Un giorno intero

Il giorno intero termina con un buona notte e buon riposo e che il sorriso ci alletti nel giorno che viene.

 

 

Il giorno lungo che finisce

Ci sono giorni incredibili in ogni parte della terra, sono quei giorni in cui le persone cercano il cibo per mangiare quotidianamente e sperano di risolvere quelle che spesso vengono definite comodità, ma che in realtà sono quelle cose con cui si cerca di dare al proprio corpo il benessere necessario per vivere meglio. E allora in molte parti del mondo approvvigionarsi dei beni necessari per alimentarsi, può apparire molto diverso e relativamente pratico, ciò anche, da che punto si guarda quel che accade. Diciamo che in linea generale nel mondo, la possibilità di avere nel più breve tragitto possibile il modo di procurarsi il cibo è la cosa migliore. Sia che ci si trovi nella giungla, o in un paese urbanizzato. Eppure ci sono molte differenze per far giungere a soluzione i problemi che si creano per la soluzione di questi fabbisogni, insieme a tutti gli altri immaginabili, non soltanto per ragioni di trasferimento o scambio e soprattutto per sperequazione del controllo di ciò di là delle capacità e possibilità di risoluzione dei relativi problemi e scelte possibili di vita. Ci sono momenti in cui la soluzione delle questioni, di queste questioni primarie della vita sono molto diversificate, tra la soluzione soggettiva e l’orgoglio identificativo collettivo – ciò in ragione primario delle scoperte naturali tecnologiche. Spesso tali assoggettamenti di orgoglio sfociano in richiami che sembrano plausibilmente disconoscere le concretezze di vita a favore di funzioni relative, quale quelle economiche – che non tengono in proporzione reale il contenuto e quindi la libertà, l’espressione della soluzione – a determinazione del potere e del controllo. Da ciò l’assioma, il potere determina la possibilità, la lotta per il potere la possibilità di decidere. Decadimento maggiore non può esserci per ogni forma imprigionata dall’impossibilità di un atto concreto quanto pratico, per chiedere le soluzioni e sintetizzarle nelle possibilità. Se il potere sfocia in un orgoglio smisurato che può essere bisogno di schiavitù, la guerra distrugge ogni forma di artifizio. Se il mondo che guardiamo non sempre ci è possibile capirlo in soluzione possibile, come cammino quotidiano e individuale – alcune volte è bene chiederci che l’aiuto che ce ne viene non è condiviso per sperequazione, ma appunto per capacità di aiuto di comprensione come di possibilità pratica. La guerra sembra porre ottusità anche in questo. E allora concludo questo giorno che finisce pensando all’ottusità della violenza, sperando nella soluzione. Ricordo di aver visto un documentario di una guerra, dove un giovane uomo, doveva oltrepassare varie barriere di cecchini per poter approvvigionarsi dei vivere necessari per vivere, per lui e la sua famiglia e al calar della sera alla fine del racconto, quasi giunto a casa venire colpito a morte da qualcuno che aveva bisogno di mangiare come lui. Di là dell’immagine televisiva che è stata caduca di disgrazia personale, la guerra porta fame e sofferenza e “bisogno” di libertà.  

 

 

Il giorno lungo senza silenzio

Quando ciò che svolgiamo, sembra divenire serio. E molte delle cose che divengono per considerazione serie, sono così serie da apparire troppo conflittuali. Certo la vita è importante, ma appunto per ciò la guerra non dovrebbe essere presa in considerazione come seria, se non si voglia intendere con ciò tragica. E allora è ciò qualcosa di risolutivo o soltanto distruttivo, non vi è possibilità per fermare la guerra che la guerra? La guerra non è seria è l’estremo sconfinamento nella tragedia, è una fatica disumana. Tutto quello che sconfina nella guerra in definitiva non à niente di serio.

 

 

Il giorno quotidiano.

Lo spazio quotidiano che sembra apparirci con un suo tempo e dimensione, sembra che all’improvviso possa modificarsi. Come se i tempi non bastassero, i dialoghi non mostrassero la libertà ma la necessità di superare il quotidiano in ragione di concause ed effetti su cui impostare i nostri momenti e reazioni, e, l’intero significato dell’esistente. Spesso gli artifici che socialmente si determinano nella società in cui ci troviamo, soverchiano le stesse possibilità e soluzione che individualmente ci si trova ad affrontare. In realtà oltre le necessità cui quotidianamente si cerca soluzione per un vivere più naturale possibile. Lo stringersi dello spazio crea un’illusione per mezzo del soverchiamente nel tempo quotidiano, ma che pertanto appunto quotidiano è soluzione di se stesso. Il quotidiano perde i giorno quando trova la libertà. Anche se spesso lo dimentica nella fatica non potendo esprimersi e aprirsi. Questo è un giorno che può appartenere ad un essere umano e l’amore è una risoluzione in qualsiasi significato.  

 

 

 

Che cosa accade oggi?

 

Se potessimo già sapere cosa sta accadendo a cosa penseremmo? È proprio questo il più grosso dilemma? Le persone sono molto umorali in virtù. Poi, di cosa?

La felicità è una cosa bella, ma quanto à attinenza con la sincerità e l’onesta?

Cerchiamo di essere sinceri per avere un umore migliore, ma quante volte ci si accorge o sentiamo dirci che non è vero? È molto importante che sia vero, che so, che ti fa piacere se un’altra persona sia felice – c’è tanto spazio per la felicità, che non dovrebbe mancare a nessuno. Eppure per quanto poggi sulle solide basi della solitudine o del pensiero, o del silenzio pieno di parole, come tra due persone che conoscono e si conoscono, proprio perché non ripetono frammenti di quotidiano pubblico, ma scoprono portando la loro scoperta nella conoscenza – c’è sempre un’immagine spesso platealmente pubblica che cerca di dire e dirti di no, non è vero che …. E già a saperlo che cosa, si potrebbe anche dire o sperare. Allora di cosa ci accorgiamo, forse di ciò che appare migliore, perché più riprodotto, o perché l’associazione di un numero sembra renderlo accattivante e più vero, superiore all’indipendenza e al vero di qualcuno che dice di essere felice? Quel, più vero così relativo appartiene a un numero o alla persona?

Già, e allora qual è il senso di ciò – voglio dire, quante persone sanno di odiare e dicono a se stesse di non voler provare odio? Quante persone tendono all’invidia, fino a non condividere con il prossimo nel bene. Di questi tempi molti confondono l’amore per delle lusinghe con cui farsi più lontani?

Bisogna essere più veri e riconoscerci e conoscere quel che proviamo, anche per avere un umore sincero. Quante volte nella vita ci si è scoperti a odiare e quante volte e per questo ci si è detti” di non volere odiare, e quante volte si è nascosto nella lusinga un sentimento da invidiosi?

Se la fatica bastasse a dire tutto quel che serve basterebbe una risposta, soltanto per fare andare un po’ meglio il tutto o il niente, così come appare. Chi risponde non è deputato a farlo?