di essere autorizzata a gesti di confidenza paritaria».

Alla fine il giudizio è pesante: «Non riesce a immaginare la differenza fra le persone, non sa quale sia il funzionamento mentale dell’altro e non immagina neppure i sentimenti che gli altri possono provare a differenza di lei». «Lei davvero non immaginava - scrivono - l’orrore e la pena che noi sperimentavamo per le atrocità di cui parlava con scioltezza e relativa indifferenza. Non ha alcuna possibilità di immaginarlo perchè non dispone della possibilità di identificarsi con il dolore o la paura dell’altro. Erika non aveva la più pallida idea di cosa potesse succedere nella nostra mente mentre lei raccontava l’orribile morte di sua madre e citava gli interrogativi che le poneva mentre agonizzava. Ciò la fa sembrare cinica e fredda, insopportabilmente priva di rimorsi: è molto peggio di così. Le manca la struttura mentale che mette in grado di provare pena e rimorso».

Per mesi dopo l’arresto - sono sempre i periti a sostenerlo - le è stato imposto un regime detentivo che le ha confermato, certo in negativo, di essere «unica e straordinaria». Perciò non se ne è mai lagnata. Ma si è lamentata quando ha perduto i «privilegi» dell’isolamento e ha dovuto fare i conti con rapporti validi per tutte, lei compresa.


 

 

La confessione di Omar depositata tra gli atti dell'inchiesta
I magistrati: "Delitto maturato in un clima morboso di coppia"


"Così ho visto Erika
massacrare la madre"

La versione del ragazzo: "Mentre lei la colpiva,
la madre le diceva, 'ti perdono'"


 

MILANO - Particolari sempre più raccapriccianti sul delitto di Novi Ligure emergono in questi giorni dalla trascrizione della confessione di Omar, depositata tra gli atti dell'inchiesta presso il Tribunale per i Minorenni di Torino, in attesa della richiesta di rinvio a giudizio. Sembra ormai certo che il ragazzo insieme a Erika siano stati complici degli omicidi di Susy Cassini e di Gianluca. E i magistrati ritengono che i due siano giunti a preparare mentalmente il delitto e a eseguirlo, nel clima "passionale, morboso e onnipotente" che respiravano in un'unione di coppia, sempre più isolata, chiusa e sorda ai richiami della realtà.

Secondo l'accusa, Erika e Omar massacrarono a coltellate la madre di lei e il fratellino Gianluca di 12 anni. Ora sono in carcere (lui a Torino, lei a Milano) e attendono l'udienza preliminare.

Dal giorno dell'arresto, lui ha sempre sostanzialmente riferito la stessa versione dei fatti. Aggiungendo, man mano che si susseguivano i colloqui, nuovi terribili particolari. Ha anche sempre ampiamente sottolineato l'opera di convincimento subita da Erika per indurlo ad aiutarla ad eliminare tutta la sua famiglia e rimanere finalmente liberi da qualsiasi ostacolo. La ragazza, invece, ha proposto versioni molto diverse tra loro e motivazioni a dir poco inconciliabili di volta in volta.

Il 20 agosto scorso, Omar racconta la sua versione di ciò che accadde il 21 febbraio nella villetta di Novi Ligure: Omar ed Erika si videro alle tre del pomeriggio, andarono in un bar a bere un paio di cocktail e decisero che avrebbero attuato il piano di Erika per eliminare la famiglia De Nardo. "Erika era normalissima - racconta Omar - Ha cominciato a dirmi: Questa sera è la serata giusta perché mia madre va in palestra e mio padre va a calcetto e arriva più tardi. Non so neanche io come è riuscita a convincermi".

Fatto sta che ci riuscì. Gli disse: "Allora non mi ami. Ho progettato tutto, andrà tutto bene, il piano è perfetto. Sapevo da un po' di tempo che un giorno doveva capitare perché lei continuava ad assillarmi".

Alle 19.20 di sera i due raggiungono la villetta dei De Nardo. Mentre Omar nasconde il motorino, Erika torna a casa, aspetta che il padre esca, fa entrare Omar dalla tavernetta e gli dà dei vestiti di ricambio. "Lei ha tirato fuori i coltelli e ha detto: Tu tieni questo, io tengo questo. Mi ha dato i guanti giallini da cucina e io le ho chiesto ma perché tu non ti metti i guanti? Perché io ci abito qui, e posso toccare tutto".

Quando la madre di Erika rientra col figlio minore, Omar si nasconde in bagno a luce spenta e armato di coltello. Secondo Omar, Erika aveva già deciso tutto: "Appena si apriva la porta dovevamo colpirli. Da come me l'aveva spiegato lei pensavo fosse una cosa semplice". Nel bagno entra Susy Cassini: "M'ha riconosciuto anche a luce spenta - prosegue il ragazzo - Io non l'ho colpita, ho spinto la porta e Erika l'ha colpita. Quando ho riaperto la porta ho visto che Erika e sua madre erano una sopra l'altra. Visto che io non ero stato capace di colpirla per primo, lei l'ha colpita. Ho visto Erika in difficoltà. Sentivo la sua voce che diceva Colpiscila, colpiscila".

"Sua madre si dibatteva, però lei l'ha colpita, poi l'ha spinta nell'angolo della cucina, e sua madre è riuscita a prendere il coltello. Erika gridava aiuto, anche se sua madre non riusciva a colpirla: Aiutami, intervieni. Io sono intervenuto, ho tolto il coltello a sua madre e lei mi ha morsicato il pollice. Quando l'ho staccata l'ho colpita con due, tre colpi. La madre gridava: Erika cosa fai?, Erika ti perdono, ma Erika continuava a colpirla gridando: Muori, muori.... Le coltellate che mi ricordo saranno state venti, venticinque. Io ne ho date due o tre. Nel fianco, dalla pancia della signora usciva molto sangue".

E per la prima volta, il ragazzo parla anche dell'omicidio di Gianluca. Secondo lui Erika avrebbe voluto ucciderlo con veleno per topi. Ma non ci riuscì. "Non avevamo mai parlato di annegarlo. Erika è venuta su, ha aperto la vasca e ha detto: Adesso lo anneghiamo. Io l'ho preso per le braccia e lei per i piedi. Forse non ce la faceva a colpirlo, però alla fine l'ha ucciso colpendolo. Lui era molto forte. Erika perché mi fai questo? Piangeva, gridava: Lasciatemi stare, mentre c'era la musica molto alta".

E ancora: "Quando ormai era coricato nella vasca con una palla che gli usciva dalla pancia lei mi ha detto: Colpiscilo. Io ho chiuso gli occhi e ho colpito; tenevo il coltello molle e mi sono ferito. Lei mi ha messo un cerotto. A quel punto ho detto: Adesso me ne vado. Come, te ne vai e mio padre non lo uccidiamo? Mi lasci qui?. Le ho risposto: Se vuoi farlo uccidilo te da sola. Io me ne vado. Io non ce la faccio piu. Lei era arrabbiata con me. E' venuta giù e ha messo tutto in un sacchetto, i coltelli, le calze e altre cose. Poi lei ha buttato giù i soprammobili, ha buttato giù delle altre bottiglie".

Il racconto si conclude: "Sono uscito cinque minuti prima delle nove. Erika gridava: Hanno ucciso i miei genitori. Sono stati gli albanesi. Ho fatto un giro col motorino, ho vomitato, sono tornato, Erika ha fatto finta di vedermi per la prima volta: Stammi vicino, ha detto. C'era suo padre. Suo fratello era innocente; anche se lei odiava i genitori, cosa c'entrava suo fratello?".

(22 ottobre 2001) La Repubblica.it

 

 

Massacro di Novi Ligure, due mesi dopo. I tormenti
dell'ingegner Di Mardo: "E' mia figlia, non la lascio sola"



"Ora il padre ha capito
che Erika è colpevole"



 

NOVI LIGURE - Domani saranno due mesi. L'ingegner Francesco De Nardo va in ufficio tutti i giorni, due volte al giorno. Sempre gentile, sempre tranquillo. "Sempre lui", dicono i suoi collaboratori alla Pernigotti. Poi va in carcere da Erika. La domenica va a messa alla Pieve, la chiesetta vicino alla tangenziale dove portarono due bare identiche, coperte di fiori bianchi e quei nastri, "Il marito e Erika", "Il papà e Erika". L'ingegnere va a pranzo dai suoi genitori, e da loro dorme. La sua casa è ancora sotto sequestro, sigillata da croci di nastro adesivo marrone su porte e finestre, ma lui vuole tornarci: l'istanza di dissequestro è già stata presentata. Quando incontra qualcuno che conosce, e qui a Novi lo conoscono tutti, quasi sempre rallenta e fa un breve saluto con la mano. Gli amici gli stanno vicino, però rispettando quell'anticamera di dolore e solitudine dove lui deve potersi rifugiare quando ne ha bisogno. C'è una parola impossibile, "normalità", che l'ingegnere ha protetto restando qui, eppure andando lontanissimo da qui.

"Da quella sera non ho più letto un giornale e non ho più visto la televisione", racconta. Riceve lettere e telefonate, risponde sempre. È un uomo forte con lo sguardo fragile. Quando va al cimitero, l'ingegnere parcheggia sotto gli alberi accanto al muretto, entra dalla seconda porta, la più piccola, e cammina per un centinaio di passi verso il blocco zero, cappella numero tre. Camminando, forse osserva le altre fotografie. C'è quella di un ragazzino vestito da marinaio, invece la foto di Gianluca non l'hanno ancora messa, e neppure quella di Susy. La porta della cappella, in una nicchia ombrosa e umida, resta sempre aperta.

Neanche il marmo è stato sistemato, c'è il cemento grezzo e due cartelli con i nomi e le date. L'ingegner De Nardo vede quanta gente viene, si ferma, porta qualcosa. Biglietti firmati quasi sempre "una mamma". I regali per Gianluca: un pallone, un Ufo Robot, un giornaletto di Topolino, i giochi di plastica delle merende, un pinguino, Topo Gigio interista, una coppa, una fila di candele di Papa Giovanni, un chupa chups, tre caramelle. Il cartoncino con le firme dei compagni di scuola. E un odore di fiori fortissimo, da impazzire. Arriva dal basso, dove hanno appoggiato decine di piante. Più in alto, sopra il loculo della mamma, altri mazzi freschi. C'è chi arriva da fuori, da lontano, e domanda al custode dove siano le tombe di Susy e del bambino. Alcuni biglietti l'ingegnere li porta via, altri li legge e li lascia, come se appartenessero più alla moglie e al figlio che a lui.

A volte prosegue fino alla Pieve, che è un posto tranquillo. La vita ha ripreso a scrivere righe d'inchiostro sulle pubblicazioni matrimoniali: Giampaolo l'autista sposa Stefania la parrucchiera. L'ingegner De Nardo passa dal cortile, che poi è una specie di campo di calcetto, aggira il giardino e suona il campanello del parroco, don Valentino Culacciati. Un altro che corre dietro alla parola impossibile, nella quiete di un aprile troppo freddo. "Normalità, è quello che vorremmo dal Signore". Ma tutti sanno che non si può. "L'ingegnere è venuto a messa anche domenica, è un uomo meraviglioso, nessuno l'ha lasciato solo. Anche le nonne stanno soffrendo tantissimo, da non poterlo immaginare. Lui ha tanta, tanta fiducia nei magistrati. Certo il papà dubita, ha capito che Erika c'entra. Però, quando ne parliamo cambia discorso. È umano. L'altro giorno mi ha detto: 'Don Valentino, preghi per mia figlia, io non voglio perderla'. Il perché, quello ce lo domandiamo tutti. Ma non siamo venuti nel mondo per giudicare. Presi uno per uno, quei ragazzi erano bravi ragazzi: insieme hanno creato qualcosa di diabolico, e mi rendo conto che l'aggettivo non spiega tutto. Non si possono capire le cose impossibili. Adesso pensiamo di celebrare una messa speciale per la festa della mamma, saremo vicini in particolare alle due nonne e daremo a entrambe un piccolo regalo".

Quando l'ingegnere torna al quartiere Lodolino, dove c'è la sua casa sigillata, a volte passa davanti alla scuola media "Boccardo". Qui Gianluca frequentava la "prima F". Il preside Pietro Sisti pronuncia subito, anche lui, la parola che non c'è. "Normalità, cercarla è importante e questo non vuol dire rimuovere la tragedia. Semmai guardarla in faccia, parlarne e tornare a vivere. Qualche amico di Gianluca, più sensibile, ancora non ci riesce del tutto, però la maggioranza ci prova. Abbiamo fatto assemblee, riunioni con i genitori. Nessuno può capire, ma quasi tutti abbiamo deciso che amare conta più che spiegare".

Una persona che l'ingegner De Nardo stima molto è il sindaco Mario Lovelli. Tra loro esiste un'intesa che non ha bisogno di troppe frasi. "Lo vedo reagire, ognuno di noi fa il possibile per aiutarlo. È tornato in ufficio, desidera riavere la sua casa, non vuole perdere la figlia. Ma la storia di quest'uomo ha un senso se diventa, in parte, la storia di tutti. Altro che città dei mostri. Nel mio piccolo, penso che la tragedia sia servita a tenere aggiornata l'agenda sui problemi dei ragazzi. Questa è una società che invecchia e non li ascolta più. Così abbiamo deciso di sbrigare alla svelta le pratiche per il centro di aggregazione giovanile che sorgerà nell'ex caserma Giorgi".

Ecco la parola in agguato: "Normalità, adesso, è fare qualcosa di concreto, ma anche capire che i segni rimangono e le cicatrici non sono mai inutili".

Per tornare a casa, in via don Beniamino Dacatra 12, l'ingegner De Nardo deve svoltare all'incrocio dove a mezzogiorno ci sono un paio di vigili. Aiutano i ragazzi ad attraversare, e chissà cosa passa nel cuore del padre mentre guarda quella sfilata di zaini, se poi riesce a guardarli. Alcuni studenti divorano un panino al bar "Voglia di gusto", cento metri dalla villetta color salmone. Hanno appena aperto un discount che due mesi fa non c'era. Anche le gru e le ruspe sono aumentate: "l'immobiliare Giopi vende ville a schiera, lire 360 milioni" sta scritto in un cartello dentro il bar. Il quartiere Lodolino è un posto pieno di vento e sole, che scalda i mucchi di terra smossa. Uscendo a sinistra, si percorre un isolato di case bianche e prati all'inglese e si torna alla fine della storia: una cancellata, il cartello "attenti al cane" ma senza più cani, l'erba che qualcuno ha tagliato, i fiori da bagnare, il glicine un po' secco. Al primo piano è ancora appesa la giostrina con le lune e le stelle. Poco più in basso, sulla porta, alcune strisce di nastro adesivo stanno aspettando una mano forte che le stacchi.

(21 aprile 2001) La Repubblica.it


 

 

 

…tutti erano d’accordo sulla guerra eppure sono sicuro che qualche mese fa tutti sarebbero stati contro. Non ci sarà ancora la propaganda, ma in effetti basta poco per averne l’effetto, per instaurare la logica predominante. 

 


Dire No

 

Autore: patrizio

Data:      09-10-01    10:24

 

Dire no alla guerra

 

È un dovere sacrosanto, un diritto legittimo. Con ipocrisia si può dire che è scoppiata ora la guerra - è diritto di ognuno di dire un no netto alla guerra. Se chi ha avuto sempre potere ha generato questo stato delle cose che si assuma la responsabilità di governare e assecondare il no alla guerra senza crearsi un mare di servi che dopo averli messi nella condizione di pensare che si salva chi uccide per primo gli si fa intendere che non c’era altra strada da percorrere. La guerra ha sempre causato morte e distruzione e sarà sempre così e chi vi mette la paura nega questa ovvietà e crea giustificazioni a se stesso. No alla guerra forte e chiaro, senza tentennamenti, senza ma o forse, senza che si debba giustificare ciò con chi vuole che tu non abbia scelta che accetti il suo consenso alla guerra, con chi non si assume la responsabilità di evitarla e dopo che non ha mai fatto niente per la pace pretende da te il consenso, l’accettazione della sua scelta. No alla guerra dei servi che prigionieri del potere dei governanti affilano il gusto dell’odio, di chi nella società non ha mai detto no se non nel proprio interesse. No alla debolezza della pace a quella che giustifica, che cerca un proprio interesse, una ragionevolezza della guerra, a quella che dice di sì a qualcosa per poi manifestare il proprio dissenso.

Questa guerra che già sta diventando sempre più prevedibile lo era già per chi questa guerra ha cercato.

Dire no alla guerra è forma autentica di libertà e non è di nessuno pretendere il contrario.

La guerra è dei governi e dei servi, non delle persone libere o dei civili che ne devono subire la violenza senza voce.


La Repubblica.it Forum

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Le guerre sante

passione e ragione.

Scrivete a Umberto Eco

 

XXX

 

Autore: patrizio

Data:     10-10-01   09:51

 

Umberto eco

 

Se basta considerare quando nell’espressione di se stessi si è in pericolo di vita per valutare la superiorità di una cultura rispetto ad un’altra, la cosa sembrerebbe di facile soluzione. Ma se la soluzione è sul piano dell’espressione della propria libertà il significato assume il carattere del suo contenuto e la vita acquista la sua dignità nell’espressione del suo compimento. In Italia, in quanto occidente ed identità, l’elaborazione della libertà è come in ogni altra parte del mondo espressione del momento, per quanto storico”. In “Italia la delega culturale ha da tempo espresso la sua essenza nel fattore della rappresentatività fino alla virtuale essenza del contenuto. Dubito che uno studente sia in grado di riconoscere al di là del suo virtuale rappresentato ciò che in esso non è omologato. Se lei non fosse Umberto Eco, ma lo fosse ugualmente fuori da questo sistema, uno studente la prenderebbe per un cretino. È la forma mentis che determina l’evoluzione, non l’atteggiamento culturale. Peggio l’atteggiamento artistico che fa della cultura la sua pantomima. “Cristo è stato Palestinese, eppure io sono un cristiano in occidente.” 

----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: patrizio.marozzi@libero.it

Sent: Wednesday, October 10, 2001 1:32 PM

Subject: xxx

È la forma mentis che determina l'evoluzione, non l'atteggiamento culturale. Peggio l'atteggiamento artistico che fa della cultura la sua pantomima.

 

mah....e nieztche, deleuze a derrida, cosa sono, cacca? mei letto differenza e ripetizione, eh?


----- Original Message -----

From: Patrizio Marozzi

To: Gervasi Piergiovanni

Sent: Wednesday, October 10, 2001 11:39 PM

Subject: R: xxx

Non capisco il senso della sua domanda alla mia. mi auguro non sia espressione di "gusto letterario.

 

Cordialmente

Patrizio Marozzi

 

 

 


----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: Patrizio Marozzi

Sent: Thursday, October 11, 2001 8:22 AM

Subject: R: xxx

"Peggio l'atteggiamento artistico che fa della cultura la sua pantomima."

Una frasetta come questa ,secondo me, denota un totale disprezzo dell'eterno ritorno di nietzche, della ripetizione deleuziana, e chiama 'pantomima' il pensiero più criticamente profondo che io abbia mai letto. quanto a gusti letterari, ma perchè no, un po' di scatologia non guasta più nulla, dopo aver letto i commenti ad eco, anzi....

 

 

 


----- Original Message -----

From: Patrizio Marozzi

To: Gervasi Piergiovanni

Sent: Thursday, October 11, 2001 7:58 PM

Subject: R: xxx

Dato che la sua forma mentis non è equiparata da me a quella di Eco, tanto più da quello che mi dimostra - ma in fondo tutto è possibile, anche una mia sopravvalutazione. il suo appropriarsi di quella di un altro, per me interlocutore mi "impegna a capire dal suo modo conclusivo di esprimersi null'altro che il suo atteggiamento, alquanto nozionistico. non so quindi se citarle anche io un po' di titoli o quant'altro in proposito alla sua - per poi non so bene che cosa stabilire. Lei - permetta - parte da presupposti completamente insufficienti per la comprensione della "dinamica" di quel che io ho scritto. La ringrazio comunque della sua elaborazione e rispetto la Sua specifica profondità delle Sue letture.

Mi permetta comunque di aggiungere per sua specifica erudizione, magari al mio riguardo. Che peggio di un cretino che non sa di essere un cretino è colui che ha scoperto di esserlo. E ciò non ha nulla a che fare con la consapevolezza socratica.

 

Cordialmente

Patrizio Marozzi

 

 


----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: Patrizio Marozzi

Sent: Friday, October 12, 2001 8:29 AM

Subject: R: xxx

Dato che la sua forma mentis non è equiparata da me a quella di Eco, tanto più da quello che mi dimostra - ma in fondo tutto è possibile, anche una mia sopravvalutazione. il suo appropriarsi di quella di un altro, per me interlocutore mi "impegna a capire dal suo modo conclusivo di esprimersi null'altro che il suo atteggiamento, alquanto nozionistico. non so quindi se citarle anche io un po' di titoli o quant'altro in proposito alla sua - per poi non so bene che cosa stabilire. Lei - permetta - parte da presupposti completamente insufficienti per la comprensione della "dinamica" di quel che io ho scritto. La ringrazio comunque della sua elaborazione e rispetto la Sua specifica profondità delle Sue letture.

Mi permetta comunque di aggiungere per sua specifica erudizione, magari al mio riguardo. Che peggio di un cretino che non sa di essere un cretino è colui che ha scoperto di esserlo. E ciò non ha nulla a che fare con la consapevolezza socratica.

Cordialmente

Patrizio Marozzi

cosa ne dice di ripartire dalla punteggiatura? che sono quelle graffette (") in mezzo alla sua letterina?

con questo passo e chiudo, per sempre, per l'amor di dio.


----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: patrizio.marozzi@libero.it

Sent: Friday, October 12, 2001 9:00 AM

Subject: R: xxx

Dato che la sua forma mentis non è equiparata da me a quella di Eco, tanto più da quello che mi dimostra - ma in fondo tutto è possibile, anche una mia sopravvalutazione. il suo appropriarsi di quella di un altro, per me interlocutore mi "impegna a capire dal suo modo conclusivo di esprimersi null'altro che il suo atteggiamento, alquanto nozionistico. non so quindi se citarle anche io un po' di titoli o quant'altro in proposito alla sua - per poi non so bene che cosa stabilire. Lei - permetta - parte da presupposti completamente insufficienti per la comprensione della "dinamica" di quel che io ho scritto. La ringrazio comunque della sua elaborazione e rispetto la Sua specifica profondità delle Sue letture.

Mi permetta comunque di aggiungere per sua specifica erudizione, magari al mio riguardo. Che peggio di un cretino che non sa di essere un cretino è colui che ha scoperto di esserlo. E ciò non ha nulla a che fare con la consapevolezza socratica.

Cordialmente

Patrizio Marozzi

hem ....la sua specifica profondità delle sue letture...un italiano dalla sintassi imbarazzante, nevvero? e poi cosa ne sa lei dei miei presupposti , da lei giudicati insfficienti? mi dica che c'è di insufficiente in nietzche e deleuze ai fini della comprensione delle dinamiche da lei descritte ( o che lei crede d'aver descritto, ma non balzano dal suo scritto sgrammaticato..).

basta e avanza. dimentichi le mie mail e delizi i forum on line con la sua sintassi. addio.


----- Original Message -----

From: Patrizio Marozzi

To: Gervasi Piergiovanni

Sent: Friday, October 12, 2001 8:05 PM

Subject: R: xxx

Voglio rispondere brevemente alla sua stupida ma pertinente ovvietà - alla sua palese ignoranza e incapacità deduttiva oltre che mnemonica sintassi da perfetto nozionista quale lei è - nella sua ovvia "capacità nel comprendere quello che lei comunica, dimostra incredibilmente la scarsa cognizione di quel che comunica e del "comportamento che usa. Tale condizione è palese espressione di "faziosità. ma non è per questo che le scrivo questo mio ultimo messaggio. Semplicemente per ringraziarla di aver reagito ad un mio elaborato parte di un mio libro. Se pur è modesto e marginale il suo sviluppato" con me mi è lo stesso utile. La sua volontà di potenza così avrà un senso che lo voglia o no e il suo eterno ritorno troverà costituzione nella realtà. Naturalmente compresa questa mia ultima - e nel più perfetto anonimato. E non torni più. "Nessuno lo ha chiesto.

 

Cordialmente

Patrizio Marozzi

 

 


                                               Un bit

 

Cecità di Polifemo e uscita dalla caverna di Ulisse.

Appropriazione dell’autore, dei personaggi scritti nella storia – dell’identità della sintassi.

 

 

----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: Patrizio Marozzi

Sent: Wednesday, October 17, 2001 8:38 AM

Subject: R: xxx

cosa c'entra la faziosità col fatto che lei inizia degli incisi che non termina, con le sgrammaticature di quel che scrive? è lei che assume un tono vagamente altisonante, cercando di fare l'ironico adotta pure la maiuscola quando si rivolge a Me, e scrive degli autentici disastri ...nelle frasi che le ho sottolineato, periodi che le rimedierebbero un bel 4 in terza liceo, non trovo proprio nulla di creativo, non generano ambiguità o pluralità dal punto di vista della significazione, non costituiscono in alcun modo nulla di interessante dal punto di vista della scrittura. lei risponderà che io sono cieco e fazioso ma si figuri, in questi tempi orma indrammatici c'è chi trova divertente la tv, con la sua quotidiana oppressione di un linguaggio degno davvero delle rielaborazioni di un orwelliano grande fratello.....l'accusa di nozionismo è altrettanto curiosa: se le avessi buttato lì qualche citazione, capirei, ma mi sono mantenuto sul generale. credo proprio di esserle stato utile, nel senso che finalemnte si comprerà una copia di 'nascita della tragedia dallo spirito della musica', al posto del 'giornale' o di 'libero' che, a giudicare da come lei usa l'aggettivo fazioso, sembrano letture più probabili.si renderà conto che , secondo alcuni,' l'atteggiamento artistico' che, per lei, 'fa della cultura la sua pantomima' è invece quello che più autenticamente ha contribuito alla rielaborazione, alla distruzione dei codici dettati dall'alto, nel 'bilinguismo' dei grandi scrittori minori, ad esempio, pur nella loro stessa lingua.....ora temo di esserle stato troppo utile: auguri per il suo libro ( e auguroni al coraggioso editore....)

bye.

 

-----Messaggio originale-----
Da: Patrizio Marozzi [mailto:patrizio.marozzi@libero.it]
Inviato: venerdì 12 ottobre 2001 20.05
A: Gervasi Piergiovanni
Oggetto: R: xxx
Voglio rispondere brevemente alla sua stupida ma pertinente ovvietà - alla sua palese ignoranza e incapacità deduttiva oltre che mnemonica sintassi da perfetto nozionista quale lei è - nella sua ovvia "capacità nel comprendere quello che lei comunica, dimostra incredibilmente la scarsa cognizione di quel che comunica e del "comportamento che usa. Tale condizione è palese espressione di "faziosità. ma non è per questo che le scrivo questo mio ultimo messaggio. Semplicemente per ringraziarla di aver reagito ad un mio elaborato parte di un mio libro. Se pur è modesto e marginale il suo sviluppato" con me mi è lo stesso utile. La sua volontà di potenza così avrà un senso che lo voglia o no e il suo eterno ritorno troverà costituzione nella realtà. Naturalmente compresa questa mia ultima - e nel più perfetto anonimato. E non torni più. "Nessuno lo ha chiesto.

Cordialmente

Patrizio Marozzi


 

----- Original Message -----

From: Patrizio Marozzi

To: Gervasi Piergiovanni

Sent: Thursday, October 18, 2001 1:06 AM

Subject: R: xxx

Sono sempre stato caustico al punto giusto e la sua percezione della mia ironia - fa parte anch'essa della sua faziosità. Per il resto non si preoccupi so benissimo quel che ho fatto e perché. Lei continua ad entrare nei suoi ragionamenti per ridurre i miei in quel che lei è grado di percepire senza che "Nessuno le abbia chiesto di percepire nulla. Lei non sa quello che vuole da me - e ciò è qualcosa che non mi compete. Io sapevo cosa volevo da me stesso, mentre colloquiavo con lei e le posso garantire che lo ho ottenuto - mi trovo già avanti nella costruzione del processo creativo - che ovviamente lei non può immaginare. Non c'è niente di male nel non riuscire ad immaginarlo, non si preoccupi - perciò non si senta in dovere di dimostrare il contrario a se stesso, per me non è necessario. Se non avessi avuto una motivazione precisa non avrei preso in considerazione le sue lettere, non vi ho mai visto il reale interesse alla comunicazione, solo la ricerca della sua affermazione personale - che io non voglio negarle, ma trovo tale atteggiamento sterile ed inutile. Ciò è stato evidente sin dalla sua prima lettera - che ricordare scorretta nella sostanza-forma è un modo per essere gentile - vi si poteva, volendo, rilevare la buona fede, ma quelle successive ne hanno dimostrato il reale significato ed intento. Quindi la invito a non scrivermi più se non gradisce che "Io non le risponda - nessuna osservanza dell'essere cortesi, oramai me lo impedisce.

 

Cordialmente

Patrizio Marozzi

 

 

 


                                          Un bit

 

Lasciamo Polifemo con l’eco della caverna e ridiamo ad Io le sembianze di Eco lasciando che questa logica in parallelo segua Nessuno nella rappresentazione del significato di una domanda posta a qualcuno – Umberto Eco da qualcun altro – interprete e autore che ha trovato Narciso invece di Eco che ne ha preso le sembianze – per rispondere come Iside o Kalì. Lasciamo che egli – Eco risponda per Nessuno e l’aggettivo sposti lo spazio e il tempo nello stile dell’autore – ché Eco si specchi nell’aggettivo e che l’autore risponda per se stesso a chi fa dell’eco il suono della sua domanda e che nel non voler essere che Eco non è che Narciso, se stesso quale rappresentante del mondo. Nella deificazione non gli riamane che lasciare Eco, e nell’esser Narciso perennemente tornare a specchiarsi per affermare la Sua volontà. Come un quanto impazzito che pensa di calcolare Dio, torna agli dei per non essere più simile a Dio ma a se stesso, che immagina come volontà che distrugge e crea e determina la realtà. Nel paradosso di Nietzsche la follia dell’illusione, l’alibi della menzogna, l’eterna guerra che distrugge in nome della giustizia, la volontà del male che cerca di superare se stesso che assoggetta l’uomo alla pazzia per far di esso lo strumento che distrugga Dio e ne determini la realtà.

Lasciamo l’aggettivo e il suo autore ad indagare la vita nell’arte – e la volontà di potenza che fa della guerra l’arte di alcuni o molti, al vizio che non cerca soluzioni, ma soltanto morte.

                  

                                      Un bit

 

Epilogo dell’autore del lettore

 

----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: Patrizio Marozzi

Sent: Thursday, October 18, 2001 8:58 AM

Subject: R: xxx

hem...le ho citato una sua frase facendole notare che che alla luce di quella affermazione, deleuze, derrida e nietzche avevano scritto invano e non solo; se dovessimo sottoscrivere affermazioni come la sua ci ritroveremmo tutti una divisa militaresca in più da indossare ogni mattina...ma oltre quella che lei chiama ironia, cioè una battutina sui gusti scatologici delle mie letture, non ne son scaturiti altro che tentativi maledestri di analizzare il mio comportamento, cosa che, si vede, continua a destare il suo interesse . Ora; quanto al tentativo di psicoanalizzarmi e di rivelare i miei veri intenti (l'affermazione del mio io, che detto per inciso, non avrebbe proprio nulla a che vedere con alcuna volontà di potenza nietzcheana, che dell'io è la distruzione, lei cita e a casaccio!!) lasciamo perdere: ho compagnie e problemi ben più affascinanti che l'affermarmi su una massa di bit di (dis)-informazione che viaggiano sulle linee elettriche sottoscritte da patrizio marozzi, e , detto senza nessun riferimento socratico, che sarebbe quanto di più lontano dal pensiero cui mi sto ri-ferendo, sono ben consapevole di essere povera cosa; lei avrà problemi ben più affascinanti che leggere nietzche, beato lei . mettiamola così: è del tutto probabile che io non immagini vagamente in quali recondite pieghe del pensiero lei si sia cacciato, che io non pensi ad altro che ad affermare il mio io su tizi sconosciuti delle mailing lists, e che io viva di questi espedientucci, e, sopratutto, che discutere di me con lei sia ben più importante di 'logica del senso'. ora , la prego, pensi a farsi pubblicare, così corro in libreria...

 

 


 

----- Original Message -----

From: Eco

To: Gervasi Piergiovanni

Sent: Friday, October 19, 2001 5:48 PM

Subject: R: xxx

Infrangendo le mie regole dell'esser cortesi le rispondo e le dico che l'insieme di frasi che lei ha messo qui sotto non fanno un discorso non definiscono affatto quel che è accaduto, anzi. lei continua a cercare un modo, privo dei "contenuti" inerenti i fatti accaduti, per affermare un io che per citarla, non la faccia impazzire come Nietzsche, ma che comunque esprime in pieno il desiderio di affermare il suo io, il suo modo di comportarsi fa dell'interpretazione dell'io collettivo derivato da Nietzsche, che lei ha inteso scontato, nella percezione collettiva. quale paradigmatico esempio di virtù - all'anima della logica nazista e del militarismo - questa affermazione per adeguarmi al suo modo dialogico. di trarre conclusioni. Lei elabora le informazione in modo tale che la faziosità è la struttura portante del suo dialogo e non potrebbe fare altrimenti per sostenere la sua colta ignoranza, che le permette di strutturare la sua personalità su quella degli altri, che trasforma in bit [economici]. Lei non ha capito nulla e al di là della sua omologata essenza, non è in grado di chiedere. Lei non ha bisogno di essere analizzato lei si mostra e vorrebbe negare a chi si mostra che l'osservi. Lei è Narciso e Eco insieme e in questo è perfetto, tutto ciò che lei ha scritto è perfetto se interpretato in questo modo. C'è più Nietzsche in questo di quel che lei forse immagina. Lei disprezza con la sua affermazione su Socrate quel che non c'è di "distorto" nel paradosso letterario dell'esperienza di Nietzche e non ha nessun rispetto per ciò che di tragico vi è stato nella vita di Nietzsche, sia "personale che collettiva". Né di altri. Come è stato evidente dalla sua pretestuosa estrapolazione di una mia frase da un discorso compiuto, che ribadisco - non ritenendo valido il suo comportamento in proposito, la sua richiesta non onesta [inizialmente poco chiara] - non aveva nulla a che fare con lei.

Non cerco pubblicità, tantomeno un mercato qualunquista e mercenario, non voglio intendere - che lei sia un tal lettore, ma credo sinceramente che con i suoi presupposti trasformerebbe il valore "estetico" della mia opera in qualcosa di insufficiente. Comunque come le ho detto in una mia lettera precedente non posso negarle il gusto della sua affermazione, anche se illusoria, pertanto nell'eventualità che compri il mio libro, non per questo posso ritenerla un mio lettore.

 

Cordialmente

Patrizio Marozzi

----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: Patrizio Marozzi

Sent: Thursday, October 18, 2001 8:58 AM

Subject: R: xxx

 


 

                                          Un bit

 

Parlo con te. …Ad apparire quale sono in riferimento a te, con le parole che sembrano essere dove noi siamo, dove ci fanno esistere. Dove non vi è nessuno che possa chiamarci con un nome. Mi appresto ad afferrarti e lasciare che tu mi ascolti nella voce, netta e chiara delle domande. Le tue e le mie.

 

1 Nel silenzio dell’odio

 

Era seduto o forse stava camminando – stava cercando o capendo. Non lo disse a se stesso perché la voce che ascoltava era pesante e forte. Forte come un quesito senza risposta. Non può ora che ripensa a quel momento risolvere o trovare una ragione, un motivo che gli chiarisca quello che sta avvenendo. Eppure è consapevole, perfettamente consapevole che la sua afasia à proprio nulla a che fare con la sua voce, con le parole che c’ha da dire. E chi lo ascolta, à da vedere solo le sue orecchie, i suoi occhi dove sono, da dove sono i suoi occhi. C’ha due occhi così profondi – pensa – ma à che fare gli occhi con la sua voce? Con la sua, poi, di voce. È così lontano, sono lontani come solo lui se ne accorge – e se c’ha da apparire dolce, calmo questo, à che fare con la rabbia o con le cose che non si capiscono – ché c’ha da far del male il mondo, il mondo c’ha da far del male.

E guardò in aria mentre parlava, guardava il cielo, o ne faceva la finta – c’era la paura là dentro, dentro di lui. Che le parole le sapeva certo, certo che le sapeva – à che fare col mondo e c’ha anche le risposte c’ha. E il buio che c’è à che fare proprio, proprio con le risposte. E c’ha proprio ‘sta assenza dentro. E ‘sta assenza se c’ha che fare con lei non lo vuol sapere, non à proprio di volerlo sapere, che se gli risponde la sa, finisce che la sa proprio bene ‘sta storia. E il silenzio dell’odio ti rompe c’ha la morte dentro. E guarda il cielo, chiede al mondo non a lei - lei non l’ha guarda, non l’ha guarda no! Che se à da rispondergli – c’è proprio il caso che sbagli, che non s’accorga che c’è il male nel mondo e che il mondo se la prenda – senza che se ne accorga, proprio senza che se ne accorga. “Che c’ha “à” che fare col male del mondo le mie domande!?” urlando il pensiero disse. Che lei lo guardò e che lui non potè – non potè proprio tenere lo sguardo sul cielo - e che proprio la guarda – ché proprio la domanda c’ha che fare con loro. È stato così che à sentito che la libertà, così, à che fare che si è dimenticata di ciò ch’è vero, che la libertà c’ha che fare con un luogo, proprio un luogo circoscritto nella realtà, dove c’ha da stabilire quel ch’è bene o male – fuori dalla vita, realtà – à che fare con una frazione dell’intero spazio tempo. Pensò c’ho da guardarla ora, la vita. C’ho proprio da guardarla. C’ho da dire basta alla dimenticanza, alla volontà di non ricordare; che sennò un pezzo di vero mi diventa onesto – non c’ha che fare col valore dell’onestà, che così tutto diventa insignificante, prigioniero, à che fare con le convenienze del momento.

 

“La Forma Mentis” – di un volenteroso o di un ossesso della superiorità della volontà!? -

 

----- Original Message -----

From: Patrizio Marozzi

To: Gervasi Piergiovanni

Sent: Tuesday, October 30, 2001 8:00 PM

Subject: R: xxx

 

----- Original Message -----

From: Gervasi Piergiovanni

To: Eco

Sent: Monday, October 29, 2001 10:18 AM

Subject: R: xxx

Infrangendo le mie regole dell'esser cortesi (VIRGOLA! ma perchè infrangerle ? non importava affatto !!!) le rispondo e le dico che l'insieme di frasi che lei ha messo qui sotto non fanno un discorso (virgola!) non definiscono affatto quel che è accaduto, anzi. lei continua a cercare un modo, privo dei "contenuti" inerenti i fatti accaduti, per affermare un io che (VIRGOLA!) per citarla, non la faccia impazzire come Nietzsche ( magari la follia!) , ma che comunque esprime (CONGIUNTIVO...ESPRIMA!) in pieno il desiderio di affermare il suo io, (DUE PUNTI!) il suo modo di comportarsi fa dell'interpretazione dell'io collettivo derivato da Nietzsche, che lei ha inteso scontato, nella percezione collettiva (IL MIO MODO DI COMPORTARMI CHE COSA FA? PERCHE' INIZIA DEGLI INCISI CHE NON SA TERMINARE O SI DIMENTICA DI FARLO?) . quale paradigmatico esempio di virtù - all'anima della logica nazista e del militarismo - questa affermazione per adeguarmi al suo modo dialogico. (PUNTO???) di trarre conclusioni. (QUEST'ULTIMO PERIODO, IN ITALICO , NON FA SENSO.....) Lei elabora le informazione (I) in modo tale che la faziosità è (SIA!!!!) la struttura portante del suo dialogo e non potrebbe fare altrimenti per sostenere la sua colta ignoranza, che le permette di strutturare la sua personalità su quella degli altri, che trasforma in bit [economici]. Lei non ha capito nulla e al di là della sua omologata essenza, non è in grado di chiedere. Lei non ha bisogno di essere analizzato (VIRGOLA!) lei si mostra e vorrebbe negare a chi si mostra che l'osservi. Lei è Narciso e Eco insieme e in questo è perfetto, tutto ciò che lei ha scritto è perfetto se interpretato in questo modo. C'è più Nietzsche in questo di quel che lei forse immagina. (FINALMENTE UN BARLUME!!!....ECO E NARCISO.....BRAVO! grazie della mia presunta perfezione narcisistica...!! me ne sto in buona compagnia di demetrio stratos e carmelo bene...non male, eh??? SOLO CHE IL SEGUITO E' UN DISASTRO COME AL SOLITO...)) Lei disprezza con la sua affermazione su Socrate (ERA MEGLIO: CON LA SUA AFFERMAZIONE SU SOCRATE, LEI DISPREZZA ETC....) quel che non c'è di "distorto" nel paradosso letterario dell'esperienza di Nietzche e non ha nessun rispetto per ciò che di tragico vi è stato nella vita di Nietzsche, sia "personale che collettiva". Né di altri. Come è stato evidente dalla sua pretestuosa estrapolazione di una mia frase da un discorso compiuto, che ribadisco - non ritenendo valido il suo comportamento in proposito, la sua richiesta non onesta [inizialmente poco chiara] - non aveva nulla a che fare con lei.

Non cerco pubblicità, tantomeno un mercato qualunquista e mercenario, non voglio intendere - che lei sia un tal lettore, ma credo sinceramente che con i suoi presupposti trasformerebbe il valore "estetico" della mia opera in qualcosa di insufficiente. Comunque come le ho detto in una mia lettera precedente non posso negarle il gusto della sua affermazione, anche se illusoria, pertanto nell'eventualità che compri il mio libro, non per questo posso ritenerla un mio lettore.

Cordialmente

Patrizio Marozzi

p.s. allora, perchè una buona volta non si decide ad affrontarli questi contenuti che io trascurerei? affrontiamo questi benedetti contenuti, che' quanto alla forma, come la sua lettera testimonia, è meglio lasciar perdere. adotti , per cortesia, una prosa meno ampollosa, e dica chiaro cosa voleva dire con l'affermazione sull'arte come pantomima della cultura, etc. sennò continuerà a scrivermi semianalisi sgrammaticate di un io mancante, e non ci schioderemo mai da questo rumore fastidioso da critico di canale 5, e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu'

e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu'

e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu' e turutu' e turutu' turutu' turutu'

 

Il sole-24 ore

Domenica 4 Novembre 2001

 

- La nuova estetica -

 

Si è costituita lunedì scorso a Palermo la Società Italiana d’Estetica (Sie). Presieduta da Luigi Russo, la nuova società, che ha tra i soci onorari Gillo Dorfles, Gianni Vattimo e Dino formaggio, si propone di diffondere attivamente le conoscenze accademiche inerenti l’estetica nelle pieghe della vita sociale: dalle belle arti al design ai beni culturali fino alla cura del corpo e al mondo del virtuale. L’atto costitutivo è stato preceduto da un convegno che ha visto la partecipazione della maggior parte degli studiosi italiani di estetica: tra gli altri ricordiamo Emilio Garroni, Elio Franzini, Mario Perniola, Aldo Trione, franco Fanizza, Lucia Pizzo Russo, Emilio Mattioli, Pietro Montani, Paolo D’Angelo. Questi però non hanno tenuto alcuna relazione. Merito del convegno è stato di lasciare interamente la scena agli studiosi emergenti, giovani o meno giovani (comprendendo studiosi che da poco hanno concluso il dottorato fino ai professori associati), permettendo di farsi un’idea, al di là delle faticose e spesso arbitrarie dinamiche accademiche dell’università italiana, di quella che nell’occasione è stata chiamata, un po’ pomposamente, “la nuova estetica italiana”. […]

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Opuscolo, s.m. libretto di poche pagine, per lo più di carattere divulgativo o pubblicitario.

Dal lat. Opusculum, dim. Di opus –eris ‘opera, opera d’arte’.

 

Frammenti di Opuscolo smarrito

 

è come se la libertà avesse dimenticato ciò ch’è vero e costruisse un luogo circoscritto nella realtà dove stabilire ciò ch’è bene e male, una frazione dell’intero spazio e tempo da essa svincolato, (un mondo in preda all’odio quotidiano).

 

fede come parola dialettica [speranza disperazione]. Spiritualismo assenza di fede in Dio

fede in Dio spirituale – superamento della dialettica della parola fede, trans-materiale, al di là del limite materiale – significante di fede: il verbo Gesù Cristo.

 

[la fede è un dono – la scelta è un dono che Dio ha dato all’uomo – in Cristo c’è la chiarezza della scelta  - La fede è accettazione del suo dono, oltre l’evidenza]

 

dall’umanesimo come procedimento filologico grammaticale antropocentrico - derivazione dell’umanistico, le evoluzioni dialettiche si sono formalizzate nelle dialettiche storiche e storiche spiritualistiche. Queste ultime cercano di determinare una realtà finanche dialettica di Dio che così ritorna nell’ambito di una deificazione onnipotente nell’espressione umana – in una volontà di potenza che stimola e seduce i sensi e i concetti, e che si afferma come forza vitale, che determina la realtà dell’uomo e di Dio nell’agire dell’uomo in un io collettivo che sente di apparire attraverso la percezione dei sensi, per stabilire la volontà che li determina. La realtà individuale trova l’individualismo e nella perdita della libera individualità (dittatura) il superamento della contrapposizione. 

[autocritica: abbandono totale di tale posizione e accettazione della fede nell’esperienza dell’amore nella vita di Gesù Cristo]

 

Nelle dialettiche della storia, la contrapposizione a Dio, nella logica del superamento delle contrapposizioni umane, cerca e determina la perdita del senso spirituale dell’essere umano. (dittatura)

[l’accettazione dell’autocritica è nell’abbandono della logica della contrapposizione dialettica. L’accettazione della pluralità dell’esperienza umana concilia la condizione di non avere fede in Dio, con, nella pratica con chi nella fede in Dio cerca il superamento della contrapposizione con l’amore per l’umanità – un umanesimo che nell’evoluzione della logica grammaticale antropocentrica pone l’essere umano in dialogo con Dio attraverso il senso stesso di tutta la sua creazione, in un atto di ricerca]

 

Lo spiritualismo non è la negazione di dio, ma la negazione dello spirito di Dio. Lo spiritualismo strumentalizza la libertà dell’esperienza di Gesù Cristo.

 

Il nazismo si distingue dallo spiritualismo fascista per il suo fondamento di razza superiore. In questo vi è la negazione di padre e figlio in Gesù Cristo. Spiritualismo e deificazione nazista. Superamento degli opposti.

 

[(Graziadio Isaia Ascoli. Arianesimo – dialettica identità linguistica) turbolenza, perturbazione = (nazismo razza – ‘Siguror Sigfrido’- dialettica razzista) razzismo – negazione della trinità cristiana]

 

…[…seconda guerra mondiale espressione massima della logica militaristica per il superamento degli opposti nell’impero Giapponese…]…

 

moderno

Nazionalismo Colonialismo Classe

 

contemporaneo

           Liberismo Darwinano

 

Post - Opuscolo smarrito

 

Restaurazione motivazionale - il senso della rappresentatività attraverso la spiegazione del senso storico, nella logica dell’interpretazione dei fatti

 

La logica dell’assoggettamento - mezzo della strutturazione della logica predominante che investe le sicurezze vitali

 

La logica predominante, nell’ambito di una struttura logica fatta di azioni in parallelo - come di un sistema informatico – dà l’illusione di aumentare la possibilità di scelta, in realtà la riduce nell’ambito delle manipolazioni governate dal sistema, che aumenta solo in ampiezza. In un sistema sempre più ampio, determinato nell’omologazione digitalizzata del cittadino, l’individuo si costituisce in una forma mentis che accetta l’astrazione come forma di indebolimento delle percezioni della coscienza cosciente: digitalizazzione della forma mentis. L’attuazione della cooperazione della forma mentis, con il sistema si attiva per mezzo del sistema finanziario, in tutti i suoi aspetti “palesi e occulti” e si svolge in parallelo con il processo delle acquisizioni delle informazioni. L’eccesso di informazioni provoca l’atarassia nella coscienza consapevole, generando una società spettacolo per l’assoggettamento culturale dell’efficacia della pluralità, che così diventa funzionale alla logica predominate. Questo non crea soltanto il motivo per la creazione degli strumenti per la formazione della forma mentis adatta al sistema, determinati in modo palese e occulto, ma genera una logica di formazione che adegua la forma mentis alla logica predominante, affinché accetti la comprensione di quelle occulte in un “certo modo”. In tutto ciò tra il dire che l’eccesso d’informazione diminuisce la capacità di percepire, o dire che l’eccesso d’informazione aumenta la confusione, può passare la linea sottile tra ciò ch’è palese e ciò ch’è occulto, tra una democrazia e una dittatura. La forma mentis ha perso la sua elasticità e l’essere umano un tempo ha definito degenerato il solo percepire questa condizione, e con una logica predominate senza attenuanti ha cercato di risolvere la realtà.

Può accadere, che accada che le la logica della logica predominate sembri diversa, ma gli effetti sembrano soltanto diversi.

 

Visibilità

Fumetto 3: La stessa storia!

 

 

Fumetto 3: Vuoi dire la storia che si  riripete…who!

 

 

 

 

 

?                                       ?

Fumetto 3: Caccibillia! Ma la storia... Dico… Non finisce mai!

Fumetto 3: Dicono che non c’è mai BoC! stata..riripete e basta!

 

 

 

 

 

 

 

   ?                                                         ?

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Fumetto 3: …Tutti maniaci…

Fumetto 3: Tutti::::::::::::::::::::::::::

 

 

 

 

 

                              

                                ?         ?

Fumetto 3: Puha! Che cinema!

Fumetto 3: Tutte quelle cose per forza insieme..

 

 

 

 

 

         ?                                ?

Fumetto 3: Chi dici Leni Riefenstahl e…

Fumetto 3: E allora i russi…la retorica in Italia. Caccico e Alfa Tau!

 

 

 

 

 

 

                  

Fumetto 3: E se stavi fuori e non eri  un esaltato maniaco…eri matto, un debole!

Fumetto 3: …associati gli oggetti, le pose, il senso dei discorsi, la logica che dava il perché dei comportamenti e dei gesti, tutto per determinare il senso di un destino superiore…e sentire fisicamente la volontà di agire…
                    ?

                    ?                               ?

 

 

 

 

 

 

                                                                 

Fumetto 3: Sei finito fuori dal fumetto!

                                                              

 

                                                                ?

 

 

 

 

Fumetto 3: Già! Sono nelle logiche contemporanee e c’è pure la televisione!

                                                                  ?

                                                           ?

 

 

 

 

 

 

 

lettera aperta

 

stava osservando la violenza e non c’era modo per far finta che non ci fosse, ogni giorno quel ripetersi di cose comuni, quel fare della vita, quella trappola inesorabile dell’accadere delle cose quotidiane non lasciavano dubbio. Senza scampo…quella violenza che sentiva sulla pelle, quel clima inesorabile in cui la vita si costringeva ad accadere non riusciva ad anestetizzarlo, a non fargli sentire l’odio profondo che c’era in tutto quello che mediava la coscienza delle persone. A lui non c’era che tutto si spegnesse per continuare a vivere, come se nulla fosse, quel che respirava era violento, inumano, spaventoso, senza Dio.

Mentre osservava chi si recava a lavoro, le mamme che portavano i figli a scuola. Vedeva il mondo delle scuse per vivere, che dava una giustificazione ad ogni rapporto tra un individuo e un altro. In questa follia del quotidiano vivere c’è sempre un motivo che media, crea la ragione del perché un individuo ha motivo di essere insieme ad un altro. Questa indispensabile logica del pretesto assolve e allevia la fatica del dover pensare, capire, lo sapeva benissimo, ma il circolo vizioso lo stringeva inesorabilmente togliendogli l’aria. Non c’è situazione umana che non abbia bisogno di un pretesto, o meglio è il pretesto che determina ogni situazione umana. …È tagliato fuori solo l’odio può rimetterlo in gioco, non c’è altro mezzo, solo le ragioni del consenso reciproco, in questa violenza soltanto può superare l’ostracismo della violenza. I ricatti del sistema non danno scelta, affermare l’odio e la violenza e avere una scusa per usufruire della vita, entrare nel circolo vizioso e nel vizio, attraverso esso, giustificare il consenso reciproco.

Il telefono squilla alcune volte:::

Guardò verso il soffitto e comprese che un giorno più nessuno avrebbe capito Dio e la violenza non avrebbe avuto più nessun argine, avrebbe invaso ogni coscienza e solo Dio avrebbe potuto salvarlo.

 

Mi appresto a ricordare lesse. E continuò a leggere.

 

Mentre guardo il soffitto mi chiedo chi può salvarci dalla catastrofe che sta travolgendo la coscienza umana…

 

Pòst Scrìptum dell’autore

 

----- Original Message ----- [2][2]

From: Patrizio Marozzi

To: ilcircolo@mondolibri.it

Sent: Tuesday, November 20, 2001 11:09 AM

Subject: consiglio

codice socio 00155356[…]

Gentilissimi de il circolo, vi ringrazio per il pressante invito a leggere il vostro libro del mese: "Il Meridiano" di Denis Guendj, che ho deciso di tenere anche avendolo rifiutato nella cartolina d'ordine, inviatavi tramite fax il 2 novembre. Senza voler urtare la sensibilità del comitato editoriale e quindi non prescindendo dalle vostre scelte, vi dico sinceramente che il momento attuale dell'arte in genere, compresa la letteratura, è tra i più ridicoli e qualunquisti che ci possano essere - frequentemente dopo la lettura di poche pagine, di libri proclamati come "insospettabili" e di qualità, scopro che sono poco più che compiti in classe che servono solo ad accrescere i profitti e l'ignoranza, "la forma mentis" della crema culturale contemporanea. Pertanto, anche se sicuro che in futuro non accadrà più il disguido verificatosi, vi invito lo stesso a prestare più attenzione nel non farlo accadere.

Patrizio Marozzi

patrizio.marozzi@libero.it

[la risposta è stata come sempre disponibile e cortese] 

 

----- Original Message ----- [3][3]

From: Patrizio Marozzi

To: palco@telepiu.it

Sent: Thursday, November 22, 2001 11:57 AM

Subject: carta di credito

N. Abbonato U-57044[…]

Gentili di telepiù, mi è da alcuni giorni giunta la comunicazione che dal mese di Dicembre per usufruire dell'offerta palco dovrò pagare con addebito sul conto corrente bancario o tramite carta di credito, e che la possibilità di pagare tramite bollettino di conto corrente postale è stata abolita.

Non so il motivo della vostra scelta - posso arbitrariamente immaginarla, pensando alla difficoltà di riscuotere gli addebiti di clienti non onesti, io naturalmente non mi sento, voglio dire non sono tra questi. Immaginando un po' di più, mi viene di pensare che il fatto che possedere il denaro per acquistare qualcosa non basti per determinare la solvenza dell'interessato, qualora costui non rientri in un processo economico che surroghi la realtà del denaro, con un sistema virtuale che tolga forza al costituente informazionale (in questo caso la moneta) a favore di una logica sistemica che determini il senso dei comportamenti, in funzione della logica predominate di chi dal condizionamento dei comportamenti ha il vantaggio del potere, economico o quant'altro. In fondo non sono io che sogno di digitalizzare gli italiani, la mia forma mentis non ha nulla a che fare con quella generata dagli anni 80 in poi dalle televisioni commerciali. E quindi se questo vostro comportamento fa parte dell'adeguamento a quei decelebrati di stream che guardano il grande fratello, (scusate se sono caustico), vi faccio i miei migliori auguri. Il potere avrà sempre più bisogno della maggioranza e la maggioranza finirà per prendersi la ragione, ma per questo, da sempre, non vuol dire che ragioni.

Cordialmente,

Patrizio Marozzi

patrizio.marozzi@libero.it

 

 …I giorni di guerra avanzano inesorabili e la guerra è così diffusa che un fronte tradizionale non c’è, la voglia di morte sembra diventata finta, non appartenere all’odio di chi l’applica, come è sempre stato per sostenere l’inganno. Ogni giorno trentamila persone, sembrano, morire di fame. E in realtà non vi è niente che possa peggiorare le cose.

Il telefona squilla alcune volte:::

Non so se è possibile uscire dalla violenza, sembra che ogni azione umana abbia come fine la sua applicazione. Ogni azione umana ti pungola dandoti l’illusione dell’amore, ne accresce il bisogno e quando rispetti le convezioni che lo determinano, che ti dicono cos’è soltanto perché c’è qualcosa in loro che lo ricorda, qualcosa che ne certifica il bisogno stesso, la necessità … Questa stessa violenza è l’unica cosa che hai affinché non senta forte la violenza che maggiore è, se non compiaci te stesso le tue necessità. E in tutto questo come è possibile che non appaia la menzogna, l’unica cosa vera di questa violenza invisibile come l’odio della guerra. Ed è giusto patire la verità con tutto il peso che la consapevolezza dell’odio del mondo appaia per quel che è, non possa nascondersi agli occhi di chi vuol vederlo, riconoscerlo, non cadere nell’inganno. Che la cecità sia la sua servile arma e con gli occhi chiari dover osservare anche questo – accettare tutto questo per non accettarlo, per cercare di spegnere l’urlo incessante dell’odio più profondo e nascosto: ingannevole.

 

La Repubblica.it

cronaca

 

La sentenza, emessa dal Tribunale dei minori di Torino,
è appena più mite delle richieste del pm


Condannati Erika e Omar
16 anni per lei, 14 per lui


TORINO TORINO - Erika condannata a 16 anni, Omar a 14. Questo il verdetto sul duplice omicidio di Novi Ligure, compiuto lo scorso 21 febbraio, in cui furono uccisi a coltellate la madre della ragazza, Susy Cassini, e il suo fratellino Gianluca. Una sentenza dura, che ammorbidisce di pochissimo le richieste del pubblico ministero.

Ad emetterla, oggi pomeriggio poco prima delle 17 e dopo sette ore di consiglio, i giudici del Tribunale dei minori del capoluogo piemontese, riuniti in camera di consiglio dalle 9,30 di questa mattina. Si conclude così il breve dibattimento - svolto con rito abbreviato - per uno dei fatti di sangue che hanno sconvolto di più l'opinione pubblica. Nella requisitoria il pm aveva chiesto 20 anni di reclusione per Erika, e 16 per Omar.

I difensori, invece, avevano invocato - per i rispettivi assistiti - l'assoluzione, motivandola con l'incapacità di intendere e di volere. Evidentemente i giudici non hanno riconosciuto ai due la seminfermità mentale, giudicandoli quindi responsabili del duplice omicidio. Ad assistere alla lettura del verdetto, anche il padre di Erika, Francesco De Nardo; all'esterno, come prevedibile, una grande ressa di cronisti, fotografi, operatori e curiosi.

(14 dicembre 2001)

 

SCHEDA

Ecco il dispositivo
della sentenza di Torino

Chi seguirà Erika dovrà relazionare sulla sua evoluzione
Per Omar saranno possibili proposte sulle misure cautelari



 

TORINO - Questo il dispotivo della sentenza emessa nei riguardi di Erika e Omar per il duplice delitto di Novi Ligure:

"Il gup, "visti gli artt. 442 e 533 c.p.p. e respinta, quanto al Favaro, la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato, dichiara De Nardo Erika e Favaro Omar colpevoli dei reati loro ascritti, ritenuti uniti dal vincolo della continuazione, e, applicata ad entrambi la diminuente della minore età, concesse agli stessi le attenuanti generiche, valutate diminuente ed attenuanti prevalenti sulle aggravanti, valutato reato-base ai fini della continuazione l'omicidio di Cassini Susi ed applicata la diminuente per il giudizio abbreviato, condanna De Nardo Erika alla pena di anni 16 di reclusione e Favaro Omar alla pena di anni 14 di reclusione.
Visto l' art. 98 comma 2 c.p., dichiara entrambi gli imputati interdetti per anni cinque dai pubblici uffici.

Respinge la richiesta della difesa della De Nardo volta alla sostituzione della custodia cautelare in carcere con l'esecuzione della medesima misura in un luogo di cura. Dispone, peraltro, che i Servizi minorili dell'amministrazione della Giustizia e gli operatori che seguono Erika nell'ambito dell' Istituto per i minori Cesare Beccaria di Milano si attivino, d'intesa con il tutore, affinchè la ragazza venga supportata, oltre che con stimoli educativi ed impegni lavorativi, con un intervento terapeutico adeguato a fronte del disturbo di personalità della minore, che dovrà, inoltre, essere aiutata ad elaborare i vissuti legati ai delitti commessi ed alla conseguente vicenda giudiziaria. Dispone che i Servizi e gli operatori di cui sopra trasmettano all'Autorità giudiziaria procedente relazioni bimestrali di aggiornamento sugli esiti degli interventi svolti ed, in genere, sull'evoluzione della situazione di Erika.

Visto l'art. 18 comma 8 (in relazione all'art. 11 comma 2) dell' ordinamento penitenziario, dispone la trasmissione al Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale per i Minorenni di Milano di copia del presente dispositivo nonchè della missiva indirizzata il 5.12.2001, a questo Giudice, dal Direttore dell'Istituo Cesare Beccaria di Milano e dei provvedimenti in tema di corrispondenza emessi in questo procedimento dal Gip dottor Castellani e da questo Giudice, per le determinazioni di competenza circa il visto di controllo sulla corrispondenza dell'imputata e circa le limitazioni nella ricezione da parte della Di Nardo di corrispondenza proveniente da persone diverse dal tutore e dai congiunti.

Dispone, quanto al Favaro, che i Servizi minorili dell'Amministrazione della Giustizia e gli operatori che seguono il giovane nell'ambito dell'Istituo per minori Ferrante Aporti di Torino, proseguano nel lavoro di sostegno ed orientamento nei confronti di Omar, che dovrà, inoltre, essere aiutato ad elaborare i vissuti legati ai delitti commessi ed alla conseguente vicenda giudiziaria.

Dispone che i Servizi e gli operatori medesimi trasmettano all' Autorità Giudiziaria procedente, relazioni bimestrali di aggiornamento sugli esiti degli interventi svolti ed, in genere, sull'evoluzione della situazione di Omar, relativamente al quale l'equipe che lo segue potrà, se e quando riterrà che ne sussistano le condizioni, formulare valutazioni ed eventuali proposte (di cui l'Autorità Giudiziaria notizierà sia il pm che i difensori dell'imputato) anche in punto misure cautelari.

Dispone la trasmissione ai Servizi minorili dell' Amm.ne della Giustizia (Ussm di Torino) di copia della relazione peritale Charmet, Simonetto, Ceretti con esclusione dei paragrafi 3 e 4 della medesima.

Visto l'art. 263 c.p.p. dispone il dissequestro e la restituzione alla parte offesa De Nardo Francesco delle cose di cui all'allegato, mandando alla Cancelleria, per i relativi incombenti.

Visto l'art. 544 comma 3 c.p.p, fissa in giorni 60 da oggi il termine per il deposito della sentenza".

(14 dicembre 2001)


 

Il Messaggero Forum

 

Titolo: RE: 16 anni ad Erika, 14 ad Omar. Pena giusta?

 

Autore: patrizio marozzi (192.92.126.138)
Data: 14-12-2001 18:33

Una Lapide come un’altra

Non c’è niente di meglio che lavarsi la coscienza. Noi tutti ci siamo lavati la coscienza, la società ha risposto come doveva e dato che un quindicenne ha la stessa maturità di un adulto, non capisco proprio perché non sia stato scelto l’ergastolo per dire chiaramente che non c’è nessuna possibilità di recupero “sociale” per Erika e Omar. Non capisco perché non si è voluto riconoscere il fallimento della normalità in cui la struttura sociale così bene si identifica. Si è voluto edulcorale il significato della pena dietro una severità che assolve la collettività da una non ipotetica emulazione – come dire che gli adolescenti sono tutti sani e normali, ma in qualsiasi momento potrebbero impazzire, confondere le proprie proiezioni fantastiche in allucinate motivazioni esistenziali, i sogni in incubi, i desideri in esistenze da adulti. Ma se fosse vero il contrario? Se Erika e Omar non hanno nessuna responsabilità che quella di essere degli adolescenti normali, be’ allora credo che questa pena sia tragicamente ridicola e che a loro è toccato scontarla per tutti. Saranno normali gli slogan nazional popolari, a scopo editoriale di Crepet, che si occupa di responsabilità e non di colpa, come ha dichiarato televisivamente, per chiedere severità ai giudici. Saranno normali quei tipi che sanno intendete e volere che hanno dato soldi a Vanna Marchi, gli stessi che certificano l’autorità di certi psi.. psiaco…. VIVA LA NORMALITà!
PECCATO PER ERIKA E OMAR che ci son capitati dentro.


 

La Stampa.it

 

Poca comprensione, molta severità
Don Mazzi isolato: hanno voluto solo punirli

 

di Maria Corbi

 

ROMA C’è poca comprensione in giro per Erika e Omar. Poche le voci fuori dal coro, da quel coro che ha sempre invocato condanna e prigione. Un assolo isolato quello di don Antonio Mazzi che non è soddisfatto di questa giustizia. «Anziché tentare di capire che cosa è successo a questi due adolescenti si è voluto punirli - dice - dovevamo avere tutti il coraggio di fermarci e capire perchè questo è un fatto emblematico e non possiamo cavarcela con la galera.

Spero comunque che facciano scontare la pena in una struttura alternativa al carcere. In prigione non si riesce a recuperare i ragazzi a rieducarli. E la gente che ha invocato la galera per questi due giovani forse non sa che ci sono strutture diverse dal carcere dove si è comunque controllati. A 18 anni si deve avere un’altra chance anche se si è commesso un atto grave come quello di cui si sono macchiati Erika e Omar». Don Mazzi ha ripetuto a sentenza calda quello che ha sempre sostenuto. Anche l’altra sera in televisione, di fronte a Virna Lisi agghiacciata dai fatti di Novi Ligure, turbata al punto di non poter pensare a parole come compassione e perdono. «Devono andare in carcere», ha ripetuto.

Della stessa opinione Vittorio Sgarbi. «Non potevano certo essere assolti - afferma - sarebbe stata una delle nostre forme di garantismo immotivato. Erika e Omar sono forse immaturi ma non incapaci di intendere e di volere. Se c’è un’attenuante è nella giovinezza che può indurti a fare cose crudeli. D’altronde possiamo anche dire che ogni volta che uno uccide è incapace di intendere e di volere: perché se fosse intelligente non lo farebbe, in quanto la pena che gli tocca pagare è molto più pesante del vantaggio che ottiene eliminando la persona». Per Sgarbi non ha senso ricercare le colpe nella società. «La società - dice - non c’entra nulla. Dentro di noi c’è il male, ognuno di noi potrebbe uccidere, non lo si fa perchè si ragiona. Loro non hanno ragionato e allora è giusto che paghino. Faranno in galera al massimo 7-8 anni che comunque è molto, faranno certo in tempo a pentirsi».

Severo anche il duca Amedeo d’Aosta. «Questa sentenza per me è giusta - sottolinea - bisognava dare un segnale, un esempio. Sono per una linea dura e severa altrimenti si finisce per essere permissivi e garantisti in maniera eccessiva. Ho educato i miei figli con severità, abituandoli alla responsabilità. Certo questa storia ci obbliga a interrogarci. E’ colpa della famiglia, della società, di chi? Da quello che ho letto, i genitori di Erika erano persone perbene ma io credo comunque che i genitori nella crescita di un figlio hanno sempre una buona dose di responsabilità. Il problema non è tanto l’educazione severa o meno severa quanto il tempo che si passa con loro, conversando, ascoltandoli e ponendosi come esempio».

Alessandra Mussolini giudica la sentenza «ponderata e corretta». «Non c’è stato accanimento - commenta - ma neanche una sottovalutazione. Era necessario un segnale per i giovani, giovani che assolutamente non si riconoscono in Erika e Omar. Questa è la speranza che ci fa andare avanti come genitori. La colpa non è né della famiglia né della società. C’è chi ha detto che Erika e Omar sono figli nostri, io rifiuto questo modo di pensare, e anche quello che vede nelle famiglie il veicolo delle patologie. La famiglia è un valore. Questi due ragazzi sono due criminali. Del disagio minorile possiamo farci carico, ma non delle 97 coltellate». Giudizio tecnico da Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei minori di Milano.

«Erika e Omar - spiega - sono stati ritenuti capaci di intendere e di volere e quindi sul piano della giustizia processuale non poteva essere diversamente». I giudici, aggiunge, «non potevano che condannarli a una pena che è giusta rispetto alle modalità del fatto. Certo, umanamente fanno pena perché sono due vite distrutte, ma l’efferatezza del delitto e il comportamento processuale, che ha avuto una dimensione non coerente quando per esempio i due si accusavano a vicenda, non potevano che portare a questa conclusione». Per Pomodoro «è difficile fare commenti, a parte la risposta processuale corretta: rimangono dubbi e perplessità sulle due personalità e l’esigenza di capire che cosa è successo alle loro vite».


«Due vite che dovranno rientrare in gioco»
I consulenti dell’accusa: ora si cominci con il recupero

15 dicembre 2001

 

di Marco Neirotti

 

ADESSO che c’è sentenza, adesso che il circo emotivo e mediatico smorzerà le luci, adesso possiamo scendere cauti nella parte più delicata e sconvolgente di questo massacro, che per otto mesi si è abbeverato a se stesso. Ora che Erika e Omar hanno di fronte la prima certezza - verrà la Corte d’Appello - si può dire di carcere e comunità, capacità di intendere e incapacità, espiazione e recupero. E quale uomo e quale donna torneranno alla società? E ancora - come fin dall’inizio - perché? Alessandra Simonetto è stata, con Adolfo Ceretti e Gustavo Charmet, perito della magistratura.

Hanno sostenuto che gli imputati sapevano che cosa facevano, distinguevano fra bene e male. Ma in quella creatura evaporante che si chiama opinione pubblica è sempre rimasto un contraddittorio desiderio: «in cella per sempre» però sapendo che «sono pazzi». La «normalità» che ammazza genera terrore. Qual è il potere di perizie e consulenze di parte? Determinano strade processuali? e quali sono i sentimenti di chi quello spartiacque del futuro delinea? «E’ una responsabilità schiacciante - dice Alessandra Simonetto - Puoi sbagliare ma non puoi permettertelo, perché puoi incidere in modo non sostenibile. In questi mesi ci siamo trovati di fronte alle pressioni esterne, all’emotività dei media. Ma era e doveva essere una consulenza normale, incondizionata. Noi non intervenivamo sul futuro dei ragazzi, davamo una definizione umana e limpida della situazione».

Sta di fatto che per voi erano sani di mente, per i consulenti della difesa no: «Mi rendo conto che l’essere di parte abbia in sé un fine: la salvezza. Ma per noi era dare una risposta a tutti, magistrati e ragazzi». Passata la bufera di emotività, ci si domanda ancora perché l’hanno fatto. La risposta c’è, ma poco traducibile. Simonetto: «E’ un perché difficile da trasmettere con canoni abituali. La spiegazione è nitida ma non semplice e concreta come la domanda. Paradossalmente la curiosità sarebbe più placata da una risposta come il motivo brutale dei soldi, tipo Maso. Dietro la notte di Novi c’è invece un superamento dei limiti, conquista di libertà oltre ogni limite. Il mondo adulto non è pronto ad accoglierla, perché sta nel sentimento, non nella pratica quotidiana».

La risposta degli esperti non è un antidolorifico per le ansie. Il «perché» è nel crescendo di una coppia fatta di personalità diverse che si integrano, narcisista e dominante lei, bisognoso di certezze lui, dipendente. Ma anche interdipendenti. Insieme trovano un potenziamento a 360 gradi. Non pensano a un delitto. Pensano a una loro crescita distorta. I nostri modelli - famiglia, figli, routine - non bastano. E, appunto, loro non hanno - non hanno avuto - limiti. Pensano a quel di più fatto di spazi, fisici e mentali, che invece diventano il loro «imprigionamento» del proseguire insieme e solitari, isolati dagli altri. Più che amarsi, si ritrovano per bisogno. Nessuno dei due, da solo, avrebbe fatto quel macello. Sono diventati una monade in cerca di un cammino proprio, fuori e oltre gli affetti. L’assassinio è programmato, ma non è il fine ultino.

E’ tappa di un viaggio tragicamente asettico. Poi ci sarebbe stata una vita ancora in cammino. Ma c’è un intoppo: l’arresto. E qui cambia il cammino, ancora possibile - e del tutto nuovo - per entrambi, su sentieri diversi. La domanda morbosa è: che accadeva in quelle famiglie? La Simonetto risponde pacata: «Accadeva quello che accade nella sua e in quella dei suoi vicini di casa. Ho letto sui giornali fantasie da fiction. La verità è che erano famiglie come tante, con le loro caratteristiche e, ovviamente, i loro problemi di relazioni». Erika e Omar sono venuti avanti, passo doppo passo, nella quotidianità, sempre meno intercettati o intercettabili. Torniamo alle colpe della famiglia? «No. Anzi, tutti noi proviamo una pena infinita per quelle due famiglie che si sono mosse in buona fede, non hanno sbagliato per volontà o disinteresse. Si può sbagliare mentre si fa del proprio meglio».

Ma essere famiglia è vita, non è mestiere. Che dobbiamo fare a casa nostra? «Prestare attenzione. Non ’’ascoltarli’’ con le orecchie, ma in mille modi: comportamenti che mutano. Ogni genitore vede un pezzo della vita del figlio e quel pezzo che vede è spesso isolato dall’insieme. E comunque non possiamo considerare soltanto il nucleo ristretto. Attorno al minore girano altre figure, che possono osservare, ma anche ascoltare, comunicare fra loro». Troppo dimenticato è il fratellino. Troppo sorprendente è il silenzio del papà di Erika, così fuori dal circo tv. Ha avuto una vita normale, una tragedia speciale, moglie e figlio ammazzati, ammazzati dalla figlia. E’ trascinato da due lati come i martiri lo sono dai cavalli. Gli resta Erika, che aveva previsto anche il cadavere di lui e che corre a piangergli addosso: assassina dentro casa ma figlia superstite, orrore per gli «spettatori», altro per lui, depredato di affetti e incantenato a un affetto. L’Italia gridava «carcere» e «buttate la chiave». Che senso ha il carcere per i minori?

Può averne, spiega Adolfo Ceretti. Per una personalità come Erika può essere il luogo dove smontare, sblindare narcisismo, sprezzo, superiorità, inscalfibilità. Espiazione e presa di coscienza? Alessandra Simonetto non si sbilancia: «Ci siamo attenuti al mandato, volevano una risposta specifica. Non l’abbiamo pensata per il poi. Abbiamo risposto». E Ceretti ricorda che ci sono carceri, come il Beccaria, Nisida, il Ferrante Aporti - dove Duccio Scatolero reinseriva i ragazzi attraverso i loro miti - che lavorano come e talora meglio delle comunità: per reinserire. Eppure già si parla di modificare la legge per i minori, inasprirla, abbassare l’età per l’arresto: «Questa legislazione offre una varietà di possibilità per ogni singolo caso - dice Simonetto - con percorsi, possibilità di manovra, anche di interventi nel corso del tempo. Questa legge prevede tutti i casi e tutte le risposte, non fa standard. Fa giustizia caso per caso, anche con la severità, anche con l’accompagnamento. E si lavora meglio quando le luci del circo si spengono».

A luci spente dovranno avvenire, ognuna con il suo percorso, la crescita dell’uomo Omar e quella della donna Erika. E’ un percorso lungo e fattibile, pensano i periti, ma non spetta a loro. Saranno altri. Che donna avremo? Quella che viaggerà attraverso passaggi da vedere tappa per tappa. Intorno a questi ragazzi ci sono stati tanti adulti: giudici e periti, avvocati e personale del carcere, autori di lettere e giornalisti. Simonetto: «Lo spettacolo ha prevalso sulla vicenda. Abbiamo visto le perizie rese pubbliche, abbiamo visto una dimensione viscerale e sanguigna del problema. Un circo, appunto, impazzito». Ha tristezza per Erika e Omar? «Per tutta la vicenda». Voi siete un ago di bilancia: «Casi più banali mi hanno dato l’insonnia. Si commette talora un grave errore: voler vincere. Per molti vincere è uscire indenni. Ma non è questo: vincere è trovare, fra tutte le parti in gioco, una soluzione a una realtà sospesa: abbiamo vite perse per sempre, vite che hanno perso la serenità, vite in gioco, vite che dovranno provare a rientrare in gioco. In questi processi, le assicuro, non vince mai nessuno».

 

Il telefona squilla alcune volte:::

Buio! Buio! soltanto buio, la luce senza più colore; il momento perso, ignoto, non più tro­vato, senza nessuna azione per cercare. Una sottile discesa in un immenso smarri­mento, una sinfonia fatta di uno sguardo tra l’impossibile che fa impaz­zire i pensieri. La sconvolgente realtà della verità, immersa, in un silenzio tanto assoluto da non “più esi­stere”. Le parole, il mio unico “insulto”

[4][4]

alla ve­rità, l’unico profondo silenzio da donare, il grido agghiacciante della fine di ogni imma­ginazione. Vorrei essere muto, senza dialet­tica, per guardare il tuo volto: la tua viva morte e capirti; donarti un po’ d’acqua salata dei miei occhi o l’ignota ori­gine del sorriso e così illudere il mio suono con un gesto silen­zioso, un atto non pensato, il più vi­cino pos­sibile al tuo impensabile sguardo.

“Come” ti guardo mi sento tutto e nulla, ma non so più chi sono; ur­gente dal mio smar­rimento, nasce un atto sco­nosciuto e cammino, passo dopo passo, per sco­prire chi sei, dare un nome ai tuoi occhi, per ab­bandonare le ver­tigini del sentirmi ignoto, che mi dà lo sguardo della tua viva morte. Non m’illudo che questo sia il tuo “esserci” ancora, giacché il tuo “esserci” non può essere trattenuto da chi si inventa ciò che non sa; ma l’azione ch’è vissuta tramite la tua vita, la sua assoluta concretezza — il respiro del morire, chiede un senso alla mia esistenza di essere umano, mi obbliga alla responsabilità della dignità della vita, nel valore estremo del confronto con la morte: la nostra morte.

Il tempo non c’è più ed è nuovo, è attraversato da un altro tempo, quello dell’arte che ti chiede di prendere un nuovo spazio; nuovo perché l’ambiente delle pareti di questa vita, ora si riempie del volto della tua viva morte, non del tuo ricordo, ma “dell’ora”, del tuo nuovo presente, della tua nuova esistenza, che ci lascia muti e inesorabilmente veri o falsi.

Nel volto della tua viva morte, ogni uomo ha l’obbligo morale di mostrarsi tale: nudo e solo, come il tuo sguardo.

Il telefona squilla alcune volte:::

 

in riferimento al mondo meccanicistico Newton… - il mondo si è trasformato nella forma mentis della realtà relativistica Einstein… e verso la dimensione quantistica. La collisione elaborativa tra queste e in questa dimensione provoca logiche di ritorno (progressive) per il controllo delle strutture, determinando scompensi di ordine individuale e collettivo della forma mentis – che ancora non ha trovato trasformazione e adattamento, nella percezione coerente dei fatti. Nella spinta al ritorno, ad una predominante del meccanicismo (esasperazione Newton…) le vecchie logiche spingono ad enfatizzare il controllo sull’intero sistema ed ad acuire il conflitto sul piano dell’identità collettiva, per omologare l’indeterminatezza dell’individuo.

Il nuovo piano storico, così strutturato, pone la scienza in conflitto con la dimensione spirituale dell’uomo – quasi ricostituendola in un panteismo economico scientifico. Ma al di là di questo, la realtà della fede in Dio sta nella realtà della forma mentis della realtà ultima delle cose. E nel cristianesimo al di là del piano storico del solo linguaggio.

 

Il telefono squilla alcune volte:::

 


                                   Appendice

 

00.00: non so se è l’ora dell’imbroglio o quello della dannazione. Forse è solo l’ora in cui certe cose non rappresentano nulla – solo la porca misera ipocrisia di cui è infarcita la vita.

00.01: una delle cose di cui è indispensabile non dimenticarsi, è che tutti, tutti quelli che si incontrano sono coalizzati nel marcio. Ed è del tutto nullo dire a qualcuno di quale marcio si tratta, perché non c’è nessuno tranne il sottoscritto che non ci sguazzi dentro.

00.02: sono ormai sopravvissuto ad ogni “sorte di violenza, ed è una cosa del tutto inutile, sopravvivere ad un mondo di cadaveri – ciò che conta è l’odio che i cadaveri sono in grado di manifestare, continuamente per sentire di esistere e servire il male. Rimanere ad osservare tale scempio è una cosa inaudita.

00.03: Inghilterra: studentesse si prostituiscono per poter pagare i debiti bancari, contratti per studiare nei luoghi deputati alla rappresentazione sociale.

00.04: Inghilterra: varata legge con la quale è possibile arrestare, senza processo, stranieri sospettati di terrorismo.

00.05: Argentina: assalto ai supermercati della popolazione affamata.

00.06: Argentina: suicidati due asiatici che hanno avuto il negozio saccheggiato. Non potevano più pagare la mafia che minacciava i loro famigliari in Cina.

00.07: Stati Uniti d’America: tribunali segreti per giudicare terroristi stranieri.

00.08: Cuba: alla richiesta di togliere la pena di morte dall’ordinamento giuridico cubano – Cuba a risposto che la pena di morte è una misura contro il terrorismo.

00.09: Argentina: “…la nostra vita è stata rubata da banchieri… e politici.”

00.10: Italia: 22 Dic. Berlusconi dichiara che cambierà l’Italia anche da solo.

00.11: Art. 1 costituzione italiana: L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

00.12: La Libertà

00.13:

 

LA REPUBBLICA.IT FORUM

 

La riforma della Moratti

ex?!?!?

Autore: patrizio marozzi (---.27-151.libero.it)
Data: 20-12-01 10:16

Ex nòvo?

La logica di classe è sempre la stessa, ma le possibilità di vincere l’ignoranza per fortuna non passano più "solo" attraverso la scuola – che per questo deve diventare nella logica predominate uno dei fulcri per dare consenso a quella classe che acquisisce privilegi pur non avendone bisogno. Ciò non è niente altro che la nuova forma con cui si vuole costituire la rappresentatività della classe economica dominate. Ma in fondo la logica della ‘predominate rappresentativa’, vincolata ad un unico sistema che ne certifichi l’esistenza, sembra essere il volere di tutti, per conseguenza la lotta, il confronto si sposta sul perché della determinazione del processo economico (lo stipendio…) – E così la vecchia logica di classe si ripresenta “ex novo”. La diversificazione, la vera crescita culturale non può non tenere conto del superamento del suddetto fattore di rappresentazione, per una reale alternativa sociale.
Per questo io non posso essere d’accordo con la malafede del governo, ma neanche con buona parte del qualunquismo del mondo degli studenti.
Tanti auguri a tutti
Patrizio Marozzi

 

00.14: …con i sottotitoli viene fuori, meglio, l’idea del film… [l’aspetto concettuale come rappresentazione della parola scritta – non più come aspetto dell’immagine cinematografica che si rappresenta meglio con il doppiaggio.] l’idea stessa della rappresentatività, con le sue varianti espressive, le peculiarità, finanche la creativa commistione di esse.

- “La forza della rappresentazione nell’arte, del mezzo che si adopera per esprimersi.” (Ma in gioco è il significato di ciò che si vuole esprimere…)“…rappresentare ciò che non è dell’arte: la rappresentazione del potere, la sua applicazione.”

00.15: “Io sono il personaggio dell’autore.”

00.16: “Io sono la voce fuori campo dell’autore.”

00.17: “Io sono il personaggio che scrive l’autore.”

00.18: …parlare da solo non è detto…

tragico è pensare da solo senza la compagnia della solitudine.

(00.00.01): Morte ripugnante. La storia degli uomini è la storia dei miti con i quali essi hanno nascosto questa realtà. Negli ultimi due secoli la scomparsa dei miti tradizionali ha sconvolto la storia, perché la morte è divenuta priva di speranza. E tuttavia non può esistere verità umana senza l’accettazione della morte priva di speranza. Ciò significa accettare il limite, non in una cieca rassegnazione, ma in una tensione dell’intera persona che coincide con l’equilibrio.

 

Albert Camus - Taccuini, 1951

 

 

Quando il maggior pericolo è la morte, si spera nella vita; ma quando si conosce il pericolo ancora più terribile, si spera nella morte. Quando il pericolo è così grande che la morte è divenuta speranza, la disperazione è assenza della speranza di poter morire.

 

Kierkegaard - La malattia mortale

 

 

Se nello sviluppo di un individuo il confronto con l’Ombra è «opera da apprendista», il confronto con l’Anima è «opera da maestro».

 

Carl Gustav Jung

 

 

[- - - - - -] : «Maestro qual è il più grande comandamento della legge?» Ora

 egli rispose: «Amerai il signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente “e con tutta la tua forza”. Il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti». 

 

00.19: PREFAZIONE

Ho sempre pensato che questo libro sarebbe rimasto qui con me, non sarebbe uscito dalla stanza da cui vi sto scrivendo. […] Ciò che vi è narrato è l’espressione di fatti reali che si uniscono a fatti inventati, questo per completare la struttura concettuale dell’opera. […]

Mi sono avvicinato a lui in diversi modi: da scrittore lettore e non so se l’ho capito — da scrittore au­tore ed ho sentito la “dimensione” di scri­verlo — da lettore e l’ho letto; ma lo comprendo realmente solo quando riesco ad es­sere “libro,” solo allora lui si lascia ascol­tare ed io trovo la volontà di “seguirlo fino all’ultima parola” e riesco a capirne il funziona­mento che ne ha generato il linguaggio - un linguaggio che attra­versa la poesia, la narrativa, il testo teatrale e il saggio, ma che per tenersi al mondo non è nessuna di queste cose. […] …

Durante gli undici anni di lavoro di questo libro, ho scritto la letteratura che nasce da un pro­cesso creativo per­so­nale, particolare. Il libro è un lavoro di ri­cerca sulla “plausibilità” della parola interiore che nasce dove non c’è più.

 

 (00.00.02): “Quando si riesce a sentire il Sé come un irrazionale, come un ente indefi­nibile, al quale L’Io non è né contrapposto né sottoposto ma pertinente, e in­torno al quale esso ruota come la Terra intorno al Sole, allora lo scopo dell’individuazione è raggiunto. Quando si riesce a “sentire”, dico, perché così defini­sco il carattere percettivo della relazione fra L’Io e il Sé. In que­sta rela­zione non c’è nulla di conoscibile, perché noi non pos­siamo dir nulla circa i contenuti del Sé. L’Io è l’unico conte­nuto del Sé che conosciamo. L’Io indivi­duato si sente oggetto di un soggetto ignoto e superiore. A me pare che la con­stata­zione psicologica giunga qui al suo termine estremo, perché l’idea di un Sé è già essa stessa un postulato trascendentale, che si può giustificare psicolo­gicamente, ma non dimostrare scien­tificamente. Il superamento della scienza è un’esigenza impre­scindibile dell’evoluzione psicologica qui descritta, perché senza questo postulato io non saprei formulare adeguatamente i processi psi­chici rivelati empiricamente. Al Sé, dunque, biso­gna dare almeno il valore di un’ipotesi, come quella della struttura dell’atomo. E quand’anche dovessimo restare anche qui chiusi in un’immagine, sarebbe un’immagine potente­mente viva, a interpretare la quale le mie forze non bastano. Io non dubito che sia un’immagine; ma è un’immagine in cui siamo ancora contenuti. ”

“Sono perfettamente conscio che in questo libro ho posto esi­genze tutt’altro che consuete all’intelligenza del mio lettore. Ho fatto il possibile per spianare la via della comprensione, ma non ho potuto eliminare la maggiore difficoltà, cioè il fatto che le espe­rienze su cui si fonda la mia esposizione sono ai più ignote e per­ciò estranee. Per conseguenza non posso attendere che i miei let­tori accettino tutte le mie conclusioni.”

                                          (Da L’Io e L’Inconscio di Carl Gustav Jung)

 

00.20: Riferimento - Da ARTE - PREFAZIONE

Il senso dell’opera, nella sua forma concettuale si esprime attraverso il formarsi della struttura del libro, che poggia su una dimensione sim­bolica contenutistica, stravolta dall’intervento decisionale della macchina (computer), intervento che avviene in un preciso istante esecutivo e non in “altro mo­mento”, generando quella che agli occhi del lettore è la composi­zione strutturale dell’opera. Tale operazione conclu­siva porta all’assoluto abbandono della pe­culiare azione umana nei con­fronti del testo, lasciando parados­salmente la sua dimen­sione all’esclusiva “soggettività” della mac­china; soggettività che non può essere niente altro che l’estrema espressione di un mondo oggettivo, che per paradosso sembra chiuso nel suo auti­smo.

00.21:

Scontro tra potenze con armi nucleari.

Dopo i continui scontri, degli ultimi quarant’anni, tra i regimi dittatoriali comunisti, in particolare quello Russo contro il sistema economico democratico basato sugli eserciti, degli Stati Uniti d’America, in ogni nazione del mondo - insieme con l’equilibrio dell’aggressione nucleare possibile tra i due blocchi – si sono combattute guerre di regime ovunque, in particolare in quegli stati ex colonie, che dopo la loro indipendenza si sono viste divise in due. In India non sono bastati gli sforzi di M. K. Gandhi (Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la non-violenza sono antiche come le montagne.) l’India si è divisa ed è nato lo stato del Pakistan a maggioranza mussulmana.

 

lA REPUBBLICA.IT MONDO

26 dicembre 2001

Tensione altissima fra New Delhi e Islamabad
rinviata a domani riunione del gabinetto d'emergenza


L'India schiera missili e caccia
al confine con il Pakistan

Appello di Annan per il dialogo
00.22:

27 Dicembre 2001


 

 

Nel filmato trasmesso da Al Jazeera lo sceicco saudita
appare pallido e invecchiato, ma non meno minaccioso


Bin Laden nell'ultimo video:
"La fine dell'America è vicina"




 

BEIRUT - Pallido e stanco, ma non per questo meno risoluto, Bin Laden si è mostrato in video rilanciando i suoi propositi guerreschi: "La fine dell'America è imminente, sia che io viva che io muoia". […]

00.23: Se l’ipotesi conoscesse la sua ipotesi, questa ipotesi sarebbe il tempo. E lo spazio si riapproprierebbe del suo tempo per compensare il tempo oltre lo spazio tempo della velocità della luce. (se una particella conoscesse la sua ipotesi, questa ipotesi sarebbe lo spazio. E lo spazio tempo si riapproprierebbe del suo tempo per compensare il tempo oltre la velocità della luce.)

 

 

LA REPUBBLICA.IT CULTURA E SCIENZA

 

La malattia è stata sviluppata in età precoce: potrebbe
essere la spia di un problema genetico nell'esperimento


Dolly ha l'artrite
timori per la pecora clonata



 

LONDRA - La pecora Dolly ha l'artrite. L'annuncio fa crescere i timori che il processo da cui è nato il primo animale clonato al mondo posso aver generato dei difetti genetici permanenti. A comunicare che Dolly ha sviluppato la malattia alla gamba posteriore sinistra, è stato il professor Ian Wilmut, dello scozzese Roslin Institute, che ha portato avanti l'esperimento. "Il fatto che abbia l'artrite a un'età così giovane - ha detto lo scienziato alla Bbc - suggerisce che possa esserci qualche problema".

Lo scienziato ha aggiunto che è comunque troppo presto per arrivare a conclusioni certe, e ha lanciato un appello a ricercatori e società di biotecnologia perchè condividano le informazioni riguardo lo stato di salute degli animali clonati per verificare se la malattia di Dolly rappresenti la spia di una minaccia comune.

L'artrite non è una malattia rara nelle pecore, ma è strano che Dolly l'abbia sviluppata appena cinque anni dopo la nascita. "Sappiamo già che tra gli animali clonati c'è una casistica di morti alla nascita insolitamente alta - ha aggiunto Wilmut - quello che dobbiamo scoprire è se malattie come l'artrite, normalmente associata all'età avanzata, siano legate a un cambiamento nell'incidenza dei casi".

(4 gennaio 2002)


00.24: ad una settimana dalla conversione della lira in euro, è mancata la moneta per i libretti al portatore: “Non sono disponibili i contanti sufficienti”, a favore del regime della moneta virtuale [finanche debitoria]…

 

la Repubblica.it economia.

In Eurolandia si è sopra la soglia del 50% di utilizzo:
una transazione su due pagata con la moneta unica


L'euro supera le altre monete
è la più usata in Europa

Fra i singoli paesi, l'Italia resta in coda
ma si avvicina alla media europea



 

BRUXELLES - L'euro è da ieri sera la moneta più utilizzata d'Europa. Analizzando i dati raccolti nelle ultime ore, la Commissione europea ha comunicato questa mattina che al termine del terzo giorno lavorativo dall'entrata in vigore - ovvero ieri sera - la valuta unica risultatava utilizzata "per la maggioranza delle operazioni commerciali in Eurolandia".

"L'euro - sottolinea una nota di Bruxelles - si è imposto come la principale moneta di pagamento in contanti utilizzata dagli europei. La rapidità della transizione dimostra l'entusiasmo dei cittadini per la loro nuova moneta". La Commissione ammette che "problemi minori di disponibilità di banconote e di monete di piccolo taglio" sono stati registrati "nella maggioranza degli Stati membri" ma, aggiunge, "non si sono avute interruzioni dell'attività commerciale".

Per quanto riguarda l'utilizzo nei singoli paesi, il record va a Olanda e Grecia, con un uso all'80 per cento. Sono compresi fra 50 e il 65 Germania, Finlandia, Austria, Lussemburgo, Irlanda e Portogallo, mentre Italia, Francia e Spagna sono sotto la soglia del 50 per cento, ma in rapido progresso. Sempre la Commissione segnala che il 99 per cento dei Bancomat di Eurolandia distribuiscono ormai euro, e che il 54 per cento delle macchinette automatiche sono state adeguate alle nuove monete.

In Italia sembra procedere tranquillamente il primo fine settimana di shopping in euro, mentre alle poste questa mattina si segnalavano ancora file.

(5 gennaio 2002)

 



Vivere con l'euro

 

 

 


Prime ore con l'euro. Come vi trovate con il

doppio regime?



1

Non ho nessun problema

2

Troppa confusione. Era meglio partire

Subito solo con l'euro

3

Ho qualche difficoltà, ma è giusto

Il doppio regime

 

 

 

 

Risultati:
Prime ore con l'euro. Come vi trovate con il doppio regime?
1

 -  38%


2  - 51%


3  - 11%



6270 voti alle 10:04



Domenica 6 gennaio


 

 

    

       

LA REPUBBLICA.IT ECONOMIA

 

        La protesta è contro l'Abi che non ha saputo
fronteggiare il cambio di moneta


Euro, domani ancora disagi
scioperano i bancari

Intanto scarseggiano le banconote di piccolo taglio


 

ROMA - Lunedì a rischio per lo sciopero delle banche che domani incroceranno le braccia per tutta la giornata per protestare contro la scarsa attenzione e disponibilità dimostrata dall'Abi nell'affrontare il cambio di moneta. Nel comunicato congiunto con cui le rappresentanze sindacali hanno confermato lo sciopero, si fa esplicito riferimento al fatto che "i primi giorni dell'euro saranno ricordati come una prova di insufficienza delle banche italiane. L'Abi ha sempre sottovalutato l'impatto dell'introduzione della nuova moneta".
Fabi, Falcri, Federdirigenti Credito, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub, Uilca sono comunque compatti nel rivendicare maggiore attenzione per i turni di superlavoro e la chiusura delle banche sul rinnovo del contratto di lavoro. Uno sciopero che preoccupa la Confcommercio per gli effetti che può avere sulla carenza di euro di piccolo taglio che potrebbe coinvolgere i commercianti.

Più della metà degli italiani infatti hanno acquistato nel weekend con la moneta unica europea. Le lunghe code in banca, alla posta e anche solo alle casse dei negozi, dove per farci la mano ci vuole un po', non hanno scoraggiato la gente che, in controtendenza con quanto annunciato ("Utilizzeranno tutti bancomat e carta di credito"), sta scoprendo piano piano il piacere della novità, di maneggiare le banconote e le monetine che hanno soppiantato la lira.

Ma questo entusiasmo inaspettato sta dando origine a nuovi disagi: cominciano a mancare in giro le banconote di piccolo taglio, quelle - per intenderci - che i negozianti usano di più per dare il resto. E poiché per domani è previsto lo sciopero degli impiegati delle banche i commercianti non potranno rifornirsi fino a martedì.

L'associazione dei commercianti, a una settimana dall'avvento della nuova moneta e proprio a fronte dello sciopero dei bancari annunciato per lunedì, ha chiesto una riunione straordinaria del comitato euro, da tenersi martedì o mercoledì prossimo.

(6 gennaio 2002)


 


 

LA REPUBBLICA.IT POLITICA

 

 

In un'intervista il premier accusa: "Le nostre strade
sono una vergogna, tante ragazze ridotte in schiavitù"


Case chiuse, Berlusconi
dice sì alla riapertura

Scajola sulla stessa lunghezza d'onda: "Dobbiamo trovare
un rimedio al fenomeno della prostituzione selvaggia"



 

ROMA - Silvio Berlusconi non esclude la possibilità di riaprire le famose "case chiuse", come rimedio alla prostituzione selvaggia. Il premier accenna alla questione, su cui periodicamente si riaccende un grande dibattito, in un'intervista al quotidiano "Libero", nell'ambito di un discorso sulle iniziative contro la criminalità. "Guardi - dice il presidente del Consiglio - bisogna pulire le strade. Come molti italiani, non ne posso più di vergognarmi a girare con i miei figli. Prostituzione ovunque, perizoma in mostra, e anche il resto, dappertutto, senza ritegno".

"Magari - prosegue Berlusconi - bisognerà aprire le case chiuse, regolarizzare, vedremo... di certo intanto, anche per tutelare quelle ragazze, di cui molte sono in schiavitù, intraprenderemo presto e con rigore estremo la lotta contro i criminali che le governano, e renderemo - assicura il presidente del Consiglio - di nuovo le strade praticabili dalle famiglie".

E del tema oggi parla anche il ministro dell'Interno, Claudio Scajola. Che, prima del vertice con il capo della polizia, ha indicato due questioni da risolvere "con un'opera mirata": "La lotta contro lo spaccio della droga e il fenomeno scandaloso della prostituzione nelle strade, che sta diventando intollerabile".

Vedremo se queste esternazioni del premier e del responsabile del Viminale contribueranno a far rinascere la discussione su un argomento così delicato. Una prima reazione c'è già: è quella di Luisa Santolini, presidente del Forum delle associazioni familiari. Il suo giudizio è negativo: la riapertura delle case, spiega, sarebbe "un'iniziativa "ipocrita. Non è nascondendo che si risolve il problema. Contro la prostituzione servono interventi a largo raggio e ancora nessuno si sogna di prendersela con i clienti, che sono i veri protagonisti di questo fenomeno".

(5 gennaio 2002)


 

La possibilità di riaprire le case chiuse fa discutere
Sì di Belillo e Corso, no di Turco, Buffo e Pivetti


Don Benzi contro Berlusconi
"La sua è una proposta oscena"




 

 

ROMA - La possibilità prospettata dal premier Silvio Berlusconi di riaprire le case chiuse ha suscitato reazioni contrastanti non soltanto nel mondo politico ma anche in quella parte della società civile che da anni segue il fenomeno della prostituzione. Del tutto contrario Don Oreste Benzi, presidente dell'associazione Papa Giovanni XXIII, che ha definito oscena e ingiusta la proposta e ha sollecitato il governo a studiare una legge che dichiari "reato consumare prestazioni sessuali con stranieri sia su strada, nei night, negli alberghi, nelle case di appuntamento". "Tra sfruttatori e clienti non c'è alcuna differenza - sostiene il sacerdote - devono essere puniti allo stesso modo".

Contraria anche Livia Turco, diessina, ex ministro della Solidarietà sociale, che si è occupata a lungo del tema. "Mi auguro che Berlusconi non voglia cavalcare il senso comune che vorrebbe far riaprire le case chiuse - dice - sarebbe inaccettabile sul piano dei valori ed inefficace in termini operativi". Turco ritiene che il primo intervento contro la prostituzione è la lotta allo sfruttamento; in secondo luogo è da "migliorata" la legge Merlin prevedendo forme di regolamentazione della prostituzione.

Gloria Buffo dei Ds e Irene Pivetti, ex presidente della Camera, puntano il dito contro quella che ritengono una proposta ipocrita. "Per Berlusconi - osserva Buffo - il problema non è che molti italiani cerchino il sesso a pagamento, e tanti lo sfruttino in modo schiavistico, ma piuttosto che tutto ciò non si veda per strada, così come il problema vero non è la corruzione, ma che non si facciano i processi...". "La sostanza, per Berlusconi - conclude - non esiste. Basta che l'apparenza inganni".

Sulla stessa linea, pur partendo da tradizioni politiche diversissime, Pivetti. "Le prostitute in strada ci danno fastidio alla vista e così le facciamo traslocare al chiuso - dice l'ex presidente della Camera, da sempre vicina al mondo del cattolicesimo conservatore - non si affronta invece il problema di fondo, e cioè che sono esseri umani a cui sono sottratti i loro diritti fondamentali".

Favorevoli invece Katia Bellillo, ex ministro delle Pari opportunità, e Carla Corso, fondatrice del comitato per i diritti delle prostitute. Belillo auspica una legge sul modello di quella olandese: "Penso a delle regole che permettano liberamente a uomini e donne di prostituirsi, se vogliono - spiega - penso a spazi quindi dove svolgere la professione. Ma non chiamiamole case chiuse: si tratterebbe di dare la possibilità a uomini e donne di organizzarsi alla luce del sole, di regolamentare senza ipocrisie e meschinità".

Carla Corso ribadisce invece il diritto di scegliere se prostituirsi o meno, e si offre come consulente per il premier: "La regolamentazione va bene - spiega - non si tratta di riaprire le case chiuse vecchia maniera ma di regolamentare, che è meglio che reprimere".

(5 gennaio 2002)


 

 

 

 


 

LA REPUBBLICA.IT TECNOLOGIE E INTERNET

   L'archivio delle newsgroup di Google va ora indietro
sino al 1981 e documenta un'infinità di notizie e curiosità


Gli ultimi vent'anni di storia
nelle chiacchiere del web

Tra le date "registrate" la caduta del Muro di Berlino
la scoperta dell'Aids e la nascita del World Wide Web


di RICCARDO STAGLIANO'

 

ROMA - La storia degli ultimi vent'anni, nelle chiacchiere di noti e sconosciuti. Parole nate in libertà che si sono poi cristallizzate per sempre nella memoria di Google, il migliore motore di ricerca in circolazione, che archivia anche i messaggi dei newsgroup, le decine di migliaia di gruppi di discussione dove si discute di tutto. Prima si poteva andare indietro di sei anni, oggi sino al 1981, e in questo colossale bric-à-brac di oltre 700 milioni di testi apparsi su Usenet (la più importante "provincia" di Internet dopo e-mail e web) il curioso può incappare in cronache involontarie di eventi storici importanti (la prima volta che online si è parlato di Aids, il primo messaggio spedito da Berlino dopo la caduta del muro, etc) come in frammenti di conversazione assolutamente marginali, di "microstorie" che la dicono lunga sullo spirito di un'epoca. Ognuno, evidentemente, può interrogare gli archivi con le parole chiave che più gli stanno a cuore ma lo staff di Google propone una serie di date significative sia per la storia di Internet che per quella generale.

IBM Personal Computer
17 agosto 1981
Da: Rubin at SRI-KL

"Per quelli di voi che comunicano più volentieri via computer piuttosto che con la carta o via radio, è appena uscito l'IBM PC. E' composto da tre unità, con una tastiera MOLTO sottile e di buon design (...). Al suo interno ha un processore 8088, sino a 256K di memoria...". Insomma un mostro per gli standard di allora, che farebbe figura di ferraglia di fronte a qualsiasi palmare di oggi.

AIDS
23 dicembre 1982
Da: amd70!pn (amd70!pn)

"Ho appena sentito di qualcosa che fa piuttosto paura: Sindrome da Immuno Defieinza Acquisita, Aids in sigla. Si trasmette per via di escrementi o secrezioni come saliva, sangue, urina e sperma. Pare che sia fatale il 40 per cento delle volte. Ha un periodo di latenza stimato intorno a un anno, durante il quale la vittima è contagiosa ma non mostra sintomi. (...) Mi chiedo se l'Aids incoraggerà la monogamia...".

Lo spot Macintosh
24 gennaio 1984
Da: John G. Aspinall

"Qualcun altro vuole commentare lo spot dell'Apple Macintosh andato in onda durante il terzo quarto del Super Bowl? A me sono sembrati 60 secondi viscerali di fantascienza, estremamente efficaci. Il Boston Globe scrive - non mi sorprende - che la regia era di Ridley Scott (Alien, Blade Runner). In caso l'abbiate perso mostrava uno stanzone pieno di persone che sembravano zombie, con teste rasate e vestiti di grigio..."

Berlino Ovest... scusate, Berlino
10 novembre 1989
Da: zschoche (zschoche@nixbln.UUCP)

"Straordinario! Incredibile! Storico! Mentre stiamo qui a Berlino Ovest, stamattina, discutiamo delle notizie riguardanti il Muro: è stato aperto e potrebbe scomparire!!! Ho visto scene fantastiche sulla strada verso il lavoro: automobili della Germania dell'Est nelle strade, cittadini della DDR dappertutto, ingorghi di traffico vicino al muro, celebrazioni nelle strade per tutta la notte. Un giorno storico, da celebrare (...). Congratulazioni al popolo della Germania dell'est. Gunter Zschoche, Michael Brady e altri".

La nascita del World Wide Web
6 agosto 1991
Da: Tim Berners-Lee (timbl@info_.cern.ch)

"In un messaggio precedente vi avevo promesso di aggiornarvi sul WorldWideWeb project. Il progetto WWW mette insieme le tecnologie della ricerca di informazioni e dell'ipertesto per creare un semplice ma potente e globale sistema informativo. Il progetto è iniziato con la filosofia che molta dell'informazione accademica dovrebbe esere liberamente disponibile per tutti. Mira a consentire la condivisione dell'informazione attraverso persone che stanno in parti diverse del mondo. Il WWW consiste di documenti e link (...)". L'atto di nascita del web nelle parole del suo creatore, Tim Berners-Lee.

Il primo spam non commerciale/Allarme globale per tutti: Gesù sta arrivando
19 gennaio 1994
Da: Clarence L. Thomas IV (clarence@orion.cc.andrews.edu)

"Il terremoto di Los Angeles, le alluvioni in Europa, l'apparentemente inarrestabile guerra nella ex Jugoslavia, gli incendi devastanti in Australia, (...) sono tutti segni che la storia del mondo sta arrivando a un climax. La razza umana ha ferito la costituzione di Dio, così come risulta da Esodo 20:1-17 e Gesù sta arrivando per aggiustare le cose..."

Il primo spam commerciale/La lotteria per la Green Card
12 aprile 1994
Da: Laurence Canter (nike@indirect.com)

"La lotteria della Green Card 1994 potrebbe essere l'ultima! LA SCADENZA E' STATA ANNUNCIATA. La lotteria della Green Card è un programma completamente legale che regala un certo numero di permessi di lavoro a persone nate in determinati paesi. (...) Tuttavia di recente il senatore Alan J Simpson ha introdotto un disegno di legge che potrebbe cancellarle". L'avvocato Canter e sua moglie, con studio a Phoenix, in Arizona, spedirono a un numero sterminato di persone questo messaggio con il quale facevano pubblicità a un sistema, di loro creazione, per aggiudicarsi il "biglietto" vincente nella lotteria dei permessi di lavoro per gli Stati Uniti. Diventarono, immediatamente, le persone più biasimate della rete e gli inventori ufficiali dello "spam", la spedizione indiscriminata di messaggi promozionali non richiesti.

(17 dicembre 2001)


 

 

 


                                          Agende

 

…per quanto riconosca che quello che succede si determina nella forma mentis meno consona alla verità, non da meno, di questa chiara constatazione non ho che appuntare su questa agenda alcuni frammenti dei giorni fatti e non – non so se saranno quelli a seguire, ma certamente sono stati di riflessione.

 

9 Gennaio

 

… ascolto i telegiornali della televisione pubblica – li trovo adeguati a quelli della televisione commerciale, non soltanto nel modo di porre la chiarificazione della notizia data, ma nel fatto di dare notizie vecchie come fatti ex novo, con la logica del rimbalzo mediatico. Se un organo di stampa enfatizza una notizia di tal genere, automaticamente ogni organo d’informazione si confà a tale notizia, tanto da determinarne l’impatto sull’opinione pubblica. La logica pretestuosa di creare reazioni nell’opinione pubblica è sintomatico di un certo modo di fare politica, che usa la tecnica del creare i contenuti (caratteristica delle televisioni commerciali), anche con i propri organi d’informazione…

 

10 Gennaio

 

… ricordo benissimo quando Berlusconi tramite la finivest assoggettava persone come consulenti finanziari, per generare i fondi d’investimento. La natura di tale funzione era come essere utili alla sua causa, di aumentare i suoi profitti e allo stesso tempo avere la possibilità individuale di diventare come lui. Il suo gioco manipolatori faceva leva sul fatto che se pur tutti potevano diventare come lui – paradigma del sistema – ognuno aveva modo all’interno del suo sistema manipolatori di dimostrare la propria abilità, aumentando i propri profitti insieme ad i suoi, generando un sistema meritocratico che era basato sul superamento del collega, diretto concorrente all’interno di questa famiglia. La misura del grado della capacità, come tutta la morale dell’azione individuale era dato dal solo valore economico. I soggetti asserviti, così manipolati, erano istigati ad aumentare la conflittualità che generava un accrescimento della competitività tra di loro. Un punto di forza su cui lui nelle sue riunioni (convention) faceva leva,  era sulle “caratteristiche” dei soggetti, di ordine culturale e psicologico, individuale, che attraverso la sua azione di incitamento allo stimolo, emulativo competitivo, assumevano caratteristica sociologica, che compensava la carenza individuale con un “aggressivo arrivismo.” (con il migliore o peggiore Klages). Così che dopo un indottrinamento di economia, basato prevalentemente su un fattore statistico, sulle curve temporali dei grafici, questi andavano in giro in una sorta di esaltazione per la forma mentis dei loro clienti.

Questa logica sociale è “manifesta” dagli anni ottanta in poi, e ha avuto il sostegno dei socialisti di Craxi…

 

 

11 Gennaio

 

… trovo l’intera formazione politica - sia di governo che d’opposizione - gravemente insufficiente. Credo espressione delle realizzazioni più inconsce del popolo italiano…

 

12 Gennaio

 

…sempre più la forma mentis dei cittadini si rifugia nelle tecnologia di massa, per sentirsi liberi dal sistema di massa. Intervistata un “istruttore”, ha risposto che la gente preferisce, in palestra, un insegnamento già applicato ad altri, ad uno individuale. La scusa della convivialità omologata, o la ragione dell’incontro.

 

12 Gennaio

 

…sempre più spesso il terrorismo si serve della tecnologia, in possesso di chi viene attentato, quasi ne rappresentasse l’identità…

 

 

 

 

13 Gennaio

 

…per ogni sistema, anche in quanto stato, la logica dell’asservimento delle personalità immature, che si compensano nell’ordine costituito (sistema economico utile) in uso, è imprescindibile per il suo funzionamento, che determina la compensazione del mancante della personalità. Più il sistema è egocentrico, più tale fenomenismo è presente…

 

14 gennaio

 

 …l’inganno dell’imbroglio è certamente più manifesto in chi è imbrogliato. È altresì difficile essere se stessi e liberi di esprimersi con chi non sa rinunciare all’imbroglio. Costui fa di tutto perché questo sistema predomini e non manifesti la realtà delle intenzioni, il suo intento è che l’imbroglio determini la realtà delle capacità, del talento, che così, perversamente, può negare e dire: io non riconosco il tuo talento e tu non puoi dimostrarlo, perché io non voglio riconoscerlo. L’imbroglio del potere.

 

15 Gennaio

 

…il bisogno di crescere all’interno di un sistema, per servile assoggettamento o assolvimento omologato dei suoi livelli – serve solo per la rilevanza di qualche forma di potere, con cui affermare la propria volontà…

 

 

16 Gennaio

 

…se in un discorso incerto, o di certezza apparente si costituisse un sistema tale che costituisse il potere della telepatia, “avverrebbe un aumento esponenziale della vanità, ché la voglia di acquisire tale potere, per affermare se stessi, condurrebbe al decadimento delle facoltà di comprensione di se stessi e gli altri, a favore della dimostrazione dell’indovinare la forma del pensiero, più che i suoi contenuti. Da ciò deriverebbe un’interpretazione arbitraria sul significato di ogni azione umana, lo stesso di un sistema che abbia omologato in tutto il senso dei significati, annullando la libertà, la conoscenza della ricerca della umile consapevolezza dei “suoi limiti.

 

17 Gennaio

 

…non è forse, qui, il caso di soffermarsi sullo status della psicologia, sull’indiscriminata ricerca dell’analisi psicanalitica, dell’aiuto psichiatrico. Sul perché di persone che finiscono pazienti per l’incapacità di sostenere la propria mediocrità, per giustificare la propria volontà d’immaturità con l’aiuto strutturale della psicologia, di come ciò agevoli il sistema economico di chi pratica questa professione al di là del reale valore della professione. Già, il concetto stesso di professione finisce per assolvere curanti e curatori dalle responsabilità di cui abbisogna per garantire le reali qualità di tale pratica. Lasciando tutto questo al fluido consenso del sistema, focalizzerò la mia attenzione sulla forma mentis di alcuni di questi protagonisti e dei fatti relativi: brevemente.

… andando avanti nel discorso, vorrei parlare di come può modificarsi la forma mentis. Partendo dallo struttura mentale di un ebreo che ridefinisce la sua struttura etica. Nell’ebraismo, l’etica, rappresenta la possibilità del confronto con il male e la netta distinzione con cui differenziarsene e vincerlo. Le leggi e le tradizioni dei profeti sono motivate da questo significato e in questo l’uomo trova l’assolvimento dalla colpa adamitica, l’accettazione della colpa che tramite la legge dei profeti può essere superata.

Per un cristiano il peccato ha una dimensione ancor più viscerale, non c’è mediazione etica che ne possa alleggerirne il peso, il concetto di male è così presente nell’uomo che soltanto un totale superamento del male può assolverlo dal peccato. Non è immaginabile qualcosa che lo ricongiunga a Dio, se non Dio stesso. Nell’essere vita, di Gesù, il cristiano vede rappresentata tutta la sua condizione, la totale adesione a Dio, l’assoggettamento al male che viene vinto con la totale adesione dell’amore assoluto verso Dio e gli uomini, nel perdono più grande che essere umano abbia mai conosciuto. La vita di Cristo dà al cristiano, di perdere la colpa che lo ha diviso da Dio, in ogni momento della sua vita.

Ritornando alla forma mentis dell’ebreo di cui parlavo, ha trovato trasformazione, in una dimensione atea. Non posso dire molto su costui, se non che come i suoi discepoli anch’esso, forse per motivi diversi, era chiuso nella sua strutturazione.

Il suo diretto allievo aveva sviluppato la ricerca in una metodologia terapeutica, a cui aveva dato costrutto concettuale e denominazione, in un libro. Venni a conoscenza di questa pubblicazione attraverso lo psicoterapeuta a cui mi ero rivolto, che era stato allievo di quest’ultimo. …Capii, in seguito, che la conflittualità che il mio psicoterapeuta manifestava nei confronti del suo Maestro, attraverso riconoscimenti di stima e scontrose affermazioni, denotavano in una certa misura la sua dipendenza da quest’ultimo, che gravava su di lui anche nel suo atteggiamento terapeutico. E credo che sin da subito il mio atteggiamento contribuì ad acuire tale situazione. Io mi ero proposto a lui con l’intento di un percorso terapeutico che rendesse più leggero il mio impegno di autoanalisi, chiarendo allo psicoterapeuta che avrei voluto essere sempre consapevole dell’atteggiamento della sua struttura dialogante. Ma come ho detto avevo toccato un punto nevralgico della sua strutturazione, (in buona parte basata su logiche comportamentali). La prima volta che avvertii un lieve atteggiamento di ostilità, “da parte sua”, fu quando mi confidò che a lui pesava un po’ il fatto di non essere molto creativo sotto il profilo artistico, gli accennai subito, in modo generico, di alcune mie attività in campo artistico, e la sua reazione fu di istintiva chiusura, con un lampo controllato di aggressività. Debbo dire che rimasi stupito di ciò, in me non vi era stata la benché minima intenzione di ferirlo. (Mi mostro in seguito alcuni dipinti del suo maestro, che sinceramente trovai privi di autenticità, più espressione omologata dei concetti psicanalitici.)

…I suoi atteggiamenti che cercavano di compensare la conflittualità, finivano però per ritornare in qualche modo in un processo proiettivo. In sostanza, non so sinceramente quanto ci fosse di dinamica terapeutica, o sua esigenza compensativa nei suoi atteggiamenti. Con modi contraddittori mi poneva in una situazione che in sostanza, funzionava con un atto di apprezzamento che faceva seguito ad uno di scortesia, da un atteggiamento di controllo ad uno che in qualche modo richiedesse la mia stima nei suoi confronti. Da atti di confidenza, atteggiamenti di amicizia, che non potevano essere giustificati sotto il profilo terapeutico, a cui (però) ero costretto a dare insufficiente giudizio terapeutico, giacché non mostrava capacità di coerenza con essi, proteggendosi all’interno del suo studio. In definitiva questi suoi atteggiamenti, incostanti, non finirono in niente altro che gravarmi del peso della sua immagine, che dovevo compensare per stabilire una “realtà di rapporto”. E prima che mollassi la situazione, oramai impantanata sotto il profilo terapeutico ed umano extra terapeutico. Mi donò il libro del suo maestro, gli dissi che lo avrei letto rapidamente, un modo per dirgli con attenzione, date le mie caratteristiche intellettuali, e appena letto gli avrei telefonato. Naturalmente mi rispose che mi ci sarebbe voluto molto tempo per capirlo. Aspettai un paio di giorni prima di telefonargli. Il libro se pur apparteneva ad una persona che aveva vissuto sue peculiarità psichiche, finiva per essere una costruzione terapeutica che riportava il concetto cristiano in una dimensione etica medioevale, che faceva dell’odio per il male, la ragion d’essere della sua azione”. Nella fattispecie del libro l’odio, il male era il sintomo patologico, su cui accanirsi e agire con l’impulso caratterologico comportamentale, fin nella struttura sociale del soggetto, per ristabilire un equilibrio psichico. Mi chiedo quanto della forma mentis del suo maestro c’è in questo elaborato, seppur il maestro in questione non lo ha condiviso. Dissi al mio psicoterapeuta alcune mie impressioni, mi rispose che ne avremmo parlato nel prossimo incontro. Naturalmente non ebbe molta voglia di parlarne.

 

 

18 Gennaio

 

…Cara amica è un po’ di tempo che non ci sentiamo. Ma sono sicuro che stai bene! Comunque approfitto del natale per mandarti i miei auguri, a te e a tutta la tua famiglia.

Il mondo in questo momento va come va, ma in fondo non è che poi sia andato, mai, in modo sostanzialmente diverso, l’importante è non lasciare che ci renda chiusi nel nostro egoismo, che non ci metta addosso un mare di paure, tanto da trasformare la nostra vita personale come un tutt’uno con l’egoismo del mondo. L’importante certe volte è dimenticare noi stessi per ricordarsi che possiamo guardare la vita con generosità, con la voglia di capire tutto quello che c’è da capire, senza fermarci alle prospettive che i politici, o i così detti potenti della terra vogliono farci fare affinché il benessere del mondo finisca in tutto quello che ci mettiamo nella pancia come individui. Ieri per un momento, per esempio, ho smesso per un attimo di sentire la vita con gli occhi del mio percepire, mi sono fermato a solo considerare i miei problemi personali, a vedere il mondo solo attraverso questo filtro, a sentire il mal di stomaco… in quel momento ho capito che in quella condizione non avrei più potuto scrivere una parola dei miei libri, la mia comprensione di quel che stava accadendo era soggiogata dal buio del mio egoismo, e non vedevo, sentivo che in quel modo non potevo più vedere, capire, l’immensa connessione della vita personale con quella dell’intera esistenza; si affievoliva e diventava quasi inutile il nesso tra l’umanità e la sua dimensione spirituale – tra l’essere umano e Dio. Cosa rimane della grandezza dell’individuo se patisce tutto quello che la vita gli riserva, e quale momento di verità può conquistare, anche soltanto per un istante se si chiude nell’egoismo di quel che la vita dovrebbe essere; e non comprende che c’è più grandezza, dignità in un momento della vita, di qualsiasi vita, come vita in sé, che in tutte le cose che in questa vita sembrano servire ad appagare il nostro egoismo culturale di specie superiore. L’atto creativo ch’è in noi, la voglio stessa di ciò deve farci sentire il mondo e accettare quel che purtroppo, nel mondo, spesso, manca alla vita, ma che esiste – l’amore per essa.

Cara amica, ti mando un bacio grande e affettuoso e ti rinnovo i miei migliori auguri di Buone Feste.

 

 

 

…Se soltanto i giorni mi avessero portato qui, non saprei molto di questi giorni, eppure sono qui con tutti i suoi giorni, con tutti i momenti che ho attraversato nella vita. Non posso che baciare le tue labbra, i tuoi occhi, i tuoi seni. Ti bacio tra i capelli, sulla nuca, accarezzo la tua schiena, ne bacio il percorso fin nel tuo sentiero e sento la forma del tuo ano, il sapore dei tuoi gemiti sento che ti apri come respirerò io quando non mi terrò più a nulla e il sapore dello sperma sarà sulla tua lingua. Bacerò le tue gambe i tuoi piedi, i tuoi ginocchi, ti bacerò dove gemi e fecondi, ti terrò stretta mentre ti amerò di più. Eppure tutto questo non è mediazione, ma non basterebbe, soltanto, …dove l’amore diventa unico, sul piano dell’indispensabilità – non dipende che da se stesso – Sappiamo di non aver bisogno di sapere quel che siamo, sappiamo di esserlo. So che tu non hai bisogno di me per sapere quel che puoi e che sei – io so e tu sai che io non ho bisogno di te per sapere quel che sono e che voglio. Ma entrambi sappiamo che il nostro amore non esisterebbe senza te e me e in questo siamo indispensabili, come l’amore.

Il telefono squilla alcune volte:::

qualcuno alza il ricevitore.

Per quello che gli altri ne sapevano la sconosciuta non sapeva chi fosse ne chi fossi.

 


                                     Postfazione

 

 

Le storie e i personaggi che appartengono a questo libro sono frutto dell’immaginazione dello scrivere. I riferimenti a persone e i fatti narrati sono immaginari e soltanto l’immaginazione del lettore può renderli reali. E con questo invito, la mia speranza più fervida è che nella vita queste storie trovino nell’immaginazione umana, le possibilità umane affinché la libertà e l’amore, affranchino l’uomo dalla schiavitù dell’odio.

L’autore del libro e lo scrittore sono parte di questo libro. Insieme a me e queste mie parole.

 

                                                                       Mister X

 

 

 

                          www.ilmanoscrittodipatriziomarozzi.it

 

 

 

 

 



[1][1] In realtà giornalista de Il Giornale che difendeva la posizione del suo direttore.

[2][2] Leggere un libro che rispetta pedissequamente la forma grammaticale, la sintassi omologata, per la formazione della rappresentazione mentale, mi fa leggere al di là dell’astrazione stessa – giacché, in questo caso, per astrazione è intesa la perdita delle immagini rappresentate, che altrimenti si estrapolano nella forma mentis assorbendo il concetto. In questo qualunquismo generico, l’arte della struttura è un imbroglio, con lo scopo di affermare i codici conclamati dallo status predominate, adibito al solo profitto economico. Questa logica accademica, che finisce per essere superficiale, fa della cultura lo strumento finalizzato per la strumentalizzazione  della forma mentis, che si costituisce all’interno del processo plurale dell’omologazione e non nella pluralità della forma mentis per la comprensione dell’eterogeneità del senso di libertà - nella ricerca della consapevolezza dell’atto artistico.

[3][3] Se del costituente informazionale del denaro: il sapere umano, tutti potrebbero usufruirne, senza “inibizioni” di carattere economico, molte parti del mondo potrebbero risolvere problematiche di vario genere, nell’ambito della loro economia povera. L’informazione contenuta nel costituente informazionale-denaro è riferimento di ogni sua diretta conseguenza tra il sapere umano e il suo ordine economico. Alterare l’informazione in esso contenuta, con una mediazione che introduca un’informazione che agisce sul rapporto diretto del costituente informazionale-denaro con il sapere umano, comporta che tale sapere si determini in funzione della modificazione dell’ordine economico, in un processo che virtualizza il rapporto e le conseguenze tra il costituente informazionale e l’ordine economico. Il fatto così costituito porta il senso dell’informazione in un sistema logico che “dice” di stabilire quale sia il miglior modo per usufruire della più ampia possibilità di scelta all’interno della logica virtuale del costituente informazionale – che non è più il denaro, ma il concetto d’informazione del sistema logico virtuale. In una logica siffatta non vi è più la pluralità di scelta che dal costituente informazionale-denaro pone in essere ogni diretta conseguenza nell’informazione tra il sapere umano e l’ordine economico, ma un unico sistema che non avendo più il denaro come mezzo diretto di scambio d’informazione, applica la logica del sistema virtuale predominate per l’accesso alle possibilità dello scambio del sapere umano, dell’informazione, che stabilisce l’ordine economico. Per paradosso il possedere la moneta non determina l’informazione necessaria per accedere al corrispondente sapere umano nell’ordine economico, ma è necessario sostituire il costituente informazionale-denaro con la logica virtuale dell’informazione del sistema (forma mentis), per generare i comportamenti sociali che diano la possibilità di usufruire delle informazioni all’interno del ricostituito ordine economico.

[4][4] Da Foto cimiteriale di un infante defunto. Il testo ne è ispirato. La foto impressa sulla lapide credo sia stata eseguita da qualche congiunto dell’infante. In seguito è stata fatta una foto della foto esposta sulla lapide, da un artista che ne ha realizzato un grande formato per esporlo in una galleria, insieme ad altre foto dello stesso genere. L’autore del testo, che liberamente ispirato ne ha tratto la fotografia letteraria, che state leggendo, a sua volta a dato a terzi un piccolo formato della fotografia, facendolo fotografare nuovamente nel formato negativo di 5x5, per realizzarne una foto impressa su carta fotografica della misura di: 50 cm x 35, incorniciata con bordo in legno bianco, del colore della lapide funeraria, ciò per la percezione esclusivamente privata e personale dell’espressione dell’infante sulla lapide funeraria.